Per #andataeritorno ecco il racconto di cinquemila chilometri all’estremo nord ovest del Messico
Oggi e nelle prossime settimane qui su Siena Post vi racconterò del mio viaggio in Baja California, cercando di darvi indicazioni più precise se mai qualcuno di voi volesse ripetere l’avventura.
Ho passato un mese in Baja, scrivendo giorno per giorno e cercando di raccontare le emozioni che provavo, spesso tralasciando il lato pratico delle tappe. Oggi cercherò di rimettere ordine: vi elencherò ciò che è imperdibile, così che chiunque ami un pizzico l’avventura possa seguire questo itinerario – con qualunque mezzo, non per forza in moto.
All’inizio è stato uno strano viaggio, con ben tre “mattine” in un solo giorno: un’alba italiana, una seconda in aereo sull’oceano e infine una terza, quando ho messo piede nella luce di Los Angeles.
Jet lag, controlli doganali e il timore del bagaglio disperso (che ho sempre quando intraprendo questi viaggi) si sono dissolti all’improvviso a Long Beach, di fronte a un tramonto che mischiava famiglie appena uscite dall’acqua, pattinatori sulle passerelle e senzatetto che si organizzavano per la notte. Mentre li osservavo, ho capito che la vera avventura era già cominciata.


Los Angeles-Julian: tra modernità e Far West
La mattina successiva ho voluto scoprire Los Angeles e ci sono andato in metro, cercando di muovermi come un abitante del posto. Ho faticato con i distributori automatici di biglietti, poi sono salito su un vagone affollato di pendolari assonnati. Quando sono riemerso all’aria aperta, il riflesso d’acciaio della Walt Disney Concert Hall di Frank Gehry mi ha quasi accecato: un ventaglio futuristico che brilla nel sole californiano. Fra un salto veloce al museo The Broad e una sosta a Little Tokyo, ho colto uno scorcio della città prima di tornare a Long Beach per riprendermi. Il jet lag è arrivato come un pugno allo stomaco e sono crollato sul letto, credo di aver dormito dodici ore di fila. Solo alle nove del mattino successivo, in un’officina di Long Beach, ho finalmente ritrovato la “mia” moto, compagna di viaggio pronta a macinare chilometri con me.
Mi sono avviato sulla Highway 79, attraversando paesaggi da road movie: ranch sterminati, querce maestose, massi di granito forgiati dal tempo. Qui, la cosiddetta “America rurale” fa da cornice a Julian, un borgo nato durante la corsa all’oro di fine Ottocento e poi celebre per le sue mele e la classica Apple Pie. Passeggiare tra le facciate in legno e i portici rialzati è come fare un tuffo nel Far West, dove ogni angolo racconta storie di minatori, cercatori di fortuna e famiglie che hanno messo radici in queste terre.
Tecate: il confine e l’ingresso in Messico
Dopo la sosta a Julian, sono andato dritto alla frontiera di Tecate, scelta per evitare la confusione di Tijuana. In pochi minuti e con qualche formalità, mi sono ritrovato immerso in un altro mondo: auto vissute, colori accesi, strade più strette e quell’atmosfera tipicamente messicana che ti avvolge con un sorriso e un “bienvenido”.
La prima vera tappa nel Paese è stata Ensenada, dove sono arrivato al quarto giorno di viaggio. Il suo Mercado Negro pullula di banchi ricolmi di pesce fresco e specialità di mare; fuori, il lungomare è un susseguirsi di musicisti, venditori e chioschi di street food. Non ho resistito a una sosta all’Hussong’s Cantina, aperta a fine Ottocento, che si contende addirittura l’invenzione del margarita. Subito fuori città, la Valle de Guadalupe racconta l’eredità dei missionari gesuiti del XVIII secolo, che introdussero la viticoltura in queste terre aride, dando vita a uno dei principali poli vinicoli del Messico. Poco oltre c’è La Bufadora, un “geyser” marino che spara in aria spruzzi potenti, accompagnati da un boato che si mescola al ritmo delle onde.




Verso San Quintín e La Lobera: la Baja selvaggia
Proseguendo verso San Quintín, la Baja ha mostrato il suo volto più selvaggio: rettilinei infiniti nel deserto, punteggiato qua e là da piccoli villaggi di pescatori, dove il tempo sembra essersi fermato. Mai avrei pensato di trovare campi di fragole in un ambiente così arido, eppure questo contrasto testimonia la tenacia di chi coltiva la terra in condizioni spesso ostili.
A un certo punto ho imboccato uno sterrato per raggiungere La Lobera, un cratere marino formatosi dal crollo di una grotta. In fondo, un anfiteatro naturale ospita una colonia di leoni marini: ti affacci sull’orlo di queste rocce a picco sull’oceano e li vedi sonnecchiare e brontolare, cullati dal moto delle onde. Un luogo puro, senza guardiani né cancelli: solo tu e la natura.
Reserva Punta Mazo: coni vulcanici e ostriche fresche
Il giorno seguente mi sono spinto ancora più a sud, verso la Reserva Natural Punta Mazo, un ecosistema unico dove antichi coni vulcanici emergono tra sabbia e arbusti desertici. La terra qui racconta la sua storia geologica attraverso versanti di cenere solidificata e massi di lava. Sulla costa, i pescatori ti offrono ostriche appena raccolte, da gustare con lime e salsa piccante: un lusso semplice che porta il sapore del mare direttamente sul palato.




Cataviñá: cactus giganti e un “benzinaio” artigianale
Non sono mancati gli imprevisti: un dito tagliato e “rattoppato” con nastro americano, un problema di frizione risolto con un po’ di ingegno. A Cataviñá, tra cactus giganti e straordinarie formazioni rocciose scolpite dal tempo, ho trovato l’unico distributore di benzina nel raggio di trecento chilometri, gestito da un “gasolinero informal” che vende carburante in taniche da due o cinque galloni. Qui la gente sorride facilmente e chiacchiera volentieri, come se tutto scorresse in un tempo rallentato.
Guerrero Negro: saline, vento e Dunas de Soledad
La tappa del nono giorno è servita anche per farsi dare qualche punto di sutura alla mano, ma la deviazione verso Guerrero Negro ha ripagato con vere meraviglie. La città deve il suo nome a una vecchia baleniera (“Black Warrior”) naufragata in zona. Dopo il pronto soccorso, sono andato a visitare le sue immense saline, tra le più grandi al mondo, create grazie al clima secco e al sole implacabile: un luogo in cui l’orizzonte diventa di un bianco abbagliante. Poco fuori dall’abitato, le Dunas de Soledad offrono un deserto di sabbia bianchissima che fa da contrappunto al blu dell’oceano.
Il fascino della Baja risiede nella sua essenzialità: incontri improvvisati, chioschi che celano tesori gastronomici, imprevisti da risolvere con un sorriso e un po’ di spirito d’adattamento. In queste strade polverose s’impara che ogni deviazione può diventare un ricordo indelebile, e che a volte l’imprevisto è l’anima stessa dell’avventura.




Nel prossimo articolo, ci spingeremo verso San Ignacio, nel cuore del santuario delle balene grigie, dove il deserto incontra l’oceano in un trionfo di natura e meraviglia. Prepariamoci a scoprire un altro volto della Baja, fatto di acque turchesi, incontri ravvicinati con i giganti del mare e villaggi sospesi tra passato e presente. Un ulteriore tassello di un viaggio che sembra non finire mai di sorprendere.
Consigli imperdibili da Long Beach a Guerrero Negro




- In Metro a Los Angeles
Vi consiglio di alloggiare a Long Beach e prendere la Metropolitana di superficie per visitare Los Angeles vivrete la città come un abitante locale e ne scoprirete il lato quotidiano, prima di iniziare la vera avventura on the road. - Sosta a Julian
Un tuffo nell’atmosfera del Far West, tra architetture d’epoca e la leggendaria Apple Pie, frutto dell’eredità dei cercatori d’oro e dei frutteti locali. - Frontiera di Tecate
Un passaggio più tranquillo rispetto a Tijuana, per un benvenuto in Messico più “soft”. - Mercado Negro ed Ensenada
Da non perdere per i banchi di pesce freschissimo, l’atmosfera vivace e la storia della Hussong’s Cantina, nata a fine Ottocento. - La Bufadora
Il “geyser” marino che regala un boato imponente a ogni ondata, omaggio alla potenza dell’oceano. - La Lobera
Uno sterrato impegnativo porta a un cratere marino che ospita i leoni marini: un contatto diretto con la natura più autentica. - Reserva Natural Punta Mazo
Coni vulcanici e ostriche appena pescate, tra sabbia, polvere e mare, per un assaggio dei processi geologici che hanno plasmato la Baja. - Cataviñá
Cactus giganti, rocce monumentali e un “benzinaio” artigianale da provare, dove l’informalità e la cortesia messicana si incontrano. - Guerrero Negro
Saline immense, il vento carico di salsedine e le Dunas de Soledad, un deserto di sabbia bianca a due passi dall’oceano.
Continua la prossima settimana….
(1 – continua)