Sara Guidelli, direttore Generale Legacoop Agroalimentare: “A rischio l’export e il lavoro delle nostre imprese”
L’annuncio del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, di voler introdurre dazi fino al 200% sui vini, gli champagne e i prodotti alcolici provenienti dall’Unione Europea rischia di aprire un nuovo fronte di tensione commerciale tra Europa e Stati Uniti. Una misura che avrebbe conseguenze pesanti anche per l’agroalimentare italiano, in particolare per alcune delle sue filiere più rappresentative. Ne abbiamo parlato con Sara Guidelli, Direttore Generale di Legacoop Agroalimentare, che ci aiuta a comprendere meglio le possibili ricadute di questa situazione.
Il Presidente Trump ha minacciato dazi molto alti su vini e alcolici europei. Che impatto potrebbe avere questa decisione sull’agroalimentare italiano?
“Siamo di fronte a un rischio concreto che preoccupa tutto il nostro sistema agroalimentare. Gli Stati Uniti rappresentano uno dei mercati principali per l’export italiano, in particolare per il vino. Se dovessero essere introdotti dazi al 200%, come annunciato, le nostre esportazioni verso quel mercato potrebbero subire un calo anche del 20-30%, con ripercussioni significative per intere filiere: dal vino ai formaggi DOP, passando per l’olio d’oliva e l’ortofrutta”.
Parliamo di numeri importanti. Quale sarebbe l’impatto economico complessivo?
“Sulla base delle attuali esportazioni, stimiamo che l’impatto complessivo potrebbe superare i 2 miliardi di euro. Non parliamo solo di cifre, ma di un intero sistema produttivo fatto di piccole e medie imprese, cooperative e aziende agricole che negli Stati Uniti hanno costruito un mercato di riferimento essenziale. La preoccupazione è che l’aumento dei prezzi, causato dai dazi, possa spingere i consumatori americani verso prodotti alternativi, magari di produzione interna”.
Trump ha anche invitato gli agricoltori americani ad aumentare la produzione di vino e alcolici. Cosa significa?
“È un segnale chiaro. La politica dei dazi rischia di diventare uno strumento per riequilibrare la bilancia commerciale degli Stati Uniti favorendo, di fatto, la produzione nazionale. Questo comporta un rischio concreto per i nostri produttori, che potrebbero perdere spazi di mercato a favore di concorrenti americani o di Paesi non colpiti dalle tariffe”.
Ci sono altre filiere, oltre all’agroalimentare, che potrebbero risentire di questa situazione?
“Sì. Già oggi assistiamo agli effetti delle tariffe su acciaio e alluminio imposte dagli Stati Uniti, che stanno mettendo in difficoltà anche il settore manifatturiero, in particolare l’automotive. Le imprese che operano nella componentistica si trovano a dover affrontare un contesto internazionale sempre più complesso”.
C’è un rischio legato anche al solo annuncio di queste misure?
“Spesso l’effetto annuncio può anticipare le conseguenze pratiche. Il solo fatto che si parli di dazi così elevati può indurre i committenti americani a rivedere i propri fornitori, cercando alternative più convenienti. Questo è un rischio immediato che va considerato, perché i cambiamenti nelle catene di approvvigionamento possono consolidarsi e diventare difficili da recuperare”.
Come si può rispondere a questa situazione? Cosa può fare l’Italia, e cosa può fare l’Europa?
“Serve un’azione diplomatica forte e coordinata a livello europeo. È fondamentale che l’Unione Europea e il Governo italiano aprano un canale di dialogo con l’amministrazione americana per evitare un’escalation che danneggerebbe entrambi i partner commerciali. L’UE ha già ribadito, attraverso il portavoce della Commissione per la sicurezza economica, il commercio e i servizi finanziari, Olaf Gill, la propria disponibilità a lavorare per trovare soluzioni condivise. Come ha ricordato la Presidente von der Leyen, l’obiettivo non è un’escalation di dazi, che rischia di tradursi in un gioco a somma zero, ma soluzioni che portino benefici per entrambe le economie. Questo è lo spirito con cui bisogna lavorare”.
Cosa si sente di dire alle imprese italiane che guardano con preoccupazione a questi sviluppi?
“In questi momenti servono nervi saldi e visione di lungo periodo. Le nostre imprese, e in particolare le cooperative, hanno già dimostrato di saper affrontare scenari complessi, puntando sulla qualità, sulla tracciabilità e sull’innovazione. È il momento di continuare su questa strada, rafforzando le reti d’impresa e il lavoro di squadra. Ma è altrettanto importante che le istituzioni facciano la loro parte per tutelare un comparto fondamentale per l’economia del nostro Paese”.