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sabato, Aprile 19, 2025

La lezione silenziosa delle piante

Tra la pazienza degli alberi e la fretta dell’uomo, si svela il paradosso di un tempo vissuto come nemico e non come alleato

La pazienza delle piante e la fretta dell’uomo rivelano un paradosso nel nostro modo di concepire il tempo. Olivi, cipressi e querce secolari vivono con una pazienza quasi mistica, in contrasto con la fretta e l’ansia che caratterizzano l’esistenza umana, misurata in secondi come se il tempo fosse un nemico da battere.

Le piante seguono un tempo circolare, privo di “spreco”, fatto di trasformazione. Un ulivo non ha fretta di fiorire, un cipresso non ansima per crescere. Le radici cercano acqua senza disperazione, le foglie cadono senza lutto. Di fronte alla siccità, un albero rallenta e aspetta, adattandosi con una lentezza che per noi sarebbe insopportabile. Questa pazienza è adesione totale al necessario, una “intelligenza vegetale” fatta di risposte misurate alle avversità. Le piante non fuggono né combattono, ma si adattano.

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L’uomo, al contrario, ha inventato la fretta, suddividendo il tempo in frammenti sempre più piccoli da riempire. Il nostro è un tempo lineare, proiettato verso traguardi come successo e ricchezza. Paradossalmente, più acceleriamo, più ci sentiamo in ritardo.
La tecnologia, anziché liberarci, ha moltiplicato le nostre impazienze, spingendoci a desiderare risposte immediate e relazioni senza attriti.

La “lentezza” è diventata un lusso, una scelta radicale, mentre la fretta si configura come una violenza interiore. L’ansia nasce dal divario tra ciò che siamo e ciò che crediamo di dover essere, un vuoto sconosciuto al mondo vegetale.

Forse le piante non sono sagge, ma semplicemente coerenti. La loro pazienza ci ricorda che il tempo non è una risorsa scarsa, ma un flusso a cui appartenere. La crescita non può essere forzata, e l’autenticità di un albero, che non mente sulla sua età, è un antidoto alla nostra cultura della performance.

Le foreste, con la loro collaborazione sotterranea tra radici attraverso reti fungine, ci mostrano alternative alla logica del consumo.

Il confronto tra piante e uomini è una provocazione. Accettare di essere meno padroni del tempo e più suoi complici potrebbe rivelare che la fretta è un sintomo della nostra paura di vivere. E le piante, in questo, sono maestre silenziose. Un invito a riflettere sul nostro rapporto col tempo; a imparare dalle piante un approccio più autentico e meno ansioso alla vita, riconoscendo nel tempo non una risorsa da dominare ma un flusso cui appartenere.

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