Doppio snodo elettorale, a poche settimane dai referendum su lavoro e cittadinanza e a sei mesi dal voto in sei Regioni, il centrodestra conferma il vantaggio nei sondaggi. L’opposizione resta divisa, ma rilancia sui temi sociali
A cavallo tra primavera e autunno, l’Italia attraverserà un passaggio politico potenzialmente decisivo. Il governo guidato da Giorgia Meloni si presenta all’appuntamento di giugno con un largo consenso consolidato: l’ultimo sondaggio SWG per La7 conferma Fratelli d’Italia al 30,3%, con l’intera coalizione di centrodestra che supera il 48% delle intenzioni di voto. Il Partito Democratico resta fermo al 22%, il Movimento 5 Stelle cala al 12,4%. I partiti del cosiddetto “campo largo” – da AVS a Calenda e Renzi – non riescono a risalire la china: tutti insieme, si fermerebbero al 48,4%, ancora sotto la soglia della maggioranza. Se fossero davvero una coalizione potrebbero insidiare il centrodestra.
La fotografia statistica arriva a ridosso di un primo banco di prova: i cinque referendum abrogativi in programma per l’8 e 9 giugno, promossi in gran parte dalla CGIL. I temi toccano nervi scoperti del sistema economico-sociale italiano: licenziamenti, contratti a termine, responsabilità solidale negli appalti e tempi per l’ottenimento della cittadinanza. Nonostante l’alto potenziale simbolico, la soglia del quorum – aggravata da una crescente disaffezione elettorale – resta una montagna da scalare.
Le posizioni politiche sono nette. La maggioranza di governo ha preso le distanze dai quesiti, con l’esecutivo che accusa i promotori di voler irrigidire un mercato del lavoro che – a detta di Meloni – sta dando segnali di ripresa. Istat ha infatti registrato 24,2 milioni di occupati a gennaio, con un tasso del 62,8%. La presidente del Consiglio ha ribadito che l’introduzione di un salario minimo legale sarebbe inutile o persino dannosa, dato che “la stragrande maggioranza dei lavoratori è già coperta da contratti collettivi”.
Partito Democratico (PD): sostiene il “Sì” almeno sui quesiti legati alla tutela del lavoro e ai contratti a termine. È favorevole anche alla riforma sulla cittadinanza. Schlein ha espresso appoggio alla campagna referendaria in più occasioni.
La segretaria del PD, cita i dati Eurostat: il 9% dei lavoratori a tempo pieno è comunque povero, con punte drammatiche nel Sud e tra i giovani. In Italia, il salario medio è calato del 3% negli ultimi trent’anni, mentre in Francia e Germania è cresciuto di oltre il 30%. “Serve un cambio di rotta – ha dichiarato – non solo per giustizia sociale, ma per rilanciare la domanda interna. Salario minimo e rinnovo dei contratti vanno sbloccati”.
Movimento 5 Stelle (M5S): schierato per il “Sì” su tutti i quesiti. Giuseppe Conte ha parlato di un’occasione per “riparare gli errori del Jobs Act e rafforzare i diritti dei lavoratori”.
Alleanza Verdi-Sinistra (AVS): fortemente favorevole. Ha partecipato attivamente alla raccolta firme insieme alla CGIL.
Azione: posizione prudente. Pur condividendo alcune critiche sul lavoro povero, Carlo Calenda ha espresso dubbi sull’utilità dello strumento referendario per affrontare temi così complessi. L’orientamento prevalente è per l’astensione o il “No”.
Italia Viva: simile ad Azione. Matteo Renzi ha definito i quesiti “strumenti ideologici”, rivendicando il Jobs Act e criticando la CGIL. Il partito non invita al voto.
+Europa: favorevole solo al quesito sulla cittadinanza, critica verso gli altri. Ha evidenziato il rischio di “produrre incertezza nel mercato del lavoro”.
Insomma, vedremo gli esiti che il risultato dei referendum avranno sul quadro politici.
Il vero test politico sarà però in autunno, con le elezioni regionali in sei regioni chiave: Toscana, Veneto, Campania, Valle d’Aosta, Marche, Puglia. Qui si misureranno, su scala locale, la capacità del centrodestra di confermare la presa sui territori e quella delle opposizioni di costruire alleanze credibili.
In Veneto, Luca Zaia, presidente uscente della Lega, non potrà candidarsi per un terzo mandato a causa del limite imposto dalla legge. Nonostante ciò, Zaia rimane una figura centrale nella politica veneta, con un alto indice di gradimento. Un sondaggio indica che una lista civica guidata da Zaia, insieme alla Lega, potrebbe ottenere il 35% dei voti, superando sia il centrosinistra (29,5%) sia una coalizione di Fratelli d’Italia e Forza Italia (16%). La coalizione di centrodestra sta valutando diversi candidati per la successione, mentre il centrosinistra non ha ancora annunciato ufficialmente il proprio candidato.
In Toscana, il presidente uscente Eugenio Giani (PD) gode di un ampio consenso. Un sondaggio indica che Giani è al 51% delle intenzioni di voto, che salirebbero al 55% in caso di alleanza con il M5S. Il principale sfidante del centrodestra, Alessandro Tomasi, si attesterebbe al 40%. Il centrodestra non ha ancora definito un candidato unico, con diversi nomi in circolazione, tra cui quelli di Deborah Bergamini e Marco Stella di Forza Italia.
In Campania, Vincenzo De Luca (PD) non potrà ricandidarsi per un terzo mandato a causa di una sentenza della Corte Costituzionale. Il PD sta considerando la candidatura di Roberto Fico (M5S) per una coalizione ampia sul modello di quella del Comune di Napoli. Tuttavia, De Luca sembra voler mantenere un ruolo attivo, ipotizzando una candidatura al Consiglio Regionale con una lista civica. Nel centrodestra, nonostante la mancanza di un candidato ufficiale, ci sono discussioni interne e alcuni esponenti vorrebbero un rinvio delle elezioni.
In Puglia, il presidente uscente Michele Emiliano (PD) non potrà ricandidarsi. Antonio Decaro, sindaco di Bari, è considerato il favorito per la candidatura del centrosinistra. Un sondaggio indica che Decaro ha un forte consenso, superando sia Emiliano sia il vicepresidente M5S Turco. Il centrodestra non ha ancora annunciato ufficialmente il proprio candidato, ma si parla di Raffaele Fitto (FdI) come possibile sfidante. Le elezioni potrebbero slittare a febbraio 2026, ma non ci sono conferme ufficiali al riguardo.
Nelle Marche, il presidente uscente Francesco Acquaroli (FdI) è in vantaggio nei sondaggi, con oltre il 50% delle intenzioni di voto. Il centrosinistra sta valutando la candidatura di Matteo Ricci, ex sindaco di Pesaro, che dovrebbe annunciare ufficialmente la sua discesa in campo a breve. Il Movimento 5 Stelle non ha ancora annunciato un candidato ufficiale, ma si prevede che possa ottenere circa l’11% dei voti.
La Valle d’Aosta è caratterizzata da una politica locale frammentata, con una forte presenza di partiti autonomisti. Attualmente, la regione è governata da una coalizione di centrosinistra. Le elezioni potrebbero vedere una competizione serrata tra autonomisti e partiti nazionali, ma al momento non ci sono sondaggi disponibili per valutare le intenzioni di voto.
Nel frattempo, un dato resta sullo sfondo: il 31% degli elettori si dichiara ancora incerto o non intenzionato a votare. Un’area fluida che potrebbe essere determinante sia nei referendum di giugno – dove il quorum è decisivo – sia alle urne d’autunno. La campagna elettorale è già iniziata. Ma è ancora tutta da scrivere.