Non sono molti i chilometri che separano il Parco di San Rossore da una delle meraviglie del mondo, la Torre di Pisa, universalmente conosciuta come la Torre Pendente, gioiello dell’architettura romanica. Descriverla potrebbe apparire come un esercizio di pedanteria tanto che conviene limitarsi a riportare in luce storie e leggende che, particolarmente in questa parte dell’arguta toscana, colorano la fantasia del viaggiatore.
Parlar di Pisa senza parlar di Livorno è considerata una mancanza tale che, per rimediare, è consigliabile sedersi a lungo in riva all’Arno e riflettere in cosa possa consistere “l’antagonismo virtuoso” dei toscani.
Da quando i Medici si misero in testa di costruire il grande porto di Livorno, l’antica Repubblica Marinara di Pisa, in lento e inesorabile declino dopo la sconfitta coi genovesi alla Meloria, chiuse tristemente i battenti e la rivalità tra le due belle città prese campo, tanto da diventare il simbolo del mordace e ironico antagonismo tra vicini, definito da Freud come “il narcisismo delle piccole differenze”.
Pisa fu nei suoi anni di gloria potente capitale del Mediterraneo, con un piede persino a Costantinopoli. In seguito, divenne fiero baluardo ghibellino.
Livorno fu città cosmopolita, crogiolo di etnie e porto franco preferito nel XVI secolo da mercanti e popoli di ogni specie, grazie alle “Leggi Livornine” che garantivano libertà di culto e persino l’annullamento di condanne penali: “A tutti uoi mercanti di qualsiuoglia natione, leuantini, e’ ponentini spagnioli, portoghesi, Greci, todeschi, & Italiani, hebrei, turchi, e’ Mori, Armenij, Persiani, & altri saluto. Segnifichiamo per queste nostre Patente lettere, qualmente essendo noi mossi da degni rispetti, e’ massimo dal desiderio, che è in noi per beneficio publico di accrescer nell’occasioni, l’animo a’ forestieri, di uenire a’ frequentare, i loro trafichi, e’ mercantie nella nostra diletta Citta’ di Pisa, e’ porto e’ scala di Liuorno, constare, e’ abitare con le vostre famigle, o’ senza esse, sperando n’habia a’ resultare utile a tutta Italia nostri suditi, e’ massime, a’ poueri, pero’ per le sopra detti, & altre cause, e’ ragioni, ci siamo mossi a darui, e’ concederui, si come noi in uirtu’ delle presenti ui diamo, e’ concediamo le gratie & Priuileggi prerogatiue immunita’,& essentioni infrascritte”.

Pisa e Livorno, non ce ne vogliano, e ci limitiamo a citare il parere di Dante, i fiorentini “invidiosi e superbi” né “la gente vana” di Siena tantomeno i “botoli ringhiosi” aretini, costituiscono il “sale” dell’arguzia toscana. E se, nel viaggio verso Pisa e poi lungo la via Francigena, si dovesse udire un’invettiva del tipo “meglio un morto in casa che un Pisano all’uscio” di certo ci troveremmo di fronte al livornese pedalante che si rivolge all’amico pisano il quale difficilmente si farà mancare la classica risposta: “le parole le porta via il vento, le biciclette i livornesi”.
Ma come distinguere un pisano da un livornese quanto tacciono? È possibile, ci sono chiari segni rivelatori: tra questi il modo di vestirsi, la diversa gesticolazione e il panino che stanno orgogliosamente addentando sicuri che per il pisano si tratti della “cecina” e per il livornese del “cinque e cinque” (quando si chiedevano al tortaio “cinque di torta e cinque di pane”, e il cinque stava, negli anni Trenta, per cinque centesimi di lira). Si dà il caso che si tratta dello stesso gustoso panino di farina di ceci, ma guai ad ammetterlo.
Di Piazza dei Miracoli in Pisa, con la Cattedrale, il Battistero, il Campo Santo e il celebre Campanile molto è conosciuto perché ogni testo ne descrive le meraviglie e pertanto un utile e curioso passatempo potrebbe consistere nel provare a contare i fori impressi nel marmo alla fiancata nord della Cattedrale, conosciuti come le “Unghie del Diavolo”. Il problema è che ogni volta che vengono contati il risultato è diverso. È questo un mistero dovuto sicuramente alla maledizione del demonio che, nel tentativo di distruggere la Cattedrale di cui era fortemente geloso, fu bloccato da un provvidenziale angelo e non riuscì a fare altro che lasciare il segno delle proprie unghie sul marmo.

Ma tante sono le curiosità che possono attrarre un viaggiatore non frettoloso. Non molti sanno, ad esempio, che la Torre di Pisa, i cui lavori iniziali furono affidati all’architetto Diotisalvi (un nome e un programma), conta ben sette campane, una per ogni nota musicale. Tra queste vi è la campana del Traditore, così detta perché nel medioevo suonava in occasione di un’esecuzione per un tradimento, come fu quello del Conte Ugolino che venne rinchiuso a morire con i suoi familiari nella torre della Fame di Piazza dei Cavalieri. Un atto crudele che spinse addirittura Dante Alighieri, in omaggio alla storica rivalità tra Guelfi e Ghibellini, a scagliare un’invettiva contro la città toscana: “Ahi Pisa, vituperio de le genti”.
Ma chi crede che la celebre Torre di Pisa sia l’unica torre pendente della città si sbaglia di grosso perché ve ne sono almeno altre due inclinate e facili da raggiungere, poste in prossimità del fiume Arno: la torre della Chiesa di San Nicola e la torre di San Michele degli Scalzi.
Lo stesso Mussolini, in un ricorrente esercizio di retorica propagandista, tentò inutilmente di correggere l’inclinazione della celebre torre, convinto che la sua pendenza costituisse elemento di disdoro per l’orgoglio italico. Ma il risultato fu solo quello di peggiorare la situazione e recare particolare disturbo al fantasma di Galileo Galilei che pare ancora oggi si aggiri tra la Cattedrale e il Campanile, sconsolato a lamentarsi di tanta imperizia.
Si riparte da Pisa ricchi di sapere ma anche con un punto di domanda: perché la Torre di Pisa pende? Forse una risposta si troverà lungo la ciclabile del fiume Serchio, un tempo affluente dell’Arno e conosciuto come Auser che, cambiando il suo corso più volte, ha formato proprio sotto la torre il terreno alluvionale sulla cui elasticità sono stati piantati i suoi fondamenti.
E al ribelle Serchio non si può attribuire alcuna colpa, perché aveva i suoi buoni motivi per rendersi autonomo dall’Arno.
UN’AVVENTURA IN TUTTI I SENSI
Il profumo e il sapore dei panini con farina di ceci, siano essi pisani o livornesi. / Il suono di mezzogiorno delle sette campane della Torre Pendente. / La meraviglia della vista di Piazza dei Miracoli.
La conta tattile, con dito indice, delle unghie del diavolo nel Duomo di Pisa. / L’esame del sudore emesso con una pedalata presso il Centro di ricerca dell’Università di Pisa, per conoscere se esprima “odore di felicità” o “di tristezza”.
Luca Bonechi con disegni di Valter Ballarini
(2 – continua)