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mercoledì, Maggio 14, 2025

Hotel California, “da qui non si esce”

Ebbene sì, lo confesso. Anche perché, ormai, mica rischio di compromettermi la “carriera”: io, la scuola, non l’ho mai sopportata. Quindici anni, mese più mese meno = quindici anni di condanna ai libri forzati. C’è stato un tempo in cui rimproveravo mentalmente la mia insegnante di lettere della San Bernardino di aver convinto i miei genitori a iscrivermi al “liceone” (a quell’epoca si usava contestare gli insegnanti mentalmente, in tempi di deficienza artigianale si va e si menano). Avevo torto. Mi sarei sentito in gabbia anche se avessi frequentato lo “Scientifico” o il “Sarrocchi”.

E in più essere una “cavolella”, come ci chiamavano allora, e aver … sorvolato la scuola biancoverde praticamente a calcinculo, come le giostre di una volta, mi ha cucito addosso, senza che me ne accorgessi, la passione per la lettura e per la scrittura. Addirittura la droga per acquistare dosi di dizionari etimologici per scoprire l’origine delle parole … sì, interessante, ma alla musica quand’è che ci si arriva? Aspetta, aspetta, come diceva Benigni, ai bei tempi di quando faceva il comico.

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Tra le centinaia, forse migliaia di termini che, di nascosto mi sono rimasti addosso c’è la parola “sillogismo”, che nasconde una teoria aristotelica non sempre condivisibile. Perché è giusto e normale sostenere che: “gli italiani sono europei, i siciliani sono italiani, quindi i siciliani sono europei”. Però il sillogismo stona e non poco perché pensare che “chi fa uso di droghe è un cretino e non va frequentato, né ascoltato; gli Eagles e praticamente ogni band rock fa uso di droghe, quindi sia gli Eagles che gli altri complessi rock non vanno né frequentati, né ascoltati …

Per fortuna, il “liceone” mi ha insegnato anche a ragionare e a non dare niente per scontato, con buona pace di Aristotele. Così, negli anni, il mio scaffale-rifugio di vinili e cd si è mano a mano riempito sempre più “anche” di musicisti sniffatori e simili. La Musica è sempre stata e resterà universale, al di là anche di sostanze non proprio toniche per la salute fisica.

“su un’autostrada deserta e buia, il vento fresco tra i capelli, si diffonde nell’aria un caldo odore di colitas (la punta delle piante di cannabis, n.d.a.), la mia testa si fece pesante, la mia vista sempre più fioca, dovevo fermarmi per la notte … Benvenuto all’Hotel California … L’ultima cosa che ricordo è che stavo correndo verso la porta, dovevo trovare un passaggio per tornare dov’ero prima, “rilassati” disse l’uomo della notte, “puoi lasciare la stanza e pagare quando vuoi, ma non potrai mai andartene …”

Una bella e sostanziosa fetta del successo di Hotel California è da accreditare al mix contrastante tra una melodia ipnotica e facilmente orecchiabile con un testo fortemente drammatico.

Don Henley ha spesso parlato del brano più famoso degli Eagles come “un’interpretazione della bella vita che facevamo a Los Angeles verso la fine degli anni ‘70”. Con tutti i pro e i contro, naturalmente. Compresa una sorta di metafora della schiavitù da alcol e droghe.

Don Felder, in numerose interviste, ha rivelato che fu una ragazza italiana ad ispirargli il brano e a segnargli anche la vita. Il nome della “musa” è sempre rimasto segreto, si sa soltanto che il suo pseudonimo artistico era “The Cat”, per cui, sillogismo o non sillogismo, si potrebbe sentenziare che “Tanto va The Cat agli Eagles, che ci nasce un bel successo “.

Alla prossima.

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