Il turismo in Versilia è ripartito. E’ ripartito però con le stesse strutture, con le stesse modalità “fai da té” di novecentesca tradizione, con un groviglio di attività tutte concentrate in un brevissimo periodo di tempo e portate avanti nel chiuso e geloso interesse da parte di ciascun Comune.
Se la pandemia aveva riportato tutti sullo stesso livello, noi ora ci apprestiamo a consumare un breve, illusorio periodo di successi, forse poco più di un paio di stagioni, per poi ritornare sul binario morto di qualche anno fa: flussi turistici che si indirizzano verso altre località più attraenti, che nel frattempo si sono rinnovate ancora di più ed hanno migliorato i loro standard e i loro sistemi integrati.
La Versilia è un territorio che occupa una ventina di chilometri lineari e dove si può passare facilmente dal mare alla collina e alla montagna, si possono attraversare un lago e diverse oasi importanti di verde: è un patrimonio ambientale incredibile che stiamo dilapidando o rinchiudendo in un museo asfittico!
Ci accontenteremo nuovamente di un mese e mezzo di quasi pieno, con un già in atto aumento dei prezzi – come ha notato giustamente Remo Santini qualche tempo fa – e l’utilizzo di contratti fantasiosi a danno dei lavoratori o dei giovani. Per poi ripiombare al “chiuso dell’inverno coi creditori che aspettan che tu paghi”.
Non un’idea, non un progetto che guardi oltre le scadenze elettorali, nell’assenza totale della politica che si è trasformata nella somma di tanti interessi personali: di chi spera di passare ad incarichi più rilevanti, di chi spera di riconfermarsi nelle prossime elezioni, di chi cerca un po’ di gloria personale.
Poi ha ragione la Santanchè quando lamenta che è tutto un divieto, che c’è una burocrazia che però non funziona e non ha nulla dell’efficienza: da Forte a Viareggio o da Pietrasanta a Viareggio e viceversa è come varcare il confine fra due Stati; 4 o 5 associazioni di balneari, di albergatori, di commercianti, di artigiani ognuna, a spregio della globalizzazione, rigorosamente nel suo Stato/Comune.
Chi rincorre la bellezza, chi il rigore, chi gli artisti, chi gli artigiani scultori, chi russi, chi gli americani, chi i tedeschi.
Ogni tanto arriva un nuovo sindaco: punto e a capo, si riparte sempre da tre o quattro periodi precedenti. Si riparte però senza un barlume di futuro se non l’orizzonte del giorno dopo o ricercando cose spettacolari che creano uno shock ma che assomigliano agli spettacoli pirotecnici: fantasmagorici botti che illuminano il cielo per pochi minuti e poi torna il buio a far capolino.
Un turista illuso viene a giugno, va ad uno dei baracchini del consorzio turistico dei Comuni, chiede il programma ma si sente rispondere che non c’è perché il Comune pinco o quello panco non l’ha ancora passato.
Prezzi alti, assenza di caratterizzazione, scarso numero dei posti-letto solo per pochi mesi e poi torna il grigio. Improvvisazione e ansia di mettere in calendario tutto e il contrario di tutto, in un confuso pentolone di doppioni, di concorrenze, di sovrapposizioni, di eventi fini a se stessi, in un marasma generale per 45 giorni.
Non ci sono idee! Ferruccio Martinotti, patron del Palace Hotel negli anni ’60 e seguenti, da Presidente dell’Azienda Autonoma di Soggiorno nel 1969 così parlava del ruolo dell’azienda: “(…) è infatti quella di svolgere la politica turistica comprensoriale… ogni singola località, un singolo centro sparisce rapidamente nel frastornante insieme pubblicitario che circonda il mondo di oggi nel quale ogni singola voce rimane senza eco… Un’area turistica omogenea può avere un suo notevole valore specie ove si integri con misure complementari ad altre zone vicine per esprimere una realtà più vasta e più conforme alle esigenze odierne (…)”.
Si cercava allora di interpretare l’evoluzione della realtà e di avviare e indirizzare lo sforzo di rinnovamento. Dobbiamo purtroppo constatare che siamo ancora dalle parti del 1969! Forse con qualche passo indietro perché allora l’Azienda Autonoma sorretta dai partiti della Prima Repubblica qualcosa di utile e di unitario riusciva a tirar fuori dal cappello.
Al giorno d’oggi, quando va bene, si cerca di salvare pezzi di storia e di cultura del passato senza porsi il problema che erano dentro una vision culturale che oggi non c’è più, perché la tecnologia e la connessione, le modificazioni sociali e culturali, hanno ridisegnato un perimetro diverso.
Capitale della cultura? Di quale cultura? E’ un obiettivo certamente di visibilità, di prestigio, forse anche di risorse in entrata ma senza un progetto di finalità e scopi ben evidenziati: a quello, se va bene, ci penseremo dopo, forse cammin facendo, magari coinvolgendo qualche personaggio, qualche testimonial famoso, qualcosa che ingigantisca il messaggio pubblicitario.
Il prodotto purtroppo però non c’è o è roba vecchia che viene riciclata da una trentina d’anni e più. Nell’immediato funziona ancora un po’ ma, così com’è, è destinato alla decadenza.
E poi, si muovono i singoli senza una strategia con gli altri comuni versiliesi: nessuno di loro riesce ad attivare una consultazione preventiva e a coinvolgere gli altri in una seria riflessione sui beni culturali, sulle tradizioni artistiche, sulle manifestazioni più rilevanti dell’area, sul patrimonio naturalistico e ambientale, sulle attuali cornici di riferimento.
Nemmeno con la vicina Lucca, che condivide oltre a molte altre cose l’eredità di un grande musicista come Giacomo Puccini, i comuni versiliesi hanno avviato una consultazione. E’ già… tant’è! Intendiamoci, dover condividere, discutere e incontrarsi con altri, oggi, è ritenuta un’attività dispendiosa che, spesso, basandosi su compromessi, limita e comprime il protagonismo dei vari soggetti e il racconto che è stato narrato durante le rispettive competizioni elettorali.
Stiamo tenendo in vita manifestazioni storiche che hanno caratterizzato le nostre terre ma senza porsi la domanda se quelle manifestazioni nel mondo di oggi hanno ancora una validità, che rapporto hanno con il tessuto sociale locale o con i giovani, o come cambiarle profondamente per riconnetterle col presente; festival che di festival hanno purtroppo ben poco, moduli di incontro datati ad una trentina di anni fa.
Per dirla con il prof. Enrico Menduni “(…) Il contratto comunicativo di queste nuove forme estetiche – la rivoluzione tecnologica ha creato nuove forme estetiche – è così innovativo che, attardarsi nei canoni novecenteschi, produce una quantità di rottami comunicativi fuori uso il cui contatto con il pubblico è sempre più aleatorio”, anche se “continuano a vagare nello spazio, randomicamente”.
Film, spettacoli che sono ancora dotati di residue energie comunicative e di un qualche seguito, ma che in effetti sono stelle morte.
Tutto da buttare? Certamente no, ma tutto richiederebbe una ricollocazione, un rinnovamento profondo, un sistema integrato, una disponibilità a raccogliere idee, suggerimenti, apporti come quando si avvia una vera ri-fondazione.
La Versilia quando ha saputo mettersi in discussione per pensare al futuro in termini progettuali è riuscita anche a intercettare mode e flussi culturali e artistici importantissimi e a dare una curvatura feconda.
Possibile che non si veda il burrone avvicinarsi di nuovo così velocemente? Possibile che non si apra una riflessione seria e sul serio? Si aspetterà settembre quando si farà il bilancio che, come da vent’anni a questa parte, si concluderà con la stessa salomonica valutazione “malgrado tutto, con il Covid… non è andata poi così male ma la prossima stagione si potranno avere maggiori soddisfazioni…” che assomiglia molto ad un famoso slogan elettorale della Dc nel secolo scorso: “30 anni di governi Dc: alcuni buoni, altri meno buoni ma sempre nella libertà!”
Poi però la Prima Repubblica crollò sotto il lancio delle monetine!
Qualcuno potrebbe però obiettare: tutti bravi a far le analisi, a tirare il sasso in piccionaia ma nessuna proposta…
Io vorrei solo indicare tre proposte provocazione:
- Avvio di un processo Associativo e federativo dei Comuni e di una prima fase con passaggio di risorse finanziarie, di personale e relative deleghe per l’esercizio unitario delle politiche del Turismo, Polizia Municipale, Cultura e beni culturali: a partire dal 2022 tali attività dovrebbero essere tutte programmate e gestite dalla nuova Associazione e non più dai singoli Comuni;
- Piattaforma digitale di promozione e collegamento a cui associare Alberghi, ristoranti, stabilimenti balneari e altre attività turistico commerciali del litorale, dell’entroterra e delle aree collinari e montane;
- Studiare la possibilità, anche attraverso una pianificazione dell’accesso a finanziamenti europei e transfrontalieri, della costituzione di un fondo per lo sviluppo di progetti innovativi, di trasformazione, di riorganizzazione, riadattamento delle strutture, delle attività e dei servizi turistici;
Spero che si sviluppi un’ampia discussione e si facciano passi avanti concreti e veloci. E che non ci si ritrovi tra non molto, quando i treni ad alta velocità del turismo moderno avranno ripreso a correre, ad una seduta spiritica con la medium che dice “Versilia se ci sei batti un colpo…. Ma cosa fai… fermati, fermati: ho detto uno, uno solo e non sette!”