31.4 C
Siena
martedì, Luglio 15, 2025

Toscana, è tempo di decisioni tra Giani e Schlein

L’incontro del 14 luglio e la costruzione – tardiva? – di un equilibrio tra centro e territori, tra campo largo e leadership regionali

L’incontro tra Eugenio Giani ed Elly Schlein, avvenuto ieri 14 luglio, ha finalmente portato alla luce un confronto che sarebbe stato utile e necessario almeno un anno fa.

L’impressione condivisa, anche tra chi ha seguito con discrezione la dinamica interna al Partito Democratico toscano, è che si sia preferito rimandare finché è stato possibile. Un rinvio dettato più dalla volontà di non forzare equilibri delicati — tra la segreteria nazionale e le leadership regionali, tra i sostenitori della conferma di Giani e coloro che avrebbero voluto un nome diverso — che da una strategia vera e propria. Ma il tempo, in politica, raramente è neutro. Il rischio, ora evidente, è quello di trovarsi a pochi mesi dalle elezioni con un terreno ancora scivoloso e una coalizione che ha più bisogno di ricucire che di correre.

- Advertisement -

Le diverse letture dell’incontro riflettono due anime interne al PD. Da un lato chi sostiene il Giani bis e ha interpretato il faccia a faccia come il via libera atteso, purché il percorso venga gestito insieme al partito. Dall’altro chi si riconosce più direttamente nella segreteria nazionale e ha letto nel gesto del presidente — che ha accettato il confronto e riconosciuto il ruolo decisionale del partito — un atto di distensione, utile a costruire un’intesa politica che non appaia come imposizione. Ma, al di là delle interpretazioni, emerge un dato: è probabile che si arrivi alla ricandidatura di Giani, in un quadro però che impone un’intesa più ampia, soprattutto con il Movimento 5 Stelle. L’ipotesi che circola con sempre maggiore insistenza è quella di un accordo che preveda un ruolo visibile per i 5 Stelle nella futura giunta, forse addirittura la vicepresidenza. Un modo per tenere insieme la coalizione, formalizzare un embrione di campo largo e soprattutto rafforzare la legittimità politica della scelta.

È qui che la Toscana incrocia i giochi politici nazionali. Perché, paradossalmente, il PD ha meno bisogno del M5S in Toscana di quanto non ne abbia in Campania. Nella nostra regione il PD resta ancora il perno del sistema politico, e Giani è una figura forte, trasversale, che può contare su una rete consolidata di amministratori e consenso diffuso. Il Movimento 5 Stelle, al contrario, è debole, senza figure trainanti né presenza significativa nei territori. L’accordo con loro, più che una necessità numerica, diventa così una questione simbolica, un passaggio politico utile a dare coerenza alla linea della segreteria nazionale. In Campania invece la situazione è ribaltata: il PD è spaccato tra l’area deluchiana e la linea Schlein, e il M5S ha un peso molto più rilevante. Lì, il campo largo non è un’opzione strategica ma l’unico modo per rimanere competitivi. In questo senso la Toscana diventa quasi una “vetrina”, un laboratorio da offrire come modello nazionale — magari per compensare, con una candidatura civica o un vicepresidente grillino, il mantenimento del Giani bis.

Si delinea così una contraddizione di fondo. Chi oggi nel PD toscano si oppone a Giani in nome della collegialità, della condivisione e della centralità del partito, finisce per portare in campo, spesso calandole dall’alto, le decisioni di Roma e interessi che poco hanno a che vedere con le dinamiche territoriali. Una centralizzazione mascherata da partecipazione, che rischia di essere poco comprensibile per chi lavora davvero nei territori e si aspetta scelte chiare, fondate sulla concretezza e non sulla tattica. È questo paradosso a creare un disagio trasversale: anche chi non si riconosce nella proposta di Giani, fatica ad accettare logiche che sembrano dettate da equilibri interni nazionali più che da un reale confronto sul futuro della Toscana.

Se c’è un errore politico evidente, è aver lasciato che tutto ciò maturasse senza affrontarlo per tempo. L’incontro tra Giani e Schlein sarebbe potuto avvenire molti mesi fa, in un contesto meno affannato, con più spazio per costruire davvero una proposta condivisa. Così non è stato, e oggi ci si ritrova a gestire una sintesi che ha il sapore del compromesso più che del progetto. Ma la politica non è fatta solo di nomi: è fatta di direzioni. E la sfida, per il PD, non è solo decidere chi guiderà la coalizione, ma come e con chi costruire un orizzonte di governo credibile, radicato, e capace di parlare a tutta la Toscana.

Related Articles

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

ULTIMI ARTICOLI