Un impianto regge l’intero progetto Enac. All’ex Idit pure. Riflessioni su input dei Verdi. Quando la transizione energetica non coinvolge i territori e le ricadute non sono condivise
Europa Verde ha proposto, una riflessione pubblica che ci sembra utile riprendere: guardare ai nuovi impianti fotovoltaici non solo come operazioni energetiche, ma come scelte territoriali e politiche. È una chiave utile per comprendere cosa sta succedendo ad Ampugnano; e non solo.
Partiamo da Ampugnano. Ieri, 18 luglio 2025, è stato presentato a Siena il progetto di rilancio dell’aeroporto promosso dall’ENAC e finanziato interamente con fondi pubblici per un valore complessivo di 34,5 milioni di euro.
L’iniziativa punta a riattivare l’infrastruttura aeroportuale con una formula leggera e a basso impatto, basata su voli con aeromobili turboelica da 9 posti, per un massimo di 8 voli giornalieri (4 partenze e 4 arrivi), con collegamenti iniziali previsti verso Roma Urbe.
Si tratta di una logica da “taxi aereo”, rivolta a un’utenza selezionata – professionisti, imprenditori, turisti di fascia alta – ma non aperta al trasporto di massa. Il piano non prevede voli charter, low cost, né ampliamenti infrastrutturali significativi: si lavorerà sul recupero delle strutture esistenti, senza nuove piste o terminal.
Ma il vero cuore del progetto è un altro: la realizzazione di un grande impianto fotovoltaico a cui vengono destinati 16 dei 34,5 milioni stanziati. Un impianto di queste dimensioni – stimato secondo un nostro studio approssimativo in circa 16 MWp – può occupare 25–30 ettari di terreno e produrre 20–25 GWh all’anno, cioè l’equivalente del consumo elettrico di 7.000–9.000 famiglie italiane (ovvero 16.000–21.000 persone, più di un terzo del fabbisogno del Comune di Siena).
Pur non disponendo dei dati impiantistici ufficiali, i conteggi indicativi aiutano a capire l’ordine di grandezza e confermano la preoccupazione dei Verdi: un’infrastruttura pubblica di questa portata che non restituisce nulla alle comunità locali, né sotto forma di energia condivisa né di benefici diffusi.
Nonostante il potenziale territoriale, l’impianto non è pensato per una comunità energetica né per l’autonomia di scala urbana, bensì per rendere l’aeroporto energeticamente autosufficiente. È un’infrastruttura energetica pubblica che non distribuirà energia, ma la userà per sostenere economicamente l’intera operazione aeroportuale. Almeno così sembra. Con un ritorno netto stimabile – sempre secondo nostri calcoli che attendono di essere confermati o smentiti – in 1,7–2 milioni di euro all’anno, l’impianto può ripagarsi in meno di dieci anni e generare utili nei successivi dieci, ammortizzando di fatto anche i costi del resto dell’intervento.
Detto in altri termini: è il fotovoltaico, non l’aeroporto, a reggere il piano dal punto di vista economico. Un investimento pubblico pensato per garantire sostenibilità economica a un’infrastruttura che, da sola, non starebbe in piedi. Almeno così ci pare.
Tutto questo senza che il territorio sia stato coinvolto. Il sindaco di Sovicille Giuseppe Gugliotti, nel cui territorio ricade l’aeroporto, ha denunciato pubblicamente la mancata consultazione delle istituzioni locali: nessun invito, nessun confronto, nessuna condivisione. Un’assenza che ha acceso uno scontro istituzionale e che rende evidente il vuoto di governance multilivello nell’area senese.
È accettabile che un progetto di questa portata – 34 milioni pubblici, 30 ettari trasformati, impatto energetico e paesaggistico enorme – sia deciso altrove, senza coinvolgere i Comuni, senza un dibattito pubblico, senza un piano di sviluppo coerente con le vocazioni territoriali?
E il caso Ampugnano non è isolato: anche nell’area ex IDIT, al confine tra Siena e Monteroni d’Arbia, si prevede un grande impianto fotovoltaico – questa volta privato – su 5,3 ettari di superficie privata. Anche qui nessun percorso partecipativo, nessuna rigenerazione urbana contestuale. Le nostre stime, basate su standard industriali, suggeriscono una potenza di circa 3 MWp, con una produzione annua di oltre 4.000 MWh e un ritorno netto attorno ai 370.000 euro l’anno. In trent’anni, più di 8 milioni di utile. Ma per chi?
I Verdi propongono un modello diverso, concordando con la strategia della Regione. Ci sarà tempo e modo per ragionarne.
Certo è che non ci sembra che si sia stia davvero riflettendo davvero sul futuro. Non lo diciamo semplicemente perché il progetto per Ampugnano di Spinelli e Giambrone – alternativo ma anche no – che propone atletica leggera, nuoto (con piscina olimpionica), ciclismo, arrampicata, rappresenta una integrazione con il territorio che meriterebbe di essere ascoltata. Se non basta lo sport, allora guardiamo al futuro del trasporto aereo.
Qualcosa ci dice che ci sono progetti che vanno in direzione diversa da quella immaginata nel piano ENAC. In provincia di Arezzo, ad esempio, un’azienda ha già avviato la produzione di velivoli elettrici monoposto. Mezzi silenziosi, leggeri, a zero emissioni, pensati per mobilità privata, consegne, soccorsi e persino agricoltura.
A fronte di queste evoluzioni, investire oggi su una piattaforma aeroportuale tradizionale – sostenuta artificialmente da un impianto fotovoltaico – non rischia di apparire come un’operazione già superata, scollegata dalle reali prospettive tecnologiche e ambientali? O che forse asseconda ciò che già c’è e va semplicemente sistemato?
Il caso Ampugnano, con la sua opacità istituzionale e la sua lucidità economico-energetica, ci consegna una lezione importante: senza un governo pubblico del territorio, anche gli investimenti pubblici più redditizi possono diventare ragione di conflitto e occasioni perdute per la comunità. E senza una visione condivisa sul futuro della mobilità, anche ciò che oggi sembra moderno può rivelarsi rapidamente obsoleto.
È qui che torna centrale la riflessione su un modello di governance metropolitana per Siena e il suo territorio. La città capoluogo rischia di essere circondata da uno splendido ma sterile isolamento, mentre i comuni della cintura senese (Sovicille, Monteroni, Castelnuovo, Asciano, Monteriggioni) continuano a essere privi di strumenti operativi per gestire politiche comuni.
È necessario ricostruire un patto politico-istituzionale tra Regione, Provincia, Comune di Siena e Comuni dell’area vasta, che consenta di affrontare in modo integrato questioni come infrastrutture, energia, mobilità, sanità, turismo, rigenerazione urbana.
In questa prospettiva, diversi osservatori, verdi compresi, hanno rilanciato la proposta di riesumare lo SMAS (Schema Metropolitano dell’Area Senese), strumento avviato oltre dieci anni fa e mai attuato. Lo SMAS conteneva già analisi, scenari e indicazioni utili, e potrebbe oggi essere aggiornato per diventare la piattaforma amministrativa per una vera governance dell’area senese.
La Regione ha strumenti, poteri e risorse per favorire questa integrazione, ma serve una volontà politica esplicita da parte dei territori.