Una riflessione organizzata dal Comune di Roccanova sui referendum dell’8-9 giugno
Sabato 3 maggio, organizzata dal Comune di Roccanova (Basilicata, provincia di Potenza) e dalla Cgil territoriale, si è tenuta una iniziativa per promuovere il voto referendario dal titolo “Referendum e partecipazione: sfide e prospettive per la democrazia. Come riconnettere istituzioni e società civile”. Riceviamo e pubblichiamo l’intervento introduttivo del Sindaco Rocco Greco.
Il voto popolare è lo strumento più diretto attraverso cui un popolo può esercitare la propria sovranità. Ma oggi, in Italia, siamo di fronte a una sfida ben più ampia: con i cinque referendum proposti da sindacati e associazioni fissati per l’8 e 9 giugno 2025, non si tratta semplicemente di abrogare alcune norme di legge. Si tratta di riaffermare il senso stesso della dignità del lavoro in un Paese che, da anni, sembra aver smarrito la propria bussola sociale.
La centralità del lavoro ormai un valore costituzionale dimenticato. L’articolo 1 della nostra Costituzione afferma con limpida fermezza che «l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Ma cosa resta oggi di questo principio fondante? I referendum proposti mirano a colpire al cuore quelle norme che negli ultimi decenni hanno contribuito a precarizzare l’esistenza di milioni di lavoratrici e lavoratori, smantellando con metodo chirurgico le garanzie conquistate in decenni di lotte sindacali e popolari.

I quesiti sono un’occasione per raddrizzare la rotta. I cinque quesiti proposti toccano nodi fondamentali, indetti con decreto del Presidente della Repubblica 25 marzo 2025 (Gazzetta ufficiale, Serie Generale, n.75 del 31 marzo 2025), riguardano:
• «Contratto di lavoro a tutele crescenti – Disciplina dei licenziamenti illegittimi: Abrogazione»
• «Piccole imprese – Licenziamenti e relativa indennità: Abrogazione parziale».
• «Abrogazione parziale di norme in materia di apposizione di termine al contratto di lavoro subordinato, durata massima e condizioni per proroghe e rinnovi» .
• «Esclusione della responsabilità solidale del committente, dell’appaltatore e del subappaltatore per infortuni subiti dal lavoratore dipendente di impresa appaltatrice o subappaltatrice, come conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici: Abrogazione»
• «Cittadinanza italiana: Dimezzamento da 10 a 5 anni dei tempi di residenza legale in Italia dello straniero maggiorenne extracomunitario per la richiesta di concessione della cittadinanza italiana».

Votare SÌ significa riprendersi uno spazio di civiltà, dare voce a chi lavora, denunciare l’arroganza padronale che, col beneplacito di ampi settori della politica, ha trasformato il mondo del lavoro in una giungla in cui domina solo il profitto.
Il ruolo del cittadino deve essere attivo. Non delegare, agire. Non basta indignarsi per le condizioni disumane dei rider o dei lavoratori sfruttati nei campi e nei cantieri. Non basta commuoversi davanti all’ennesimo servizio giornalistico su chi muore sul lavoro. Serve una presa di coscienza collettiva. Questi referendum sono uno strumento concreto di cambiamento, e vanno presi sul serio.
Il quorum è difficile da raggiungere: lo so. Ma proprio per questo, ogni voto è decisivo. Ogni astenuto, consapevole o meno, è un alleato dello status quo. Antonio Gramsci, più di cento anni fa, nel 1917 diceva: “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani… L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti”. Chi si dice di sinistra, chi si interessa delle cose del mondo, chi crede nella giustizia sociale, nella libertà, nella dignità del lavoro, ha il dovere morale e politico di recarsi alle urne per votare e votare SÌ.
Il dovere dell’intellettuale è stare dalla parte degli ultimi. Chi scrive non può che ricollegarsi alla lezione di Gramsci anche su quest’altro aspetto quando diceva: ” Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza.
Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza”. Oggi, istruirsi significa capire la posta in gioco. Agitarsi significa prendere posizione, pubblicamente.
Organizzarsi significa andare a votare, convincere, mobilitare.
L’intellettuale non è mai neutrale. In un’epoca in cui i diritti vengono raccontati come privilegi, in cui il lavoratore viene visto come un ostacolo alla competitività, e il sindacato come un relitto del passato, è doveroso schierarsi. E questo schieramento, oggi, ha una forma semplice, concreta, e potentissima: una croce sul SÌ.
In sintesi, votare SÌ è un atto politico e sociale di grande importanza, non solo per i lavoratori direttamente
coinvolti, ma per tutto il Paese. Significa scegliere un modello di società che mette al centro la dignità della persona che lavora, contrastando precarietà, sfruttamento e insicurezza.
Chi crede nella giustizia sociale, nella tutela dei più deboli e in una vera democrazia del lavoro, l’8 e il 9 giugno non può mancare e votare SÌ ai referendum e, in particolare, a quelli del lavoro.

Da Sindaco di una piccola comunità e da uomo di sinistra da sempre al fianco delle lavoratrici e dei lavoratori, so bene cosa significa vivere il mondo del lavoro oggi: precarietà, mancanza di tutele, insicurezza, salari bassi. Troppe volte ho ascoltato storie di persone licenziate ingiustamente, di giovani costretti a saltare da un contratto all’altro, di padri e madri che ogni giorno rischiano la vita in un cantiere o in un magazzino. Con i referendum abbiamo tutti un’occasione storica: con quattro SÌ sui temi del lavoro possiamo cominciare a cambiare questa realtà.
Non è una battaglia ideologica o, come in parte viene raccontata anche da ambienti di sinistra, di retroguardia. È una battaglia concreta, fatta per ridare forza ai diritti fondamentali che in questi anni sono stati erosi, smantellati, ignorati.
È una battaglia per dire che il lavoro non può essere merce, che la vita delle persone non può essere sacrificata sull’altare della flessibilità e del profitto.
Con il primo SÌ chiediamo che chi appalta lavori e servizi risponda in prima persona della sicurezza dei lavoratori. Non possiamo più assistere a tragedie quotidiane come se fossero fatalità: la sicurezza si garantisce anche con responsabilità chiare e non scaricabili.
Con il secondo SÌ vogliamo restituire piena dignità a chi viene licenziato senza giusta causa, reintroducendo il reintegro previsto dall’articolo 18. Perché chi lavora non può vivere sotto il ricatto costante della perdita del posto.
Il terzo SÌ è contro l’abuso dei contratti a termine privi di motivazione. Ogni contratto a termine deve avere una causale chiara, che risponda a un’esigenza reale e temporanea, non a una strategia per mantenere i lavoratori in balia dell’incertezza.
Infine, con il quarto SÌ, colpiamo l’uso distorto della somministrazione di manodopera. Troppe aziende usano agenzie intermediarie per nascondere rapporti di lavoro stabili dietro finte esternalizzazioni, togliendo tutele e alimentando la precarietà.
Votare SÌ, dunque, non è solo un gesto politico: è un atto di responsabilità e solidarietà. È dire che il lavoro deve tornare al centro dell’agenda del Paese. È dire che non ci rassegniamo a un futuro fatto di lavori fragili, vite insicure, diritti sacrificabili.
Lo dobbiamo ai giovani che entrano nel mondo del lavoro oggi. Lo dobbiamo a chi ogni giorno tiene in piedi questo paese. Lo dobbiamo alla memoria di chi ha perso la vita lavorando. l’8 e 9 giugno, io voterò sì. E invito tutte, tutti, a farlo con convinzione. Perché senza diritti non c’è dignità. E senza dignità, non c’è futuro.
Rocco Greco, Sindaco di Roccanova