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mercoledì, Gennaio 15, 2025

Lo splendore di Bia e la bara rivestita di porpora di Eleonora

Troppe morti premature per la famiglia di Cosimo de Medici che alla fine lasciò Palazzo Vecchio

Sono almeno un paio di settimane che gironzoliamo per Firenze soffermandoci a Palazzo Medici Riccardi prima e Palazzo Vecchio poi, ora restiamo in Piazza della Signoria per saperne di più di una giovinetta, la preferita da Cosimo de Medici. Quindi, parte terza, eccoci di nuovo qui. Senza preamboli chiediamo:

Parlaci di Bia, per favore!

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“Durante un viaggio ad Arezzo la piccola si ammalò, morendo pochi giorni dopo. Aveva 5 anni. La sua morte colpì dolorosamente l’intera corte ducale, dove Bia era cresciuta insieme ai primi figli di Cosimo ed Eleonora, affidata alle cure della nonna Maria, che pure l’amava molto. Probabilmente, il ritratto della bambina, fu realizzato postumo, dal Bronzino, nello stesso anno di morte, su commissione del padre inconsolabile. E’ raffigurata seduta, il visino delicato di un luminoso lucore perlaceo, lo sguardo intenso, le vesti di serica preziosità. Al collo porta una catena d’oro con un medaglione, su cui è inciso il profilo del padre Cosimo, una chiara ed orgogliosa affermazione di appartenenza paterna e di legittimazione familiare. La posa statica è smentita dal movimento delle piccole mani: una giocherella con la nappa della cintura, l’altra si poggia sul bracciolo della sedia come per sollevarsi e correre via, tornando ai giochi interrotti”.

Una lacrima ci riga il volto. Quanto dolore!

“Quella di Bia, però – prosegue Palazzo Vecchio – fu la prima di una lunga serie di lutti che funestò la famiglia ducale. Eppure sembrava una famiglia benedetta dalla Fortuna!! Come i figli di Niobe, la numerosa e promettente prole fu falcidiata da qualche divinità gelosa di tanta armonia e bellezza in una sola famiglia. È pur vero che in quei tempi, che a voi sembrano così lontani, la vita era una faccenda precaria davvero, tra guerre, malattie di cui non si conosceva la cura, intrighi di potere. Non che oggi siate diventati invincibili, la fragilità e la precarietà sono connaturate alla vostra condizione umana, ma da secoli vi vedo ripetere sempre gli stessi errori in cui a pagare è sempre l’innocente. Molti figli di Eleonora morirono tra infanzia e adolescenza e ai genitori increduli e frastornati non rimase altro che piangerli sui freddi marmi della sagrestia di San Lorenzo”.

Ed Eleonora come visse dopo questi lutti?

“Il suo fu un lento declino fisico e psicologico, come testimoniano i quadri de Il Bronzino. Mentre nei primi ritratti appare radiosa, giovane, sposa e madre, negli ultimi è una donna provata dalla vita che le ha dato tanto ma le ha tolto troppo, un pallido riflesso di ciò che era stata. La bellezza “fresca e colorita come una rosa”, descritta dalle cronache del tempo, è difficile da ritrovare in quel volto triste ed emaciato”.

Cosa accadde poi?

“Nel 1562, la coppia ducale, insieme ai figli superstiti Giovanni, Garzia e Ferdinando, si recò in Maremma per supervisionare le opere di bonifica in quelle zone in cui imperversa la malaria. Da lì avevano intenzione di proseguire verso la Spagna, dove li attendeva il figlio Francesco. Un viaggio che non si realizzerà mai, poiché durante una sosta nel castello di Rosignano, Eleonora e i figli adolescenti, Giovanni e Garzia, contrassero la malaria, morendo a distanza di pochi giorni gli uni dagli altri”

La tristezza ci pervade. Termina così, a soli 40 anni, la parabola terrena di Donna Leonor Alvarez de Toledo y Osorio, la “spagnola” che i fiorentini sentirono sempre distante a causa della sua altezzosità, ma che, ancora oggi, è ricordata come una delle figure più significative della storia di Firenze e della famiglia Medici.

E cosa sai dirci del meraviglioso abito con cui si dice sia stata sepolta?

“Di recente è stata sfatata la leggenda di questo abito chiamato “gamurra” nel Rinascimento. Un vero abito gioiello, un broccato damascato, intessuto con fili d’oro e d’argento e arricchito da una profusione di perle e pietre preziose, con al centro il ricamo beneaugurante di una melagrana, simbolo di abbondanza e fecondità. Attorno al collo, una lunga collana di perle, forse proprio quelle protagoniste di un curioso aneddoto, narrato dal Cellini, orafo e scultore di corte. Sembra che Eleonora, grande appassionata di gioielli, si fosse incapricciata di un filo di perle con molte imperfezioni, proposto da un mercante, e avesse costretto il Cellini a perorarne l’acquisto presso il marito, lodandone mendacemente le qualità. Torndando all’abito, potrebbe non essere mai esistito. Anche perchè la famiglia Medici, fedele alla tradizione bancaria familiare, era solita annotare pedissequamente, su registri, le spese in entrata ed uscita. Un abito di così grande valore avrebbe implicato una spesa onerosa, tale da non poter passare certo inosservata nei registri dei conti”.

Ma quindi lo indossava alla sua morte o no?

“Quando fu esumata la sua salma, si riuscì a recuperare qualche stralcio del danneggiatissimo abito di Eleonora. Analisi di laboratorio misero in evidenza pigmenti color cremisi, da cui si dedusse che la duchessa indossasse un abito di quello stesso colore”

Cosa accadde dopo la sua morte?

“Gli equilibri familiari si destabilizzarono. Cosimo, duramente provato, già nel 1564 decise di trasferire i poteri nelle mani del figlio Francesco, preferendo dedicarsi alla caccia, presso la Villa di Castello. Francesco, tuttavia, non era molto interessato alla politica ed al governo, preferendo dedicarsi ai suoi studi alchemici e alla relazione, neanche tanto clandestina, con la bella veneziana Bianca Cappello. Il rapporto con il fratello Ferdinando era caratterizzato da una chiara rivalità. I due fratelli concordano solo nel redarguire il padre Cosimo che, ultra cinquantenne, iniziò ad intrattenere relazioni con ragazze giovanissime, mettendo in imbarazzo famiglia e corte”.

Sai dirci chi erano queste ragazze?

“Due di esse, Eleonora degli Albizi e Camilla Martelli furono note in quanto da loro ebbe anche alcuni figli illegittimi. La Martelli, addirittura, divenne sua moglie morganatica. Ma i figli di Eleonora, non cessarono mai di umiliare lei e la figlia Virginia”.

E Cosimo?

“Nel 1570, Cosimo, con l’appoggio di papa Pio V, diviene Granduca di Toscana. La sua salute, minata da gotta e problemi circolatori, subì un ulteriore tracollo con il sopraggiungere di un ictus che lo lasciò semi paralizzato e senza parola”.

Che triste epilogo! E cosa accadde alla sua morte?

“Francesco, nuovo granduca, abbandonò le mie sale, pregne di memorie gioiose e dolorose, trasferendosi, con l’intera corte a Palazzo Pitti. Purtroppo, poco dopo, Francesco morì improvvisamente, forse avvelenato. L’ombra del sospetto si allunga sul fratello Ferdinando, che abbandonata la porpora cardinalizia, prese le redini del potere”.

Il racconto di Palazzo Vecchio si ferma qui. Fama, gloria, sfarzo, ricchezza, potere. Tutte cose presenti nella vita di Cosimo dei Medici. Tutte scomparse, annegate nel dolore e nelle perdite di persone care. Come a ricordarci quanto sia in fondo effimera la nostra esistenza, nonostante le circostanze terrene in certi momenti sembrino farci sentire al sicuro, indistruttibili. Ma così non è. Tutto passa. Tutto scorre. In perenne movimento. Lasciando dietro solo ombre e mura. Silenziose mura di pietra che, però, a volte, sotto gli effetti di qualche misterioso incantesimo, tornano a vivere.

(3 – fine)

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