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sabato, Luglio 5, 2025

A Prato si gioca la partita più difficile: evitare il fallimento e ripartire dai tifosi

Mentre il club rischia di non iscriversi alla Serie D, la città si interroga su nuovi modelli di partecipazione: dalla crisi dell’identità calcistica all’idea di un club condiviso

A Prato si respira un’aria densa di preoccupazione ma anche di determinazione. Sul tavolo c’è un rischio concreto: quello che la squadra della città non riesca a iscriversi al prossimo campionato di Serie D. Una prospettiva che non è solo sportiva, ma profondamente culturale, identitaria, sociale. Lo ha detto con forza Massimo Taiti, intervenuto all’iniziativa “Tifosi e club: Percorsi di partecipazione e responsabilità condivisa” tenutasi oggi: “Questa città non ha mai subito l’affronto di un fallimento, ma oggi dobbiamo cercare un’alternativa concreta a questa minaccia”.

Una “tempesta perfetta”, la definisce Taiti, causata non solo da problemi gestionali o finanziari, ma anche da un vuoto politico e da una perdita di attenzione collettiva per ciò che il calcio può rappresentare. In effetti, la crisi non è solo del Prato Calcio: è del modello stesso di sport professionistico, sempre più distaccato dalle comunità locali e dai suoi tifosi storici. Come ha detto con parole forti il presidente del consiglio comunale: “Abbiamo l’impressione che il calcio, così com’è oggi, non ci sia mai stato”. Eppure, nonostante tutto, la passione non è svanita: si moltiplicano manifestazioni per la trasparenza, il settore giovanile resiste, la Curva continua a chiedere rispetto per i colori e lo stadio reclama dignità.

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L’incontro ha messo in campo una prospettiva diversa, forse radicale per il panorama italiano, ma ormai consolidata in molte esperienze europee: quella della partecipazione attiva dei tifosi alla gestione e alla proprietà del club. È stato presentato un documento fondamentale, elaborato da Supporters in Campo (SinC), rete nazionale che promuove modelli di governance sostenibile nel calcio, ispirandosi a realtà già operative in Germania, Regno Unito e Spagna. L’idea è chiara: riportare i tifosi al centro, non solo come pubblico pagante o “clienti”, ma come soggetti partecipi, corresponsabili, co-proprietari.

Il documento traccia modelli alternativi: dall’associazionismo puro, alla “Community Ownership”, alle cooperative di tifosi. L’esperienza tedesca, con il principio del “50+1” che garantisce la maggioranza dei diritti di voto ai tifosi (Bayern Monaco su tutti), o quella inglese dei “Supporters’ Trust” e delle “Community Benefit Society” che gestiscono direttamente decine di club, fino ai casi emblematici di Barcellona, Real Madrid o Athletic Bilbao in Spagna, che sono rimasti club a partecipazione diffusa e democratica.

Ci sono anche esperienze più piccole, ma significative: dall’AFC Wimbledon, rinato grazie al Dons Trust, al FC United of Manchester, fondato dai tifosi in rottura con le logiche del calcio-business. In Scozia, Motherwell e St. Mirren sono esempi di come si possa salvare una squadra rendendola patrimonio della comunità.

Per Prato, potrebbe essere un punto di ripartenza. Paolo Mangini, presidente del Comitato regionale toscano della LND, ha ricordato come anche in Toscana si siano vissuti drammi sportivi legati a gestioni fallimentari: “Oggi più che mai serve una gestione sostenibile, trasparente, e aperta alla comunità”.

Non si tratta di utopia. Si tratta di prendere in mano il futuro del calcio cittadino prima che sia troppo tardi. Di costruire un modello nuovo, in cui i tifosi non siano spettatori passivi, ma azionisti del cuore e della ragione. La posta in gioco non è solo una categoria o uno stadio: è l’orgoglio pratese, la memoria collettiva, la possibilità di ritrovare un’identità condivisa. Anche nel calcio.

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