7.9 C
Siena
martedì, Aprile 1, 2025

Baja California, incontro ravvicinato coi giganti del mare

Dopo giorni di viaggio nel deserto della Baja, dove l’asfalto si perde all’orizzonte e i cactus vigilano come guardiani immobili, sono finalmente arrivato a San Ignacio. Un’oasi vera e propria: palme rigogliose, un piccolo lago che sembra un miraggio e, al centro del villaggio, la storica Missione fondata dai Gesuiti e completata dai Domenicani. Le mura di pietra nera raccontano un passato carico di fascino e spiritualità, mentre la piazza antistante vive di una quotidianità semplice e genuina.

Qui, a pochi chilometri da una baia sperduta, va in scena uno degli spettacoli più intensi che la natura possa offrire: l’incontro con le balene grigie, che arrivano ogni anno per riprodursi e partorire, dopo aver percorso fino a 20.000 chilometri in una delle migrazioni più lunghe del regno animale.

- Advertisement -

Strade solitarie e piccole comunità: la Baja che non ti aspetti

Partito di buon mattino da Guerrero Negro, ho affrontato la nebbia che nascondeva il solito deserto brullo, qui quasi lunare. Le saline abbaglianti e il vento salmastro hanno lasciato presto spazio a distese ondulate, strade semideserte e villaggi sperduti, dove incontrare qualcuno è un evento raro. È così che ti fermi a scattare foto senza rischiare di bloccare la carreggiata: i camion passano lenti come pachidermi, e tra uno e l’altro può passare mezz’ora di silenzio totale.

Viaggiare in Baja significa adeguarsi a ritmi diversi: se si rompe qualcosa – perfino il filo della frizione di una moto – possono servire giorni per trovare i pezzi di ricambio. Ma questa lentezza è parte del fascino, che ti obbliga a notare dettagli altrimenti invisibili: un cartello sbiadito, un “benzinaio” improvvisato che vende combustibile in taniche, un militare che ti ferma ai posti di blocco con la bandana sul volto. Ogni cosa racconta una storia di resistenza e vita essenziale.

San Ignacio: oasi di palme e storia antica

La svolta arriva quando, dopo infiniti rettilinei, compare un filare di palme in lontananza. Qui l’acqua è un bene prezioso: un piccolo specchio lacustre trasforma l’ambiente in un palmeto rigoglioso popolato di anatre. Al centro sorge la Missione, gioiello di architettura barocca coloniale, costruita in pietra lavica che le dona un’austerità magnetica.

Fondata dai Gesuiti e completata dai Domenicani, la Missione di San Ignacio custodisce la storia dell’evangelizzazione della Baja. Oggi è un luogo di raccoglimento, ma anche di incontro: la piazza antistante è animata da bancarelle e chiacchiere, e bastano pochi passi per immergersi in un silenzio quasi irreale.

Verso la Baia delle balene: campo spartano nel regno della natura

Il vero motivo per cui tanti viaggiatori arrivano fin qui è a una sessantina di chilometri a ovest, sull’Oceano Pacifico, che si insinua in una laguna incantata. Per tre mesi all’anno questa baia si riempie di balene grigie, che trovano in queste acque un rifugio tranquillo per accoppiarsi e far nascere i cuccioli.

Per raggiungere il campo base si percorre uno sterrato che può essere più o meno agevole a seconda del clima: se nebbia o salsedine hanno reso il terreno scivoloso, si avanza con prudenza. Il campo è composto da piccole baracche di legno, illuminate da pannelli solari e con un uso molto parsimonioso dell’acqua. La doccia si fa all’aperto, mescolando acqua calda e fredda in un secchio e versandosela addosso con una brocca: un ritorno alla semplicità che insegna il rispetto delle risorse.

Primo incontro: lo stupore di una presenza antica

La prima uscita in barca avviene già nel pomeriggio dell’arrivo. Sali su una piccola “panga” – barca in vetroresina tipica dei pescatori locali – insieme a una biologa marina. Il mare è calmo, il vento leggero. All’improvviso, una colonna di vapore si alza dall’acqua: è lo sbuffo di una balena grigia. Poco dopo, un dorso scuro e tondeggiante emerge, seguito da un piccolo, e una coda possente scompare tra le onde.

L’incredulità si trasforma in pura gioia quando una di loro affiora in verticale, mostrano la testa, come se volesse guardarci. Alcuni restano in silenzio, altri piangono di emozione. In un attimo, la stanchezza del viaggio e i pensieri pesanti svaniscono, lasciando spazio a un senso di gratitudine infinita.

La leggenda di Paco e il contatto ravvicinato

Un racconto diffuso tra i pescatori di San Ignacio parla di Paco, un anziano che negli anni Sessanta smise di scacciare una balena troppo vicina alla barca. Invece di battere sul legno per spaventarla, la accarezzò sul dorso. Da allora, pare che le balene abbiano capito di non dover temere l’uomo qui, spingendosi sempre più vicine alle barche. Le madri insegnano ai cuccioli a fidarsi, arrivando persino a “presentarli” ai turisti per un contatto che regala gioia e meraviglia.

Questa familiarità si percepisce quando gli animali si avvicinano con delicatezza per farsi toccare il muso, o emergono con giravolte allegre. È un rapporto di fiducia che i pescatori custodiscono con regole precise: poche barche contemporaneamente, velocità bassissima, nessun rumore invadente.

L’importanza di un santuario: tra protezione e minacce

La Baia di San Ignacio è un santuario protetto, con guardie ecologiche e biologi che monitorano costantemente le balene, affinché l’impatto umano sia minimo. Alcune aree sono del tutto interdette, soprattutto dove avvengono parti e allattamento.

Eppure, le minacce non sono sparite. Un tempo la caccia aveva decimato la specie; ora l’inquinamento, le microplastiche e il cambiamento climatico mettono a rischio la loro riproduzione. Ogni anno il numero di madri sembra calare, un allarme che tocca profondamente gli abitanti. “Abbiamo smesso di ucciderle con gli arpioni, ma continuiamo a farlo in modi più subdoli”, dice chi vive di pesca e whale watching, fieramente deciso a difendere un patrimonio di tutta l’umanità.

Tre giorni di avventura: uscite in mare e silenzi notturni

In tre giorni, la routine diventa semplice: sveglia all’alba, una veloce sistemata alla baracca, poi l’uscita in barca. Quando il sole è ancora basso, le balene grigie si muovono in un silenzio profondo, insegnando ai cuccioli a nuotare e a interagire con l’uomo. Nel pomeriggio, se il meteo lo consente, si torna in mare, spesso anche per il birdwatching: pellicani, cormorani e migliaia di uccelli che fanno tappa qui prima di ripartire per altre rotte migratorie. Al tramonto, l’acqua si tinge di arancio, e al rientro si cena con il pesce fresco portato dai pescatori. Poi tutti a letto presto, complice l’aria salmastra e la totale assenza di rumori urbani.

La vita dei pescatori e l’anima della Baia

La comunità locale vive in equilibrio tra pesca e turismo sostenibile. Per alcuni mesi l’anno, la baia si trasforma in un palcoscenico dove le balene sono protagoniste assolute, attirando visitatori da ogni dove. Per il resto dell’anno, i pescatori proseguono la loro vita in mare aperto, proteggendo queste acque dai pericoli di uno sviluppo sregolato.

La consapevolezza è profonda, come testimonia Antonio, uno dei veterani della riserva. Racconta delle piccole case che un tempo sorgevano sulle lingue di sabbia, ora sommerse dall’innalzamento del mare, e del periodo in cui le balene venivano cacciate senza pietà. Con un velo di tristezza, si chiede se la natura sarà mai davvero al sicuro, finché l’uomo continuerà a inquinare anche i luoghi più remoti.

Il fascino eterno della Baja

Dopo tre giorni di whale watching, la partenza da San Ignacio è un piccolo strappo al cuore. Accarezzare il dorso di una balena grigia, vederne il cucciolo gironzolare curioso intorno alla barca, e poi osservare quel colossale mammifero scomparire nelle acque dell’oceano è un’esperienza che resterà indelebile nella memoria. È la dimostrazione vivente che la natura, anche ferita, conserva una forza straordinaria e una capacità di perdonare e stupire.

Proseguendo il viaggio verso sud, la Baja continua a riservare sorprese: distese di cactus giganti, panorami vulcanici, coste selvagge e villaggi che vivono di mare. Ma il ricordo di San Ignacio resterà sempre il simbolo di un Messico profondo, dove l’incontro tra l’uomo e l’animale si fa palpabile, e dove l’armonia tra popoli, tradizioni e natura sembra a portata di mano.

È qui che si intuisce che l’avventura è una somma di emozioni, incontri e riflessioni: un viaggio che ci mette in discussione e ci insegna quanto può essere fragile e al tempo stesso meravigliosa la vita sul pianeta che abitiamo. E soprattutto, che anche un piccolo gesto—come una carezza data a una balena – può innescare un cambiamento grande, dentro e fuori di noi.

IL viaggio continua… alla prossima puntata

Consigli pratici per chi vuole visitare San Ignacio

  • Alloggio e campo base: preparatevi a un soggiorno spartano ma autentico. L’elettricità e l’acqua calda sono limitate, ma la semplicità è parte del fascino (io ho alloggiato da Antonio’s Ecotour).
  • Uscite in barca: preferite i piccoli tour gestiti dai pescatori locali, che rispettano le regole del santuario. La stagione del whale watching (gennaio-marzo) va prenotata con largo anticipo.
  • Equipaggiamento: portate vestiti caldi (le mattine possono essere umide e fredde), un cappello per il sole, crema solare e una macchina fotografica con un buon zoom, anche se spesso le balene si avvicinano tanto da non averne bisogno.
  • Missione di San Ignacio: ritagliatevi un paio d’ore per visitarla. È un gioiello storico che testimonia la presenza dei Gesuiti prima e dei Domenicani poi.
  • Rispetto dell’ambiente: la baia è un ecosistema fragile. Evitate di lasciare rifiuti, di fare rumori inutili e di toccare gli animali se non sono loro a “cercare” il contatto.

(2 – continua)

Related Articles

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

ULTIMI ARTICOLI