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domenica, Giugno 15, 2025

Italia, avamposto d’Occidente

Tra missili, sudditanza e attese disilluse uno sguardo amaro sul ruolo geopolitico del nostro Paese, mentre la crisi globale avanza

L’Italia sembra ormai destinata a un ruolo subalterno nello scacchiere internazionale. Da decenni, e con crescente evidenza, il nostro Paese non appare più come attore autonomo nelle decisioni strategiche globali, ma piuttosto come un territorio passivo, utilizzato da altri – Stati Uniti in primis, NATO e Israele compresi – come base avanzata, retrovia logistica, pedina geopolitica.

I numeri e i dati parlano chiaro: basi militari americane disseminate lungo la penisola, armamenti nucleari ospitati nei nostri confini (con quale controllo democratico reale?), missioni congiunte e presenze strategiche che non trovano un reale dibattito pubblico, né un consenso esplicito.

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In questo contesto, l’Italia finisce per assomigliare – per alcuni – a una colonia di fatto, un territorio strategico nel quadrante sud dell’Europa e nel cuore del Mediterraneo, dove si gioca una parte importante delle dinamiche belliche e commerciali del nuovo mondo multipolare.

L’adesione acritica alla NATO, spesso spacciata per necessità di sicurezza, rischia di tradursi in una sudditanza tecnologica e militare che potrebbe impedire qualsiasi autonomia politica autentica.

Nel frattempo, i governi sembrano più impegnati a rassicurare alleati e mercati che a costruire un’agenda di reale sovranità nazionale e a ripensare la nostra collocazione nel mondo.

Eppure, paradossalmente, c’è ancora tanto “bello e buono” di cui godere. Le ricchezze naturali, il patrimonio culturale, la capacità di resilienza e la forza dei territori continuano a offrire appigli per vivere, resistere, sperare.

Ma il quadro generale resta cupo, e non basta la bellezza del paesaggio o la vitalità di alcuni settori per nascondere il senso diffuso di impotenza. L’alternativa ecosocialista, per molti l’unico sbocco razionale in un mondo segnato da crisi climatica, disuguaglianze estreme e collasso sociale, appare ancora lontanissima. Troppo debole il fronte politico che la sostiene, troppo forti le inerzie di un sistema ancora basato su guerra, estrattivismo e profitto.

Forse – come spesso accade nella storia – servirà toccare il fondo per iniziare una vera inversione di rotta. Ma quale sarà questo fondo? Una catastrofe climatica irreversibile? Una guerra nucleare? Una crisi sociale così profonda da spazzare via ciò che resta del patto civile? Non lo sappiamo, ma i segnali non mancano. E più aspettiamo, più il prezzo sarà alto.

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