Quante volte abbiamo letto od ascoltato annunci sulla fine dell’emergenza CoVID da parte di organi di stampa, politici o esperti improvvisati?
Ha iniziato il prof. Alberto Zangrillo, intensivista del San Raffaele che, il 31 maggio del 2020 (https://www.raiplay.it/video/2020/06/Mezzora-in—–Zangrillo-del-SRaffaele-di-Milano-Il-Covid-clinicamente-non-esiste-piu-a9a42676-c374-49b0-b94c-424e57d2d573.html), dichiarò alla giornalista Lucia Annunziata: “Il virus dal punto di vista clinico non esiste più”. Purtroppo, più che virologi ed epidemiologi, a smentire il prof. Zangrillo ed i suoi epigoni è stato il virus stesso.
Contestualmente, per fortuna, sebbene non alla stessa velocità della comparsa di nuove varianti e del conseguente riaccendersi di focolai epidemici, crescevano le conoscenze su diagnosi, terapia e prevenzione. L’adozione di comportamenti oramai noti – mascherine, igiene mani, contenimento dell’affollamento in luoghi chiusi etc – sono e continuano ad essere efficaci a ridurre la diffusione del virus, ma non tutti “tollerati” dalla popolazione a tempo pieno, perché riducono la qualità della vita sociale.
La messa a punto di vaccini efficaci e di campagne di immunizzazione di massa è stata la vera chiave di volta che ha permesso di svuotare le terapie intensive e ridurre, in generale, i ricoveri e i decessi. Ma, come hanno detto fin dall’inizio coloro che i virus li conoscono, il virus della SARS CoV2 continua a circolare favorito dalle modalità di diffusione – via aerea – che ne rendono difficile il controllo (e non sempre bene accetto, per le limitazioni alla vita sociale, come detto sopra), ma soprattutto da una incompleta copertura vaccinale e, come è nella sua natura, più il virus circola tra la popolazione (cioè: più si replica), più possono comparire mutazioni (varianti). Tutti i microrganismi hanno un forte carattere evoluzionistico, a velocità inimmaginabili per gli organismi più complessi (figuriamoci per la specie umana…) ed i Coronavirus, famiglia cui appartiene il SARS CoV2, sono tra i virus a più alto tasso di mutazione (cioè capacità di produrre varianti).
Quando il prof. Zangrillo faceva la sua dichiarazione eravamo all’epoca della prima ondata, quella del ceppo virale di Wuhan, poi abbiamo avuto la Alfa, la Beta, la Delta, la Gamma, la Omicron, elencando le varianti nell’ordine temporale in cui l’OMS le ha dichiarate Varianti di Preoccupazione (Variant of Concern o VOC), ognuna con il suo carico di sottovarianti genetiche, allarme, malati, morti, interi Paesi che hanno vista stravolta la loro vita sociale ed economica…
Ed oggi si lancia l’allarme per XBB.1.5. Cos’è e perché fa così paura?
Si tratta di una sottovariante del lineage XBB, a sua volta una delle varianti di Omicron. XBB è stata chiamata dai media Gryphon, poiché, così come il Grifone, nasce dall’unione di due diversi individui, più esattamente dalla ricombinazione delle due sottovarianti di Omicron BJ.1 (BA.2.10.1.1) e BA.2.75 (BA.2.75.3.1.1.1), e non da una mutazione di una precedente variante. Secondo il prof. Eric Topol dello Scripps Research Institute la sua sottovariante XBB.1.5. si sarebbe generata a New York.
Analizzando la struttura del virus i ricercatori hanno scoperto che la variante XBB.1.5. ha una maggiore affinità per ACE2, che è recettore del virus nelle nostre cellule e quindi la porta d’ingresso dello stesso. Si ipotizza anche che sia meno “sensibile” agli anticorpi generati sia da precedenti infezioni (con altre varianti di Omicron) che vaccinazioni (gli attuali vaccini sono “disegnati” su varianti precedenti di Omicron).
Ma da un punto di vista clinico come si comporta questa XBB.1.5.?
I dati clinici ad oggi sono contraddittori, a fronte di una maggiore capacità di diffusione (supportata dalle caratteristiche virali sopra esposte) non è dimostrato che determini quadri clinici più gravi di altre varianti Omicron. Secondo il CDC (Center of Diseases Control) di Atlanta, nell’ultima settimana del 2022 la sottovariante Omicron XBB.1.5 si è rapidamente diffusa negli USA, così da diventare la mutazione COVID-19 dominante con il 40,5% di tutti i casi e potrebbe essere alla base dell’aumento di ricoveri che si è avuto nello stesso periodo, ma questo sarebbe legato all’incremento delle infezioni e non alla gravità dei quadri clinici.
Tutti gli esperti continuano a sottolineare l’importanza di vaccinarsi e di effettuare le dosi di richiamo, per mantenere la memoria immunologica che, anche se legata a varianti precedenti del virus, può essere efficace anche sulle nuove mutazioni. E’ oramai assodato, infatti, che la protezione anticorpale, in seguito a malattia o vaccinazione, è massima entro sei mesi, ma anche che in questo periodo la protezione è molto elevata. Un recente studio pubblicato su New England Journal of Medicine riporta che il vaccino è efficace nel proteggere del 90% contro le forme gravi della malattia, dell’86% contro i decessi, dell’88% dai ricoveri e del 66% dal contagio.
Un altro lavoro, in via di pubblicazione ed a firma anche italiana, dimostra la capacità neutralizzante degli anticorpi sviluppatesi dopo somministrazione di dosi booster di vaccino contro le varianti di Omicron più recenti, come BQ.1.1, BF.7 e XBB.1 (da cui XBB.1.5. deriva).
Le recenti notizie sulla situazione cinese, con diffusione incontrollata di casi di CoVID ed aumento di ricoveri e decessi, fanno sospettare che in quel Paese abbia preso piede una variante virale particolarmente diffusibile, come è XBB.1.5.
La scarsa trasparenza delle autorità cinesi rende il condizionale d’obbligo. Ad oggi, i pochi virus sequenziati isolati dai soggetti in arrivo in Italia dalla Cina non sembrano confermare quest’ipotesi, ma i dati disponibili sono ancora pochi. Certo è noto che la Cina è tra i Paesi con minor aderenza vaccinale e che il vaccino cinese risulta scarsamente efficace e questo basterebbe a spiegare la recrudescenza di CoVID attualmente registrata.
Per quanto riguarda Europa ed Italia, gli ultimi dati dell’ECDC (European Center of Diseases Control) attestano che, al 22 dicembre 2022, la variante XBB circolava in Europa con prevalenza, nei vari Paesi, dal 10,5% della Svezia all’1,2% dell’Italia.
Cosa pensare allora? Sicuramente deve passare nella popolazione, e nelle Autorità Regolatrici, la consapevolezza che SARS CoV2 è un virus oramai endemico, come l’influenza, e chissà per quanto dovremmo conviverci, in maniera tale da poter vivere “normalmente”.
E’ oramai assodato che l’arma più efficace che abbiamo a disposizione è mantenere una buona memoria immunologica nella popolazione, con vaccinazioni di massa e richiami effettuati con vaccini efficaci – per inciso ricordiamo che sono oramai prossimi alla distribuzione vaccini “polivalenti”, realizzati per essere efficaci anche contro future varianti -. Per essere efficace dovrà essere diffusa in quanti più paesi possibili; più popolazione mondiale è protetta meno rischio di diffusione del virus e quindi maggiore contenimento della possibilità di mutare.
Lo hanno capito anche le autorità Cinesi che stanno cercando di ottenere il vaccino sviluppato da BioNTech, i cui dirigenti hanno fatto parte della delegazione del governo Tedesco che si è recentemente recata nel Paese asiatico.
Stefania Cresti