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mercoledì, Aprile 2, 2025

Una mattina con Caravaggio

Quando l’arte cruda e luminosa ti cattura a Palazzo Barberini di Roma

A Roma dal giorno prima per altri motivi, con amici. Qualcuno per la mattina successiva, aveva proposto “Andiamo a Palazzo Barberini a vedere Caravaggio.” Nessuna obiezione. Registro, ma senza pensare a cosa avrei visto, andava bene così.

Il palazzo è imponente, con un grande scalone che già da solo meriterebbe attenzione. Entriamo nelle sale della mostra, illuminate in modo che ogni dipinto emerga dal buio. Il primo che mi colpisce è Giuditta e Oloferne.

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Mi avvicino. L’ho già visto da qualche parte, ma dal vivo è tutta un’altra cosa: Giuditta impugna la spada con un’espressione che non riesco a decifrare, il sangue scorre in rivoli densi. Il volto di Oloferne è un misto di dolore e stupore. Il modo in cui la luce lo colpisce fa sembrare tutto più reale.

Proseguo. I bari mi incuriosisce: tre uomini, due complici, un inganno in corso. Sembra un fermo immagine di qualcosa che sta per succedere. Poi vedo San Giovanni Battista, giovane, quasi malinconico, lontano dall’iconografia solenne che potremmo aspettarci.

Mentre cammino tra i dipinti, mi torna in mente Malta. Anni fa, nella Concattedrale di San Giovanni, mi ero fermato davanti a La decollazione di San Giovanni Battista e mi aveva impressionato. Ricordo le dimensioni enormi, il sangue che si allargava sul pavimento, la crudezza della scena. Era un quadro che non lasciava indifferenti. Ora, davanti a queste altre opere, ritrovo quella stessa intensità, quello stesso modo di rendere ogni scena quasi tangibile.

Esco senza grandi riflessioni, ma con la sensazione di aver visto qualcosa che resta. Caravaggio non dipingeva immagini perfette, ma momenti che sembrano vivi, con una luce che li rende ancora più veri.

Forse è questo il motivo per cui, anche senza aspettarmelo, mi sono trovato a guardare ogni quadro più a lungo del previsto.

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