Ivano Zeppi & Luca Gentili
L’Europa attraversa una fase storica complessa, in cui fragilità economiche e politiche si intrecciano con un contesto internazionale instabile.
Next Generation EU: un precedente che non basta più
Dopo la pandemia, il continente aveva reagito con uno strumento senza precedenti: Next Generation EU, un piano di investimenti comuni che ha permesso di sostenere la ripresa economica, finanziare la transizione verde e avviare la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione.
Quel progetto ha mostrato che, di fronte a una crisi sistemica, l’Unione è capace di mobilitare risorse e visione strategica.
Oggi, però, quella stessa ambizione deve proseguire, evolvendosi in una nuova fase: non più soltanto ricostruire, ma garantire all’Europa una sovranità tecnologica reale, senza la quale rischia di restare ai margini del nuovo ordine globale.
Un’economia debole e disunita
Dopo anni segnati da pandemia, crisi energetica e guerre vicine, la crescita resta debole, compressa da tassi d’interesse elevati e da un’inflazione in discesa ma ancora non del tutto domata.
Le previsioni per il 2025 parlano di un PIL dell’Eurozona vicino all’1%, mentre i bilanci pubblici mostrano deficit superiori ai limiti imposti dai trattati e debiti che restano alti, con differenze marcate tra Paesi.
Francia e Germania in difficoltà
Francia e Germania, storici motori del progetto europeo, si trovano entrambe in difficoltà: Parigi alle prese con un disavanzo cronico e tensioni sociali, Berlino bloccata da regole fiscali rigide e da una crescita industriale fiacca.
Una crisi politica e di rappresentanza
A questa debolezza economica si somma una crisi di rappresentanza politica che attraversa l’intero continente.
Partiti populisti e movimenti anti-sistema avanzano ovunque, mentre i governi faticano a mantenere coesione su temi cruciali come immigrazione, transizione verde e politica estera.
Le istituzioni europee, percepite come lente e distanti, perdono consenso proprio mentre il ritorno del Patto di Stabilità impone scelte difficili.
A peggiorare il quadro contribuisce una catastrofe umanitaria ormai riconosciuta come genocidio: Israele, nonostante le mobilitazioni e le proteste popolari, conduce operazioni militari a Gaza che hanno già provocato migliaia di vittime civili e devastazione sistematica delle infrastrutture, senza che la comunità internazionale sia riuscita a intervenire efficacemente.
Un contesto internazionale instabile e polarizzato
Intorno all’Europa, il mondo si è polarizzato in blocchi distinti.
Gli Stati Uniti, guidati da Donald Trump dal gennaio 2025, adottano politiche estere e commerciali aggressive: nuovi dazi, misure radicali interne e una gestione autoritaria di sicurezza e relazioni istituzionali. Questa strategia “America First” riduce la prevedibilità degli alleati e costringe l’Europa a navigare tra dipendenza militare e autonomia politica.
La Russia, isolata dall’Occidente ma non piegata dalle sanzioni, rafforza le sue alleanze con regimi autoritari e cerca spazio in Africa e Medio Oriente.
La Cina, pur affrontando rallentamento economico e disoccupazione giovanile elevata, mantiene una proiezione esterna assertiva e continua la competizione tecnologica e commerciale con gli Stati Uniti.
Nel frattempo, il Medio Oriente resta un mosaico instabile, con regimi autoritari, una crescente influenza di Pechino e Mosca e il genocidio di Gaza come tragico esempio della debolezza della diplomazia internazionale.
Il vero campo di battaglia: la rete e i dati
In questo scenario multipolare, l’Europa ha già perso peso geopolitico e strategico.
Il potere globale oggi si concentra nelle infrastrutture digitali, nei flussi finanziari algoritmici e nel controllo dei dati. Qui, l’Europa è un attore marginale, priva di colossi tecnologici competitivi, dipendente dai sistemi americani per la sicurezza e dai mercati asiatici per le forniture strategiche.
Mentre Stati Uniti e Cina consolidano il proprio dominio attraverso piattaforme tecnologiche e intelligenza artificiale, l’Europa appare intrappolata in un’architettura istituzionale che impedisce decisioni rapide e in una subordinazione tecnologica che la condanna a essere periferia.
Nuove classi di potere e rischio per i diritti
Si stanno formando nuove classi di potere: una minoranza che controlla algoritmi e dati, una maggioranza che produce valore digitale senza riceverne benefici, e un ceto medio in dissoluzione, incapace di orientare il processo politico.
Se queste dinamiche non vengono affrontate, il continente non solo perderà peso geopolitico, ma rinuncerà alla possibilità di difendere i diritti sociali e civili che ne hanno definito la storia.
Sovranità digitale: l’unica via di salvezza
Se l’Europa vuole sopravvivere, non basta discutere di Patto di Stabilità o di qualche riforma economica. Serve un progetto radicale che riparta da una visione di sovranità legata alle infrastrutture immateriali: piattaforme tecnologiche indipendenti, intelligenza artificiale pubblica, protezione dei dati come bene comune e infrastrutture sicure sotto giurisdizione europea.
Il caso italiano: un modello da seguire?
Dal 2019 è in vigore il Piano Triennale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione, che prevede la migrazione dei sistemi verso il Cloud della PA o Polo Strategico Nazionale.
Il principio è chiaro: i dati e i servizi critici devono risiedere in infrastrutture qualificate, localizzate in territorio europeo o comunque soggette a giurisdizione UE, per evitare interferenze extraterritoriali come quelle consentite dal Cloud Act statunitense.
L’Europa divisa sul cloud
L’Europa, al contrario, non dispone ancora di un quadro vincolante analogo: il GDPR e strategie come la EU Data Strategy o il Data Act promuovono la sovranità digitale, ma lasciano ampio margine agli Stati membri.
Progetti come GAIA-X cercano di federare le risorse cloud europee, ma la frammentazione resta evidente. Non è raro che anche infrastrutture pubbliche si appoggino a data center di big tech americane, come nel caso di servizi italiani ospitati su server Google in Belgio.
Intelligenza artificiale: la sfida più urgente
Oggi i modelli di intelligenza artificiale più avanzati sono nelle mani di pochi colossi privati, americani e cinesi. Entrare in questo settore è difficilissimo: servono investimenti miliardari, dataset enormi e potenza di calcolo massiccia.
Se l’IA resta concentrata in poche mani private, governi e società europee diventeranno dipendenti da tecnologie opache e da logiche commerciali estranee, con conseguenze su sicurezza nazionale, competitività economica e tutela dei diritti.
Non basta regolamentare l’IA: occorre produrla, finanziarla e integrarla nei sistemi educativi, sanitari e produttivi.
Autonomia tecnologica e cybersicurezza
Accanto a ciò, servono reti di telecomunicazione sicure e infrastrutture di cybersicurezza pienamente europee.
Infine, è indispensabile creare un mercato unico digitale europeo, capace di sostenere la nascita di campioni industriali competitivi a livello globale.
Conclusione: difendere libertà e diritti
Questa agenda non è un tema tecnico per pochi esperti: è una sfida politica che deve essere posta al centro del dibattito europeo.
La sovranità digitale non è un’opzione, ma l’unico modo per difendere libertà civili, autonomia economica e rilevanza geopolitica.
Senza questa rivoluzione, l’Europa continuerà a parlare di valori mentre altri scrivono il codice che governa il mondo.