Da “La strada racconta: la Via Francigena incontra l’antica Via del Sale” di Luca Bonechi
Da Lucca prende avvio il tratto della Via Francigena che porta fino a Siena da dove si devierà per prendere le Antiche Vie del Sale. Attardarsi piacevolmente in città senza esserne consapevoli è buona cosa in quanto il sogno del viaggio inizia a farsi concreto e la fretta non è mai buona consigliera.
“La natura non ha fretta, eppure tutto si realizza”, parole di Lao Tzu, dopo essere stato per sessantadue anni a meditare sotto un susino. Nella città delle cento chiese si fa ingresso da Porta Santa Maria dove il benvenuto è dato da due magnifiche pantere, dotate di lucenti vibrisse, che sorreggono lo stemma della città. Prima di salire sulle storiche mura e percorrere l’anello ciclabile che contorna la città, merita fare un giro in centro per ammirare almeno la Torre Guinigi, con il suo giardino pensile, e la Piazza dell’Anfiteatro. È questo il “minimo sindacale” per i poco accorti o per gli animati da incomprensibile fretta, perché Lucca offre di tutto e di più: dalla Basilica di San Frediano, al Duomo di San Martino non distante da Piazza Napoleone, fino alle cento chiese e altrettante piazze contenute all’interno di quello che D’Annunzio chiamò “l’Arborato Cerchio”, miglior esempio in Europa di cinta muraria cinquecentesca completamente integra e forte di dodici baluardi. Mura preziose per difendersi dal nemico anche quando, nel 1812, si presentò nelle vesti delle disastrose acque alluvionali del Serchio.

Il lungo giro in bici delle mura è imperdibile e, al riparo di platani, ippocastani e querce secolari si possono ammirare le meraviglie della città sottostante. Una sosta sulle mura può far tornare in mente Ilaria del Carretto, conosciuta e cantata come la donna di Paolo Guinigi, signore di Lucca: “tu vedi lunge gli uliveti grigi / che vaporano il viso ai poggi, o Serchio / e la città dall’arborato cerchio / ove dorme la donna di Guinigi…”.
Bellissima, morta giovanissima e immortalata da Jacopo della Quercia nel celebre sarcofago, Ilaria ha scolpito nel tempo la memoria della città che può considerarsi, senza ombra di dubbio, il simbolo della “fedel bellezza”. Di storie e leggende di donne Lucca è ricca, tanto da dipingerne di tutti i colori: bellezze assolute come Ilaria, pie donne come Santa Zita, la domestica calunniata che aiutava i poveri e, tanto per cambiar versante, racconti di nobildonne narcisiste e di liberi costumi tanto che, per garantirsi una bellezza senza tempo, vendettero l’anima al diavolo. Lucida Mansi era una di queste. Conosciuta per i molti amanti di cui si confortava, fu punita dal diavolo che, dopo averla sedotta, la fece salire su di una carrozza infuocata che sprofondò nelle acque del laghetto dell’Orto Botanico. Ancora oggi si dice che, nelle notti di luna piena, si possono udire le grida di donna Lucida che, con la carrozza infuocata, percorre il giro delle mura per finire poi immancabilmente nel laghetto.
Per gli appassionati di misteri Lucca è la città ideale.
Si può partire, per fare qualche esempio, dall’indecifrabile “labirinto” scolpito su di una colonna del porticato della cattedrale di San Martino con la scritta che evoca il mito di Teseo e Arianna, per continuare con la vana ricerca del diamante nascosto nella statua di San Michele Arcangelo e terminare, solo per brevità, agli immancabili “graffi del diavolo” che compaiono nel pilastro del portone della Chiesa di San Piero Somaldi. Graffi impressi con rabbia per il rifiuto avuto da Santa Gemma Galgani. Ma anche la pietra incurvata visibile nel Palazzo Bernardini si dice sia opera di una vendetta del diavolo. Si vede che i diavoli di quei tempi erano usi a graffiare o a far danno alle opere d’arte.
Alfine si può fantasticare quanto si vuole e non è poi tanto male farlo, ma un ritorno a una bella realtà dove si custodisce uno dei beni più preziosi del passato – e ci auguriamo del presente e del futuro – si può fare raggiungendo la “Corte del Biancone”, la storica “Piazzetta del Libro”.

Il libro, appunto. Affascinanti bancarelle di libri antichi e usati, originali xilografie, vecchie foto, fanno della piazzetta un ambiente unico dove si respira una atmosfera parigina: la Senna pare vicina quanto lo è il Serchio. La Lucca illuminista e della conoscenza vive ancora oggi nella piazzetta tanto che ogni venditore conosce bene la storia della prima edizione italiana dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert, la prima stampa in Italia che, superata la censura, segnò un vero e proprio trasferimento del sapere dai centri religiosi alle università e alle stamperie non controllate dalla Chiesa. Così, l’ignorante borghesia del tempo iniziò a leggere e a scrivere. Non è dovuto quindi al caso che sia nato il Festival “Lucca Città di Carta” e che gli eventi di Lubica (Lucca Biennale Cartasia) si possano incrociare fino alla fine di settembre, poco prima dell’ormai famoso “Lucca Comics”.
A malincuore, prima o poi, si dovrà lasciare la città del libro e dell’Arborato Cerchio, nella speranza che la carta pergamena, prodotta nel più importante distretto cartario d’Italia, racconti le belle storie delle genti in eterno viaggio, ieri a piedi o a cavallo, oggi con la bici, il moderno cavallo di ferro.
UN’AVVENTURA IN TUTTI I SENSI
L’odore di erba e di vaniglia lasciato dai vecchi libri della “Piazzetta”. / Il sapore antico della “rovellina”, piatto di carne di recupero impanata.
Vagar in una notte di luna piena sulle mura per cercar di udire le grida di dolore di Lucida Mansi. / Appostarsi in via del Poggio in una giornata luminosa, a cercar di vedere il diamante incastonato nella statua dell’Arcangelo Michele.
Riconoscere al tatto un’antica pergamena, prodotta secondo la ricetta riportata nelle Compositiones del manoscritto 490, custodito nella Biblioteca Capitolare.
Luca Bonechi con disegni di Valter Ballarini
(4 – continua)