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venerdì, Gennaio 31, 2025

Transizione ecologica: sfide globali e azioni locali

Gianni Porcellotti di “Siena Sostenibile” analizza il futuro della sostenibilità tra crisi energetica, industria automobilistica e cooperazione internazionale

Che cosa si intende per “transizione ecologica ed energetica”? Quali sono gli elementi chiave che la definiscono?

“La transizione ecologica indica un processo di cambiamento e trasformazione della società e dell’economia verso obiettivi di sviluppo sostenibile e de carbonizzazione. Si parla anche di rivoluzione verde, ponendo l’accento, appunto, su come diminuire l’impatto delle attività umane sull’ambiente circostante. Volendo dare una definizione, la transizione ecologica è quel processo di innovazione tecnologica e rivoluzione ambientale volto a favorire l’economia e lo sviluppo nel rispetto dell’ambiente e della sua sostenibilità”.

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Quali sono gli aspetti fondamentali su cui si concentra questo processo?

“I concetti chiave della transizione ecologica si concentrano su alcuni aspetti che possono essere riassunti in punti come l’economia circolare, l’agricoltura responsabile con attenzione alla gestione del suolo, la transizione energetica e quindi il passaggio alle fonti rinnovabili di energia, l’efficienza energetica degli edifici, l’inquinamento atmosferico, la gestione dei rifiuti con l’aumento delle percentuali di riciclo e riuso, la gestione delle risorse idriche per eliminare ogni forma di spreco e inefficienza e ammodernare le infrastrutture idriche, la tutela della biodiversità sia animale che vegetale, la mobilità sostenibile per un passaggio intelligente e graduale alla mobilità elettrica o alla mobilità dolce”.

In questo quadro, quale ruolo gioca la transizione energetica?

“All’interno della transizione ecologica un ruolo fondamentale lo riveste dunque quella energetica, che rappresenta una sfida per tutto il pianeta e presuppone il passaggio da una struttura produttiva interamente basata sulle fonti energetiche non rinnovabili, soprattutto combustibili fossili come gas naturale, petrolio e carbone, a una alimentata dalle rinnovabili. Questo cambiamento è stato reso necessario dalle conseguenze negative provocate dallo sfruttamento intensivo delle risorse energetiche non rinnovabili, come l’esaurimento delle risorse stesse e l’ingente livello di inquinamento”.

Quali sono gli obiettivi principali della transizione energetica?

“La riduzione delle emissioni di gas serra è uno dei principali obiettivi, al fine di mitigare il cambiamento climatico riducendo le emissioni di gas serra provenienti dalle attività umane, soprattutto dalla produzione e dal consumo di energia. Altri elementi chiave sono la promozione delle energie da fonti rinnovabili per aumentare significativamente la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili come quella solare ed eolica, la de carbonizzazione per la riduzione progressiva delle emissioni di carbonio con l’eliminazione dei combustibili fossili e lo sfruttamento di fonti rinnovabili, l’efficienza energetica per ridurre i consumi energetici attraverso l’uso più intelligente ed efficiente dell’energia in modo da poter ottenere gli stessi risultati con consumi molto minori. La diversificazione delle fonti energetiche per rendere l’approvvigionamento del fabbisogno energetico più resiliente e sicuro e, per ultimo, la sicurezza in modo da ridurre la dipendenza da combustibili fossili d’importazione per migliorare la sicurezza energetica dei paesi, rendendoli meno vulnerabili a interruzione delle forniture o fluttuazioni dei prezzi”.

La crisi dell’industria automobilistica come impatta su tutte queste questioni?

“Sicuramente anche la crisi dell’industria automobilistica ha il suo peso. Comprare un’auto oggi è un’impresa tutt’altro che semplice. Elettrica, ibrida (mild, full o plug-in), diesel, a gas, a benzina… cosa scegliere, ammesso di avere la disponibilità economica? I consumatori si trovano a dover mettere sulla bilancia tanti fattori diversi per valutare un acquisto importante: fattori economici, responsabilità ambientali, aspetti tecnici, valutazioni pratiche e preferenze personali”.

In che modo questa crisi si riflette sul mercato e sulle politiche industriali?

“La crisi del settore auto è in parte il riflesso dei cambiamenti in atto, che stanno investendo i consumatori quanto le aziende, impegnate da un lato a rispondere adeguatamente alle esigenze dei cittadini e dall’altro a riconvertire gli impianti per tenere conto dell’innovazione tecnologica, della transizione digitale e rispettare gli obiettivi internazionali di de carbonizzazione. Ma la trasformazione arriva a coinvolgere inevitabilmente anche le politiche nazionali ed europee”.

Come sta evolvendo il mercato in Italia?

“In Italia, ad esempio, il mercato è rimasto stabile nella prima parte del 2024, ma negli ultimi mesi dell’anno ha registrato una tendenza negativa. La confusione che regna ha innescato un progressivo e clamoroso disinteresse per le auto delle nuove generazioni. Le ragioni della disaffezione dei più giovani potrebbero venire dal costo delle auto e dal cambiamento delle abitudini con le nuove tecnologie e alternative in città. Gli automobilisti del futuro hanno perso interesse per le auto per ragioni insieme pratiche e ideologiche che, in sintesi, si possono riassumere così: le auto che potremmo permetterci non sono sostenibili culturalmente (gasolio e benzina), quelle che dovremmo permetterci non sono sostenibili economicamente (il motore elettrico) e quelle che potremmo ancora permetterci non sono sostenibili politicamente (quelle cinesi)”.

Senza la necessaria cooperazione internazionale cosa resterà della transizione ecologica?

“Bisogna però puntualizzare che in Europa, per quanto concerne l’anidride carbonica, i trasporti sono responsabili di circa un terzo delle emissioni di anidride carbonica nell’Unione, oltre il 70% del quale è legato al trasporto stradale. Se, però, si limita lo sguardo alle sole autovetture, la percentuale cala sensibilmente: i veicoli passeggeri pesano per circa il 12% sul totale (14,5% considerando anche i furgoni). Si tratta di un dato sul quale ha influito l’introduzione di regole sempre più stringenti”.

Quali sono state le ultime decisioni politiche in materia di trattati climatici?

“Sulle recenti decisioni degli Stati Uniti di ridimensionare gli impegni sui trattati climatici, si può dire tutto della decisione di Trump tranne che sia sorprendente. Infatti, su questo tema e sull’attacco al Green Deal ha fatto il centro della sua campagna elettorale vincente, e quindi era prevedibile che uno dei primissimi ordini esecutivi sarebbe stata l’uscita dall’Accordo di Parigi”.

Quali conseguenze potrebbero derivare da questa scelta?

“Ciò che mi spaventa e mi rende pessimista è il fatto che questo avviene nell’anno che non solo è il più caldo di sempre, ma in cui per la prima volta il pianeta ha superato l’anno scorso la soglia dell’aumento di 1,5 gradi C al di sopra dei livelli preindustriali. Il tutto mentre l’Europa della Presidente della Commissione europea Von Der Leyen è caratterizzata dall’afasia, quando invece servirebbe un vigoroso pragmatismo a difesa dei trattati e degli accordi globali”.

Cosa dovrebbe fare l’Europa?

“Credo che l’Europa debba comunque procedere per la sua strada, con politiche ambientali serie, pianificate e lungimiranti, anche per contrastare con forza gli impatti e le conseguenze della decisione di Trump”.

Quali misure sono necessarie garantire che la transizione ecologica non aumenti le disuguaglianze e per coinvolgere le comunità locali e i giovani come protagonisti del cambiamento?

“Essendo una sfida totale ed un fenomeno che tocca tutti, è fondamentale il ruolo di partecipazione attiva delle comunità locali e delle giovani generazioni, agli amministratori e politici spetta il ruolo di agire, di ascoltare di più i drammatici appelli che provengono dal mondo scientifico e di non usare più l’ambientalismo come una bandierina da tirare fuori nelle campagne elettorali ma come pratica quotidiana per amministrare città e territori!”

Come si possono bilanciare investimenti pubblici e privati per accelerare la transizione ecologica senza creare nuovi squilibri economici?

“Probabilmente fondamentale sarà trovare un equilibrio tra investimenti pubblici e privati. Agevolazioni fiscali. Investimenti statali nella ricerca e sviluppo possono abbassare i costi delle nuove tecnologie. Partenariati pubblico-privati per lo sviluppo di infrastrutture sostenibili. Diversificando gli strumenti di finanziamento, e garantire che le risorse non siano destinate solo alle grandi aziende, ma anche a PMI e startup innovative. Per evitare che siano penalizzati i lavoratori dei settori tradizionali, servono politiche di “transizione giusta”, che prevedano programmi di riqualificazione e riconversione industriale, permettendo così un passaggio più equo verso un’economia sostenibile”.

Quali innovazioni o tecnologie saranno decisive nei prossimi anni per affrontare i cambiamenti climatici e costruire un mix energetico realmente sostenibile?

“Sul fronte delle innovazioni tecnologiche, i prossimi anni vedranno progressi significativi in diversi settori chiave. L’energia solare continuerà a evolversi. L’eolico sfrutterà turbine sempre più performanti e galleggianti per espandere la produzione in mare aperto. Un aspetto cruciale sarà lo sviluppo di batterie più performanti. L’idrogeno verde potrebbe avere un ruolo strategico nell’industria e dei trasporti pesanti. Parallelamente, le tecnologie di cattura e stoccaggio della CO₂ potranno mitigare le emissioni residue dei settori più difficili da trasformare. Anche l’agricoltura avrà un impatto significativo grazie a tecniche rigenerative e soluzioni basate sulla tecnologia per ridurre l’impronta ambientale e migliorare la gestione del suolo. La digitalizzazione delle reti elettriche, ottimizzerà la distribuzione dell’energia. Infine, la mobilità sostenibile continuerà ad avanzare, con veicoli elettrici più accessibili, biocarburanti avanzati e un maggiore sviluppo del trasporto pubblico, riducendo così l’impatto ambientale dei trasporti. La tecnologia non mancherà. Occorrerà combinare la tecnologia con politiche lungimiranti e una forte cooperazione internazionale, perché solo così si potrà rendere la transizione ecologica non solo possibile, ma anche equa e vantaggiosa per la società nel suo complesso”.

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