Intervista al pittore surrealista che trasforma sogni e memorie in vibranti paesaggi interiori
Massimo Sonnini, nato a Torrita di Siena nel 1937, è un artista italiano che si definisce pittore surrealista e visionario. La sua produzione artistica si distingue per l’originalità con cui fonde elementi onirici e simbolici, creando opere che evocano la fantasia dell’infanzia e invitano alla riflessione sulla realtà contemporanea.
Le sue composizioni, spesso caratterizzate da colori vivaci e forme geometriche, rappresentano un mondo sospeso tra sogno e realtà, popolato da figure enigmatiche e paesaggi immaginari. Sonnini utilizza tecniche miste, prediligendo l’acrilico su carta o cartone telato, per dare vita a scene che riflettono le sue visioni interiori.
Nel corso della sua carriera, ha esposto le sue opere in numerose mostre personali e collettive, sia in Italia che all’estero, ricevendo riconoscimenti come il primo premio al Concorso Ottone Rosai a Firenze nel 1998 e il premio speciale della giuria al 1° Concorso Nazionale d’Arte Fantastica di Torino nel 2000.

Massimo, tu ti definisce un pittore surrealista e visionario. Come descriveresti il suo stile artistico e quali sono state le influenze che ti hanno portata a questa particolare espressione?
“Il mio stile è un tentativo, forse sempre in divenire, di tradurre uno sguardo interiore sul mondo che mi circonda. È un percorso autodidatta, iniziato grazie all’incontro con l’ambiente artistico senese e la scoperta di correnti come la metafisica e l’espressionismo. Artisti del calibro di Guttuso, Sughi e Possenti mi hanno spinto a intraprendere questo cammino. Quanto alle influenze, un ruolo fondamentale lo ha avuto il surrealismo visionario di un grande artista toscano, Possenti, che esplorava un mondo al confine tra la realtà interiore ed esteriore, nutrito da una fantasia tutt’altro che irrazionale”.

Hai menzionato l’importanza dei ricordi giovanili nella sua pittura. Che ruolo specifico hanno l’infanzia e i ricordi infantili nel tuo processo creativo?
“I ricordi più ricorrenti sono quelli legati alla mia giovinezza. Sono come fotografie mentali che si trasformano, attraverso la sollecitazione del ricordo, in ambientazioni marine, campagne, città immaginarie. Spesso appaiono elementi come barchette di carta, alberi, auto d’epoca e moderne, che agiscono come visioni affiorate dalla memoria”.

Potresti descriverci il tuo processo creativo? Come nasce un tuo quadro, dall’idea iniziale alla realizzazione finale?
“Un mio quadro spesso nasce da questi ricordi fotografici che prendono forma in nuovi contesti. I simboli che utilizzo, come i viaggi immaginari e le città marine racchiuse nei colori, vivono la loro limpidezza in uno spazio-tempo indefinito. Cerco di unire serenità ed elementi della vita quotidiana, gestendo lo spazio in modo da coinvolgere lo spettatore in una scena di un mondo immaginario che sento abitare dentro ognuno di noi”.

I simboli e gli elementi onirici sono molto presenti nelle tue opere. Come li scegli e qual è la loro origine?
“Come accennavo, molti simboli emergono dai ricordi e dalle trasformazioni che subiscono nella mia mente. I colori stessi giocano un ruolo cruciale nel definire l’atmosfera di questi mondi immaginari”.

In che modo la realtà contemporanea si riflette nelle tue creazioni?
“Il mio sguardo sull’arte è sempre stato un modo di interpretare il mondo circostante, seppur attraverso una lente soggettiva. La realtà contemporanea entra nelle mie opere in modo filtrato, attraverso la mia personale percezione della sua complessità”.

Hai una tecnica o un materiale prediletto? Come avviene la scelta dei supporti e dei colori?
“Prediligo l’acrilico su carta e legno, poco il cartone. La scelta dei supporti e dei colori è parte integrante del processo creativo, guidata dalla visione interiore che voglio esprimere e dall’atmosfera che desidero evocare”.

C’è un’opera a cui ti senti particolarmente legato? Se sì, per quale motivo?
“Ogni opera ha una sua storia e un legame particolare con il momento in cui è stata creata e con le emozioni che l’hanno generata. È difficile indicarne una sola”.

Come è evoluta la tua pittura nel corso del tempo? Hai incontrato momenti di particolare difficoltà o svolta nel suo percorso artistico?
“Il mio percorso è stato un continuo apprendimento e una costante evoluzione del mio modo di interpretare e rappresentare la realtà interiore. Ci sono stati momenti di difficoltà, soprattutto legati al contesto socio-economico degli ultimi anni, che mi hanno portato a ridimensionare la mia attività. Oggi dipingo principalmente per passione”.

Cosa desideri trasmettere a chi osserva le tue opere? C’è un’emozione o un messaggio che speri arrivi in modo particolare?
“Spero che le mie opere possano invitare lo spettatore a esplorare il proprio mondo interiore, a riscoprire la fantasia dell’infanzia e a riflettere sulla realtà che ci circonda attraverso una prospettiva diversa, più onirica e simbolica”.

Quanto ha influenzato il territorio della Valdichiana, a cui tu sei profondamente legato, la tua visione e il suo immaginario artistico.
“Il paesaggio della Valdichiana, con le sue atmosfere e i suoi colori, ha sicuramente nutrito il mio immaginario visivo e la mia sensibilità artistica. È un luogo che fa parte della mia storia e che inevitabilmente si riflette nel mio modo di percepire il mondo”.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Come vedi oggi il ruolo dell’arte visionaria e surrealista nel panorama contemporaneo?
“Attualmente dipingo per passione e intendo continuare a esporre, soprattutto nei comuni dove mi è possibile presentare e condividere il mio lavoro. Credo che l’arte visionaria e surrealista mantenga ancora oggi un ruolo importante, offrendo prospettive alternative e stimolando l’immaginazione in un mondo spesso dominato dalla razionalità”.
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