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sabato, Gennaio 18, 2025

Il cronometro della vita: scegliere, sbagliare, soffrire e ripartire

La lezione fondamentale: non puoi rimanere fermo nel dolore per troppo tempo

Finita di ascoltare una trasmissione radiofonica sulle scelte. Quando è il tempo di compierle e qual è l’età per farlo. La scuola, lo sport, il lavoro. Ecco… con tutte queste cose in mente ritroviamo il dottor Paolo che ci fa capire che le scelte hanno molto a che fare con il dolore e anche un po’ con la soddisfazione e la felicità. Lo ringraziamo per le interessanti riflessioni che seguono e che vanno ad arricchire la sua interessante rubrica su SienaPost: #oltreognivittoria (dr).

Ci tormentiamo troppo sulle scelte. Ci areniamo nel voler prendere sempre “quella giusta”, la scelta perfetta, senza margini d’errore, quella che ci porterà senza intoppi al successo e quindi dovrà piacere per forza agli altri, che ci darà felicità e una vita senza errori.

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Ma sapete qual è il problema? È che questa idea è una trappola. La cultura del “giusto e sbagliato”, questa ossessione per la perfezione, non ci spinge a scegliere meglio: ci paralizza. Ci blocca, perché vogliamo sapere prima come finirà dopo, e questa è una garanzia che nessuno può offrirci. E così rimaniamo fermi, perché abbiamo paura dell’errore, del giudizio…

Sì, certo alla fine saremo perdonati ma intanto! Un errore non è mai solo un errore: è un verdetto su di noi. O almeno così ce lo raccontiamo. Se sbaglio, allora sono sbagliato. Se fallisco, allora non valgo. Questo è il pensiero statico, il pensiero del gregge, del “così fan tutti”: meglio non fare nulla, meglio restare immobili che rischiare un errore e affrontarne le conseguenze. E l’altra faccia di questa trappola?

Il dolore. Perché una scelta sbagliata può far male. Non possiamo negarlo. Possiamo fare tutto il possibile per ripulirci dal rumore, per liberarci dai bias, per scegliere in modo autentico, eppure il futuro resta un’incognita. Quella scelta, che in quel momento ci sembrava giusta, potrebbe rivelarsi un disastro.

Potremmo ritrovarci a soffrire, a sentirci persi, a guardarci indietro con rimpianto. Il dolore
esiste, e sarebbe ingenuo fingere che non ci riguardi.

E poi quanto tempo passiamo a viverci dentro? Perché il dolore, se lo lasciamo fare, diventa una prigione. Lo esaltiamo, ci immobilizza, ci consuma, ci impedisce di guardare avanti. È un tempo perduto, perché quando ci perdiamo nel dolore, non cerchiamo soluzioni, non proviamo nuove strade, non impariamo. Niente. E la vita, che dovrebbe essere movimento, crescita, trasformazione, diventa stagnante. Ecco perché Nietzsche diceva che dobbiamo affrontare la vita con il coraggio di dire sì, con una volontà di potenza che ci spinga non solo a superare il dolore, ma a usarlo come una piattaforma per ripartire.

Ogni errore, ogni caduta, ogni fallimento può essere una spinta per rialzarci e diventare qualcosa di più. Invece troppo spesso rimaniamo imbrigliati in tutte quelle storie sul giudizio nostro e degli altri verso noi stessi, sulla vergogna, sul rimorso, sul pentimento che pur se non scelti ti scelgono. Eh si! perché puoi avere l’illusione della non scelta ma alla fine dato che vivi, qualcosa scegli o ti sceglie.

Direi per usare un concetto trendy: non potevi non sapere.

Paolo Benini. Nella foto-copertina una passeggiata invernale con vista sul golfo di Chia

Ed è qui che lo sport ci offre la metafora perfetta. Lo sport è un contesto brutale, onesto. e democratico. Ogni scelta, ogni allenamento, ogni sacrificio si riflette nel cronometro. E il cronometro, con la sua precisione implacabile, non mente. Non ti consola, non ti fa sconti, non ti dice che andrà tutto bene. Esso misura solo ciò che hai fatto, il tuo lavoro, la tua dedizione. È spietato, ma giusto. E sapete qual è la parte interessante?

Anche quando il cronometro ti dice che non hai fatto abbastanza, che hai perso, che non hai raggiunto i tuoi obiettivi, non è lì per condannarti. Non è un giudice della tua persona. È uno specchio. Ti restituisce una verità cruda, ma necessaria: ti mostra dove sei, quanto hai lavorato e come, soprattutto ti pone la domanda se puoi ancora migliorare.

Ma se quel risultato, se quel tempo segnato dal cronometro ti fa male? Se ti senti sconfitto? È qui che torna la lezione fondamentale: non puoi rimanere fermo nel dolore per troppo tempo. Non puoi lasciare che quel risultato ti paralizzi, ti faccia credere che non valga più la pena provare.

Il tempo passato oltre un certo limite a crogiolarti nel rimpianto è un tempo sottratto alla
ricerca di nuove soluzioni, di nuove strade, di una nuova possibilità per rialzarti e
ricominciare. Il cronometro non è un nemico: è una guida. Anche quando è
inclemente, ti offre un’opportunità. Ti invita a riflettere su ciò che puoi fare di
diverso, su come puoi riallineare il tuo impegno alla tua passione, su come puoi
continuare a crescere.

Perché lo sport, come la vita, non è una questione di perfezione, ma di progresso. Tutto questo presuppone una cosa: la passione.

Senza passione, il dolore ti divora. Senza passione, il fallimento diventa una sentenza
definitiva. Ma quando hai dentro di te una passione autentica – quella che percepisci
come tua, pura, intoccabile – il dolore può essere trasformato in energia.

Certo, è possibile che anche la passione sia influenzata da condizionamenti esterni. Ma questo non importa. Se la senti tua, allora è reale. La passione è il motore che alimenta la volontà di potenza, quella forza che ti spinge a superare te stesso, a crescere, a non accontentarti. È ciò che ti permette di scegliere, di lavorare, di sacrificarti, di correre rischi.

E quando fallisci, la passione è ciò che ti permette di ripartire, di correggere il cammino, di guardare al cronometro non come a un giudizio finale, ma come a un feedback, a un punto di riferimento per il prossimo passo. La volontà di potenza, diceva Nietzsche, è il coraggio di abbracciare il divenire, di accettare che la vita non è mai statica, ma un processo di trasformazione continua. Ogni errore, ogni caduta, ogni tempo del cronometro diventa parte di questo processo.

Non c’è fallimento, solo crescita. Non c’è sconfitta, solo nuove possibilità. Un secondo per il problema un’ ora per le soluzioni. E allora, qual è la scelta giusta? È quella che fai qui e ora, con il meglio di ciò che sei in quel momento. Non sarà mai perfetta, non sarà mai priva di rischi, ma sarà autentica. E se domani ti accorgerai che era imperfetta, che ti ha portato dolore, non lasciare che quel dolore ti fermi. Usalo. Fallo
diventare una piattaforma da cui ripartire, da cui trovare nuove strade, nuove possibilità. La vita non è per chi rimane fermo, per chi si nasconde dietro la paura di sbagliare, quello non vive ma è vissuto dal tempo che gli scorre addosso. La vita è per chi ha il divertente coraggio di scegliere. Per chi accetta il dolore, ma non vi rimane intrappolato. Per chi guarda il cronometro e dice: “Va bene, oggi non ce l’ho fatta. Forse ho preteso troppo o non mi sono impegnato abbastanza. Domani ci riprovo“.

Concludo con una frase simbolo di un famoso film: “Hai mai visto un disastro più grande? Che splendida catastrofe!”

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