Una mamma, un figlio, una gatta e la vita che scorre
Da anni, ogni domenica mattina, un uomo percorre la strada che lo porta a Chianciano per far visita alla mamma. Un’abitudine consolidata, nata durante la pandemia, quando la donna, ormai prossima ai novant’anni, aveva iniziato a considerare ogni giorno come un’opportunità per interrogarsi su cosa possa esserci oltre la vita.
La solitudine, per lei, vedova da tempo immemorabile e fedele alla figura del marito, non è mai stata un peso insopportabile. Tuttavia, col passare del tempo, ha accolto la compagnia di una gatta, Mia, suggerita da chi temeva che la sua casa fosse diventata troppo silenziosa.

Ma il vero fardello è un altro: la consapevolezza di essere l’ultima sopravvissuta di una numerosa famiglia di fratelli e sorelle. Non la più giovane, eppure l’unica rimasta.
Non è la longevità a preoccuparla, quanto la possibilità che corpo e mente non rimangano allineati fino alla fine. Attenta alla propria salute, ha assunto solo le medicine strettamente necessarie, affidandosi alle vaccinazioni per senso di responsabilità verso chi la circondava. Con determinazione, si è dedicata all’esercizio mentale e alla scrittura, nel tentativo di mantenere viva la memoria.
A novantadue anni, ancora lucida, trova piacere nel tornare nei luoghi della giovinezza. Ogni occasione è buona per raccontare aneddoti, per rivedere le strade e i paesaggi che avevano segnato la sua esistenza: i panorami tra la Valdorcia e la Valdichiana, gli hotel e i parchi di Chianciano che un tempo facevano parte della sua quotidianità.

Le mattinate con il figlio si concludono sempre allo stesso modo: un pranzo al Calimero. Il menù invariabile, come un rito immutabile nel tempo: una mezza porzione di pici al ragù e un piatto di carciofi e fiori fritti. Se avanzava qualcosa, il personale le prepara un pacchetto da portare a casa, quasi a prolungare quel momento oltre il pranzo.
Parla spesso del futuro, con una lucidità disarmante. Esprime il desiderio di non lasciare mai la propria casa, di poter morire nel proprio letto e di essere cremata. Molti anni fa aveva acquistato un posto al cimitero, ma col tempo ha cambiato idea. E poi c’è un altro desiderio, meno esplicito ma altrettanto costante: che il figlio torni a Chianciano, almeno per evitargli i viaggi continui. Ai suoi occhi, Chianciano resta il luogo più bello del mondo, sebbene ammetta con rammarico che “l’eccesso di alberghi l’ha trasformata in peggio”.
Ma entrambi i desideri sono difficili da realizzare. Il figlio, da oltre cinquant’anni, ha costruito la propria vita altrove. E la casa della donna, perfetta per una persona sola, non è adatta ad accogliere altri, nemmeno un’eventuale badante. Capisce che il tempo le è avverso e che la vecchiaia avanza, con i primi segni di fragilità e qualche caduta di troppo.
La prospettiva di una casa di riposo la terrorizza. I racconti raccolti nel tempo delle amiche, che considera meno fortunate, e che vi hanno trascorso gli ultimi anni della loro vita sono per lei un monito. E il figlio sa che non avrà mai il coraggio di imporglielo.
Trasferirsi da lui, sarebbe stata un’opzione, ma significherebbe abbandonare Chianciano, lasciarsi alle spalle il suo mondo, le sue abitudini, i suoi ricordi. E teme, più di ogni altra cosa, di diventare un peso.
Negli ultimi mesi, una nuova preoccupazione ha preso il sopravvento. La gatta, Mia. Ormai inseparabili, il pensiero che più la turba è cosa ne sarà dell’animale dopo la sua scomparsa. Ma non solo. Spesso la mente la porta a immaginare Mia che, anche dopo la sua morte, continua a vivere nell’appartamento, Non tanto come un’eco silenziosa della sua presenza ma perché i gatti “si innamorano della casa non del padrone”.
E ogni domenica, mentre il figlio la saluta prima di rimettersi in viaggio, lei rimane lì, con la sua gatta accanto, sospesa tra il passato e il presente, tra il desiderio di rimanere e la paura di essere lasciata indietro.