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giovedì, Marzo 6, 2025

Democrazia e difesa comune: le critiche di Eugenio Neri ed Elly Schlein al Progetto europeo

Uno scettico e una politica: voci diverse che chiedono un’Europa più vicina ai cittadini e meno agli interessi nazionali

In un momento in cui l’Unione Europea è chiamata a ridefinire il proprio ruolo tra crisi geopolitiche, pressioni militari e disuguaglianze sociali, due voci apparentemente distanti – quella di Eugenio Neri, medico chirurgo e “libero pensatore” e quella della segretaria del Partito Democratico Elly Schlein – che “arbitrariamente” abbiamo estrapolato dalla rete e messe vicine, convergono su una critica radicale: l’Europa deve smettere di essere un progetto elitario, dominato dagli Stati e dagli interessi particolari, per diventare uno spazio democratico e solidale. Sebbene separati da formazione, genere e contesto, entrambi denunciano i rischi di un’Europa che privilegia il riarmo e la logica intergovernativa, trascurando i bisogni dei cittadini e una visione comune.

Eugenio Neri: «L’Europa non è dei cittadini, ma degli Stati»

Neri parte da un presupposto netto: l’UE è un’istituzione «fredda», lontana dalle persone. «Siamo ancora all’Europa degli Stati e non dei cittadini», scrive, sottolineando l’assenza di democrazia diretta e il ruolo marginale del Parlamento Europeo. Per lui, il progetto europeo, riacceso dalla retorica post-bellica, rischia di trasformarsi in uno slogan vuoto se non si affronta il deficit democratico. «Manifestare in piazza per l’Europa è uno slogan se poi non si cambia la governance», afferma, criticando la strumentalizzazione del “pericolo russo” per giustificare aumenti delle spese militari. La sua priorità è chiara: pace, normalità, prosperità, non logiche securitarie.

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Elly Schlein: «La difesa comune non sia il riarmo dei 27»

Schlein, dal canto suo, attacca il piano della Commissione Von Der Leyen sul riarmo, definendolo miope e divisivo. «Serve una difesa comune, non il riarmo nazionale», insiste, denunciando la mancanza di interoperabilità e investimenti europei finanziati da debito comune, come avvenuto col Sure durante la pandemia. La segretaria PD teme che si sacrifichino coesione sociale e transizione ambientale sull’altare della sicurezza, utilizzando fondi strutturali per scopi militari. La sua ricetta è un “piano di autonomia strategica” che integri difesa, riduzione delle disuguaglianze e transizioni verde-digitale.

Un terreno comune: meno Stati, più Cittadini

Pur divergendo nei toni e nelle proposte – Neri più scettico sulle istituzioni, Schlein impegnata a riformarle –, entrambi condannano un’Europa che asseconda gli egoismi nazionali. Per Neri, il problema è strutturale: senza partecipazione diretta, l’UE resterà un club di governi. Per Schlein, è politico: senza progetti comuni finanziati collettivamente, si alimentano frammentazione e disuguaglianze. A unirli è la richiesta di un’Europa che metta al centro i cittadini, non gli apparati, e che scelga la cooperazione anziché la militarizzazione.

La Sfida: Democrazia o Realpolitik?

Le loro critiche sollevano una domanda cruciale: l’UE può davvero diventare un attore globale senza prima colmare il divario con i suoi cittadini? Neri e Schlein, da prospettive diverse, ricordano che senza legittimità popolare e giustizia sociale, ogni progetto di “unione” resterà incompiuto. In tempi di crisi, la scelta non è tra pace e sicurezza, ma tra un’Europa degli Stati e un’Europa dei popoli. E su questo, forse, scettici e riformatori potrebbero incontrarsi.

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