A ben vedere il governo Draghi non ha dato soltanto sprint alla campagna vaccinale, alla predisposizione dei piani per concorrere a incamerare le risorse europee e a dare nuovo lustro all’Italia nei consessi internazionali. Ha addirittura rimesso in moto la stessa situazione politica.
Dal 13 febbraio, giorno del suo giuramento, c’è stato il cambio di guardia al Pd con il passaggio del testimone da Nicola Zingaretti a Enrico Letta; c’è stato l’avvio del processo di trasformazione dei CinqueStelle da movimento a Partito con l’incarico a Conte; c’è ora nel centrodestra l’avvio di un percorso federativo tra Forza Italia e Lega.
Certo, entrando nel merito, ciascuno di questi processi nasce da situazioni di crisi.
Nel Pd c’era uno scissionismo continuo e un marasma correntizio interno senza pari che mettevano a rischio la forza propulsiva e fatto emergere la disillusione per la sua origine di fusione fredda tra sinistra e cattolici. Letta è stato costretto ad un percorso di sinistra difficile e tortuoso per sbloccare il Pd da sotto al 20 percento.
Nei CinqueStelle lo strappo tra le diverse anime e la rottura tra piattaforma Rousseau e gruppi parlamentari, le continue defezioni e passaggi di casacca che, sommati all’esito deludente, ad essere generosi, nella prova dell’amministrazione a Roma, hanno evidenziato tutti limiti della politica del vaffa.
Nel centro destra, Forza Italia che non sa e non vuol trovare un dopo Berlusconi né in termini di risorse né in termini di leader possibili. E anche una Lega costretta a porre fine alle svolte e alle trovate Salviniane da un percorso obbligato che passa per Giorgetti e Zaia.
Insomma se le cose fossero state lasciate al proprio destino, probabilmente la transizione post pandemia sembrava stritolarsi attorno alla marcia trionfale di FdI e, personalmente, della Meloni, unica beneficiaria dell’attenzione data dai media all’opposizione in omaggio alla Par Condicio. Per non parlare del florilegio di nuove liste, movimenti e associazioni al centro, a sinistra e anche a destra.
In entrambi gli scenari comunque bisognava – e bisogna – dare un peso e un senso alla progressiva affermazione del nuovo Partito del Presidente – pensato e ancora non nato – attorno a Mario Draghi. Il consenso proprio e del Governo va oggi ben oltre il 60% e l’elettorato sembra comprendere che un proficuo discorso con l’Europa – ed il suo sostegno – passa per la continuità della governance e il rispetto degli impegni formali presi dal Capo del Governo.
Insomma il “ritorno alla normalità” si presenta politicamente aperto. Elezioni suppletive ed elezioni amministrative saranno i passaggi che daranno sostanza – o anche no – ai tanti sondaggi che si susseguono. E ci sarà spazio anche a nuove intraprese politiche… ce ne sono così tante in partenza che conviene aspettare ad elencarle. Di certo potrebbero aver fortuna nel raccogliere degli elettorati targettizzati, tanto il movimento che vuol tradurre in politica le encicliche di Papa Francesco che quello di coloro che hanno ravvisato percorsi complottistici in periodo di pandemia e ora si riuniscono per far emergere le proprie posizioni. La situazione è in movimento e molta è la confusione sotto il sole che comincia a bruciare.
Ma del resto, soldi e ripresa – se diviene certo il regresso della pandemia – apriranno una nuova fase di protagonismo anche sul fronte della politica dopo i tanti mesi passati con contatti a distanza.
Senza considerare le spinte in tal senso che verranno dal contesto internazionale a partire dalla nuova presidenza americana che ha chiesto all’Europa e all’Italia di riprendere il proprio posto in uno scacchiere socio-economico, precluso alle potenze asiatiche.
Attenti dunque a non trarre conclusioni affrettate e a non cristallizzare i primi pur interessanti sondaggi sul presumibile voto degli italiani. Per non rimanere stupiti il giorno della chiusura delle urne.