MCI, l’età che avanza o un problema per la memoria?

Riceviamo e pubblichiamo un contributo dal nostro amico e autore Gianfranco Antognoli che sarà pubblicato sul numero di marzo della sua rivista Leasing Magazine. In questo articolo – dal titolo “I problemi della Memoria: il termine scientifico è “MCI” (Mild Cognitive Impairment)” –  Gianfranco si esprime in veste di Presidente di Arno, associazione per la ricerca neurologica onlus.

Parliamo di un disturbo lieve, molto diffuso che descrive la tendenza a dimenticare le persone e gli oggetti – cioè i loro nomi -. Si tratta di un fenomeno comune, che genera però disagi e preoccupazione, ma non sempre – anzi quasi mai fortunatamente – è predittivo di futuri problemi cognitivi seri.

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Gianfranco Antognoli

Il processo della memoria – leggi il libro “Intervista al cervello” del Prof. Ubaldo Bonuccelli, neurologo e del giornalista Fabrizio Diolaiuti –  più complesso di quello che comunemente si crede, inizia con una informazione sensitiva, la sua codifica e deposito nel nostro cervello sotto forma di memoria a breve termine. Può esserci o meno, poi, anche il trasferimento nella memoria “a lungo termine” in altre aree del cervello che può essere immediato o postdatato nel tempo…

Nel processo di memorizzazione, peraltro complicato, per noi non addetti ai lavori, la “ripetizione” sensoriale fissa ulteriormente, cioè consolida il ricordo percepito che poi il nostro cervello “richiama” al momento del bisogno…

Se un elemento non viene richiamato tende ad essere ovviamente dimenticato. Il disturbo “funzionale” della nostra memoria è uno stato psicologico in cui non siamo contenti della nostra facoltà di ricordare, ma non è fortunatamente un vero e proprio disturbo cognitivo celebrale.

Una vignetta di Pietro Vanessi, docente all’Istituto Europeo di Design

Questo atteggiamento autocritico è maggiormente presente in soggetti “perfezionisti” caratterialmente, mentre la dimenticanza non è certo un difetto di cui dobbiamo preoccuparci troppo.

Dove abbiamo lasciato le chiavi? Un foglio? Una pratica? Un certificato? Il segreto, ci insegnano, è cercare di visualizzare l’oggetto fisico che si cerca nel momento in cui lo abbiamo usato o “sistemato” l’ultima volta.

Per dare un giudizio statistico quantitativo, il 15% degli over 70, come me, ha un deterioramento cognitivo lieve, ma certamente evidente e purtroppo il 60% delle persone con deterioramento cognitivo soffre di depressione – forse per la diminuzione di autostima? -.L’esperienza comune ci dice che, normalmente passati i 60 anni, la nostra memoria comincia a “perdere colpi”; in realtà’ credo di avere personalmente vissuto questo problema già da prima… diciamo forse dopo i miei primi 50 anni… Nascono quindi preoccupazioni e imbarazzi più o meno evidenti, ma per nostra fortuna non esiste una relazione certa fra dimenticanze della nostra memoria dovuti all’avanzare degli anni e seri disturbi cognitivi – ovviamente per avere una diagnosi bisogna andare da un bravo neurologo -. In genere si tratta appunto di “MCI”, disturbo cognitivo lieve che non è certo una malattia cerebrale.

Mitico film di Totò per la regia di Sergio Corbucci

Un medico specialista per fugare ogni dubbio può disporre accertamenti con specifici test neurologici e psicologici. Ci si deve, credo, preoccupare solo quando si hanno effettivi veri e propri impedimenti funzionali nelle comuni attività quotidiane.

C’è da dire che dopo una visita e esami che escludono complicazioni, la situazione personale di solito migliora molto e questo conferma empiricamente che il decadimento cognitivo era in effetti lieve e non certamente preoccupante per la nostra salute mentale e fisica. Una visita oltre che rassicurante comunque, in caso di effettiva necessità, è importante per porre in essere “programmi di prevenzione” atti a non far precipitare le nostre facoltà cognitive.

Il disturbo, concludendo, può anche risultare non definitivo: la metà circa delle persone alle quali viene diagnosticato il “MCI” poi alla successiva visita non viene più rilevato – e può darsi che la rassicurazione funzioni anche come un vero e proprio ‘placebo’ psicologico… – . Va ricordato anche che il rischio di soffrire di “MCI” ha anche, come credo tutte le malattie, una base genetica e che il rischio è inferiore in chi ha fatto e coltivato studi, ha avuto maggior tempo per attività ludiche e ricreative e può contare su un buon tenore di vita economico e non solo.

La qualità della vita dunque insieme ad un buon esercizio della memoria: il nostro cervello in buona sostanza funziona come un muscolo che deve rimanere in costante allenamento per migliorare le sue prestazioni. Quindi bisogna vincere gli imbarazzi e anche utilizzare “piccoli trucchi” che si trovano in qualsiasi pubblicazione seria sulla memoria ed il suo funzionamento: creando per esemplificare collegamenti “rafforzativi” che ci aiutino a ricordare un oggetto e una persona  anche collocando quello che – oggetto o persona – vogliamo ricordare in un quadro visivo, meglio ancora se piacevole, perché la nostra memoria “visiva” e sicuramente più forte per non dimenticare.

Gianfranco Antognoli, presidente di Arno, associazione per la ricerca neurologica onlus

(Le immagini sono state prese da foto pubbliche di Facebook. In copertina “Le Penseur” di Auguste Rodin al Musèee Rodin di Parigi)

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