La cultura come bussola per la rinascita di una città termale
Un tempo, Chianciano Terme era una città simbolo di benessere e vitalità, con due anime distinte e complementari: quella del centro storico, dove il Comune rappresentava la tradizione agricola e l’amministrazione politica, e quella delle Terme, il cuore pulsante della nuova economia turistica, tra piazza Italia e viale Roma.
Questa dualità, rappresentata dalla guida comunista del Comune, da una parte; e dall’altra dall’EAGAT (ente termale di derivazione statale legato ai socialisti), dava vita a un equilibrio dinamico – il cui cuore politico era la casa del popolo, sede di entrambi i partiti – fatto di competizione e cooperazione, capace di garantire crescita e prosperità.

Il modello di crescita di Chianciano Terme era diverso da tutto il resto dei Comuni della Valdichiana e ben presto divenne un punto di riferimento sui almeno due temi – termalismo e sanità – per gli altri Comuni. Ho il ricordo di interminabili e fumose riunioni alla sede del Pci proprio sui Consorzi che su questi temi furono allora costituiti.
Col turismo fecero capolino anche qualche settore artigianale e industriale nuovo: l’imbottigliamento delle acque, la fabbricazione di dolci e liquori, pastificio, torrefazione, una cooperativa di costruzioni, una mensa sociale.

Insomma, negli anni del termalismo sociale, Chianciano Terme viveva il suo apice. Le cure termali erano accessibili a un vasto pubblico grazie al sistema sanitario nazionale, e la città si trasformava ogni estate in un centro di accoglienza e svago per migliaia di visitatori.
Gli albergatori godevano di una stagione turistica così redditizia da permettere loro di mantenersi durante l’inverno, mentre i lavoratori stagionali trovavano opportunità in altri settori locali come quelli delle manutenzioni oppure nelle località turistiche invernali.

I parchi termali, con le loro piante secolari e i percorsi pedonali, rappresentavano un’oasi di relax per i visitatori, e gli alberghi-pensione, gli affittacamere, oggi in parte vuoti o abbandonati, allora brulicavano di attività. Persino le attività quotidiane, come la cura delle aiuole, riflettevano la vitalità della città, che si presentava ordinata, accogliente e ben curata. Di giorno i turisti popolavano Chianciano, la notte riempivano i locali notturni e ristoranti sorti nel frattempo a Chiusi e a Montepulciano.
Perché, oltre a essere una delle capitali italiane del turismo termale, Chianciano ha sempre rivestito un ruolo strategico nella geografia della Toscana meridionale. La sua posizione la rende la porta naturale tra la Valdichiana e la Valdorcia, due territori di grande pregio paesaggistico, agricolo e culturale. Inoltre, il vicino snodo ferroviario e autostradale di Chiusi consentiva un rapido collegamento con Roma, aumentando il potenziale attrattivo della città per il turismo e gli investimenti. “Chiusi-Chianciano Terme”, un binomio su cui tornare a riflettere.

Con il passare degli anni, tuttavia, il sistema che sosteneva Chianciano iniziò a scricchiolare. I cambiamenti nel settore turistico, la diminuzione del termalismo sociale e una crescente concorrenza di altre destinazioni segnarono l’inizio di un declino economico e demografico. Gli alberghi, un tempo simbolo di prestigio, sono divenuti fardelli economici difficili da mantenere; i parchi e le infrastrutture termali, un tempo fulcro dell’esperienza chiancianese, sono stati trascurati. Più di un interesse turistico si è spostato sui comuni vicini.
Non ho vissuto direttamente il declino di Chianciano. Quando me ne andai, la città era ancora nel pieno del suo ciclo economico. Anche se alcuni segnali lasciavano intuire che la sua struttura turistica presentava fragilità. La forte stagionalità del lavoro e la dipendenza quasi esclusiva dal termalismo erano elementi di debolezza che rischiavano di diventare problemi strutturali. Il sistema di accoglienza, per quanto efficiente nel rispondere alle esigenze di allora, mostrava già delle lacune nella capacità di adattarsi a un turismo in evoluzione.

Non che da allora a oggi – con cinquant’anni di mezzo – non sia stato fatto nulla: viali alberati e camminamenti, il Palamontepaschi; le terme Theia e quelle sensoriali, il rifacimento di Piazza Italia e altro ancora. Probabilmente in alcune cose Chianciano è stata persino maltrattata, penso alla pineta vicino a Sant’Antonio. Ma di tutto questo non sono in condizione di parlare. Ho conoscenze indirette, qualche colloquio, qualche lettura. Nessuna idea matura e consolidata. Se non una battuta: nulla che potesse sostituire i 17.000 bicchieri giornalieri distribuiti nei tempi d’oro.
Anche la popolazione locale ha risentito del declino. I giovani, in cerca di opportunità, lasciarono la città – molti già prima che il declino si palesasse – per spostarsi verso aree più dinamiche, contribuendo all’invecchiamento della popolazione residente.

Tuttavia, negli ultimi anni, l’immigrazione – con la complicità della saturazione dei comuni contermini – ha portato una nuova linfa: famiglie provenienti da paesi europei e asiatici hanno iniziato a inserirsi nel tessuto sociale, avviando attività e contribuendo a mantenere viva la città. Naturalmente resta il tema dell’integrazione, reso ancora più compresso dall’invecchiamento della popolazione autoctona.
Per non parlare delle “moderne” questioni dei richiedenti asilo che nel silenzio delle amministrazioni di centrodestra hanno trovato in Chianciano una valvola di sfogo. Ma questo è un altro tema, forse un’opportunità ulteriore, con qualche fantasia, che rimando a un’altra occasione.

Chianciano oggi si trova a un bivio: mantenere uno status quo di lento inarrestabile declino o reinventarsi attraverso una visione moderna e condivisa.
L’attuale amministrazione, guidata dalla sindaca Grazia Torelli, ha delineato un programma ambizioso per rilanciare la città, puntando su alcuni pilastri fondamentali.
Avvicinare i cittadini alla vita politica e amministrativa, è uno degli assilli della nuova Amministrazione. Ridare vita al tessuto economico locale, incentivando nuove attività e sostenendo quelle esistenti. Priorità assoluta è creare le condizioni affinché i giovani possano rimanere o tornare a Chianciano, l’amministrazione si propone di facilitare reti di collaborazione tra il terzo settore e le imprese, offrendo opportunità lavorative e culturali che stimolino l’interesse e la creatività delle nuove generazioni.

La riduzione della cementificazione, la riqualificazione dei parchi termali, il recupero di spazi verdi, gli interventi al centro del programma amministrativo puntano a restituire bellezza e funzionalità alla città, rendendola più sostenibile e attrattiva.
Chianciano Terme dispone di un patrimonio naturale straordinario, i parchi termali appunto, le colline circostanti e le vicine montagne del Cetona e dell’Amiata. La vicinanza alla Capitale. Essere la porta naturale, da sud, della Valdichiana; e anche della Valdorcia con la Foce a un “tiro di schioppo” da Piazza Italia.

Tutti elementi che rappresentano una risorsa fondamentale per promuovere un turismo slow, legato al benessere, alla natura e alla cultura. Rivolto a un bacino metropolitano come quello romano, e non solo.
Chianciano Terme è una città che porta contemporaneamente i segni del suo passato glorioso, del suo declino e degrado, ma che ha tutte le potenzialità per reinventarsi. Il cammino verso la rinascita richiede una visione condivisa, in grado di coniugare il rispetto per la tradizione con l’innovazione.

Oggi, Chianciano Terme possiede ancora punti di forza su cui costruire il proprio rilancio. La cultura non deve essere solo un accessorio della ripresa economica, ma la guida per una rinascita consapevole. L’arte, la storia e l’istruzione devono essere pilastri di un nuovo modello di sviluppo.
Tra questi, la presenza dell’Istituto Alberghiero rappresenta una risorsa fondamentale: una scuola che, se ulteriormente valorizzata, può formare nuove generazioni di professionisti capaci di innovare il settore turistico e della ristorazione.

A questo si aggiunge un patrimonio di impianti sportivi di buon livello, che potrebbe essere integrato in una visione più ampia di città dedicata allo sport e al benessere.
Chianciano Terme – lo dice il nome – deve rimanere una città termale, ma il concetto di termalismo non può più essere legato solo alla cura tradizionale. Il benessere oggi è un’esperienza globale, che include la salute, lo sport, la qualità della vita e la sostenibilità ambientale.
Le acque termali restano il cuore dell’identità cittadina. Consapevoli che le acque sono anche una fonte, un prodotto industriale, che chiede imbottigliamento e commercializzazione.

Le Terme devono dialogare con un’offerta più ampia, che vada dall’attività fisica all’alimentazione sana, fino alla cura degli spazi urbani come elementi essenziali di una città del benessere.
Lo ripeterò fino alla noia, sua posizione strategica tra Valdichiana e Valdorcia e la vicinanza a Chiusi, con il suo casello autostradale e la stazione ferroviaria che la collega rapidamente a Roma, rappresentano elementi chiave su cui costruire un nuovo modello di sviluppo.

La strada è in salita, ma con il giusto mix di interventi mirati e partecipazione collettiva, Chianciano potrebbe tornare a essere una città modello, capace di attrarre turisti, investitori e nuovi residenti, riscoprendo il suo ruolo centrale nel panorama toscano.
Un amico che ha dimestichezza con i dati demografici mi ha evidenziato come Chianciano Terme presenta una struttura demografica caratterizzata da un’elevata presenza di anziani, con un’età media di 48,9 anni e una significativa percentuale di residenti di 75 anni e oltre, ben superiore sia alla media regionale toscana che è già significativamente più alta di quella nazionale. Suggerendomi che Chianciano Terme potrebbe essere considerata una “città della longevità”. Come una caratteristica distintiva che potrebbe essere valorizzata per promuovere iniziative legate al benessere e alla salute degli anziani, trasformando la città in un centro di eccellenza per la longevità e la qualità della vita.

Lo stesso amico mi ha sottolineato come occorra una “idea portante” senza disperdersi in mille iniziative di contorno – che verranno – ma che non sono risolutive e che aumentano solamente l’agonia di una località decaduta.
Sempre l’amico, mi ha dato tre suggestioni (e per ognuna di esse dei target, dei concept, delle azioni, che qui non riporto: “Chianciano Terme la città delle longevità”; “Chianciano Terme, la città spa-resort immersiva”; “Chianciano Terme la città del ritiro dei grandi creativi”.

Si ritorna, come vedete, alla cultura. Ad una visione. A un’idea, a un progetto di futuro. Tutta roba impalpabile che parla alle menti, all’immaginazione, alle coscienze, al cuore. Qualcosa che deve esserci ben prima dei soldi. “Senza lilleri non si lallera” dicevano i vecchi saggi. Ma senza idee si va poco lontano. Anzi, spesso sono proprio le idee che aiutano a trovare il modo di far arrivare i “lilleri”!
Chi vivrà vedrà! Oggi, Il lavoro sapiente dell’amministrazione nel tenere insieme i fili della memoria e la rete di relazioni con la Regione – che con il Presidente Giani in testa – sta sostenendo la Città e i suoi progetti; con la Provincia e i dieci Comuni dell’Unione, la Fondazione Monte dei Paschi, lascia ben sperare.

Ripensare il futuro di Chianciano non può essere solo un esercizio tecnico o amministrativo, ma deve partire da un racconto collettivo, capace di coinvolgere chi la città la vive ogni giorno. La memoria storica, le esperienze di chi ha attraversato le stagioni del suo sviluppo e le energie di chi oggi prova a investire nel territorio devono trovare spazi di confronto e progettazione. Solo attraverso un processo realmente partecipato si può costruire un modello di sviluppo che sia sostenibile e condiviso.
La popolazione di Chianciano, pur diminuendo nel corso degli anni, rimane un elemento chiave per il futuro della città. La presenza di immigrati, che hanno aperto attività e si sono integrati nella comunità, offre una prospettiva positiva: la diversità culturale può diventare un punto di forza, contribuendo a rigenerare il tessuto economico e sociale.

Termino con una suggestione, più che una proposta. Strumenti di partecipazione attiva come le cooperative di comunità potrebbero rappresentare un’opportunità concreta. Esperienze simili, già avviate in altre realtà, dimostrano che il coinvolgimento diretto di cittadini, imprenditori e associazioni nella gestione di servizi, spazi pubblici e iniziative economiche non solo rafforza il senso di appartenenza, ma crea anche nuove forme di economia locale.
Chianciano ha bisogno di una progettualità che metta al centro anche chi la abita, favorendo percorsi di co-gestione, auto-organizzazione e responsabilità collettiva. Il recupero degli spazi inutilizzati, il rilancio delle attività culturali, la valorizzazione delle risorse naturali potrebbero passare attraverso forme di autogestione, di collaborazione tra pubblico e privato, rendendo i cittadini protagonisti del cambiamento e non solo spettatori delle scelte altrui.