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martedì, Luglio 22, 2025

Miami o Singapore ? Lo sguardo che non si distrae

Appunti tra una palma e un podio in cerca dello spirito “oltreognivittoria” del nostro dottor Paolo

Mentre la luce è quella giusta, il mare accarezza i pensieri e una leggera brezza ricorda che, almeno per qualche ora, ci si potrebbe concedere una pausa, la mente è altrove. Perché anche sotto una palma, tra una conversazione e l’altra, lo sguardo è vigile e puntato su Singapore, dove la squadra di cui faccio parte è nel pieno del Mondiale, e sta dando prova – oltre che di qualità tecniche – di una struttura mentale in crescita reale.

In un contesto mondiale affollato, selettivo e ad altissimo livello, tutti gli atleti del settore Sincro sono arrivati a una finale. È un dato di fatto. Ma non è questo il punto. Il punto è come ci sono arrivati. Tra i risultati più forti, anche simbolicamente, spicca Filippo Pelati, che al debutto tra i senior, fresco di maturità scolastica, ha conquistato un bronzo mondiale.

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Un risultato che non nasce per caso, ma da un percorso fatto di complessità affrontate, gestite e trasformate in concretezza.

Mentalità: non un’idea vaga, ma un’impalcatura solida

La parola “mentalità” può sembrare generica, ma in questo contesto non lo è affatto. Qui mentalità significa precisione, costruzione, briefing, disciplina, autodisciplina, partecipazione. Significa atleti che non eseguono passivamente, ma partecipano attivamente al proprio cammino. Significa staff che non impone, ma orienta, corregge, tiene la rotta.

Paolo Benini

Non è un caso, non è fortuna, non è magia. È un piccolo gruppo – staff e atleti – che diventa testuggine. Una sola direzione, una sola testa, una sola coesione possibile. Nessuno si salva da sé quando il gruppo è piccolo e con un’unica direzione in testa per tutti.

E soprattutto – ed è bene dirlo chiaramente – qui, a differenza di molti altri luoghi della vita, non vincono gli imbecilli. Loro sono destinati ad altro. Altrove succede, spesso lo vediamo tutti i giorni. Qui i risultati si fanno non si raccontano. Qui no. Qui vince chi costruisce, chi lavora, chi tiene il rigore senza perdere umanità.

Singapore è un punto fermo. Ma la mappa guarda a Los Angeles 2028. No, non ci sono le elezioni, ci sono le Olimpiadi. Nel primo caso vince qualche incapace, nel secondo non è possibile.

Los Angeles è l’orizzonte. Singapore è una tappa significativa, una verifica di rotta. I segnali sono buoni, ma la prudenza è doverosa. Le nazioni di riferimento sono forti e strutturate, ma la distanza può essere colmata. Non con proclami, ma con lavoro intelligente e visione comune.

Non basta essere bravi tecnicamente. Serve una cultura della prestazione di picco: non come episodio raro, ma come condizione normale, replicabile. Serve una costruzione mentale che tenga nel tempo, che sappia essere solida nelle difficoltà, lucida nei momenti chiave, e capace di mantenere alto il livello non quando si può, ma perché si deve.

Essere presenti non significa essere sul posto. Significa aver contribuito alla crescita insieme ad altri, ognuno nel proprio ruolo, con la propria percentuale – magari piccola, ma indispensabile.

È questo che consente a un sistema di funzionare anche in assenza dei suoi attori, perché ciò che conta non è la presenza fisica, ma la qualità delle fondamenta.

La presenza vera è quella che si manifesta quando tutto tiene, anche se non ci sei.
E questo, per chi lavora con la mente, con la visione, e con il senso di direzione, è forse il risultato più alto che si possa ottenere.

E se qualcuno pensa che basti una palma e un mojito per disconnettersi, dovrà ricredersi: la testa è sempre lì dove c’è qualcosa che si muove nella direzione giusta.

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