Cari maschi ribellatevi. Ribellatevi ai vostri simili che picchiano, molestano, uccidono le donne. Chi è violento con le mani o con le parole fa perdere “credibilità” a tutta la categoria.
Lo sfogo iniziale è doveroso e appartiene a tutte le donne che da secoli sono costrette a subire: dai complimenti volgari alle botte fino alla morte. Il dato statistico segnala che ogni due giorni viene compiuto un femminicidio, quindi che il fenomeno è così diffuso e difficile da contrastare nonostante i centri antiviolenza, il lavoro delle Forze dell’Ordine, degli assistenti sociali, del codice rosa, di tutta una rete che sta cercando di aiutare le donne picchiate e di prevenire che vengano uccise. E non pensiamo che sia un problema che riguarda soggetti svantaggiati, casi limite della società. No, la violenza non ha classe sociale e, spesso, è tra le mura domestiche che le donne sono maltrattate e purtroppo anche uccise. Lo sanno benissimo le volontarie di Donna chiama donna, il centro antiviolenza che opera a Siena, che si occupano del primo contatto per l’ascolto, assistono le donne che vogliono uscire dall’incubo di vivere con un uomo che non le rispetta, le accompagnano nel percorso di ritorno ad una vita normale. Non è un cammino facile e combattere anche con burocrazia e luoghi comuni rende ancora più complicato il loro lavoro. Ma non si arrendono come raccontano nell’intervista la presidente Vania Cesaretti, la vice presidente Kastia Bassi e la legale dell’associazione Claudia Bini.