La società di oggi si presenta sotto forma di due realtà contrastanti e sovrapposte: due orizzonti che non collimano e che si allontanano tra loro sempre di più. In navigazione si chiama parallasse lo spostamento angolare apparente di un oggetto quando viene osservato da due punti di vista diversi.
In questo caso non si tratta di spostamento apparente: sono due oggetti diversi che si sovrappongono ma il rilevamento, fatto da un unico punto, evidenzia solo una realtà mentre l’altra scompare… apparentemente! A Viareggio come nel resto d’Italia la popolazione invecchia, ci sono pochi figli, si muore in un’auto o per la strada, come è successo davvero pochi giorni orsono.
Al tempo stesso siamo contenti per la candidatura a Capitale della cultura, sistemiamo due belle statue sulla sabbia davanti a Piazza Mazzini e siamo certi, guardandole al tramonto, di aver trovato o ritrovato la bellezza.
In altri periodi questo contrasto tra vite parallele avrebbe suscitato uno scatto, una riflessione, ci avrebbe impegnati nella ricerca di soluzioni per riallineare, o quantomeno riavvicinare le due antitetiche realtà, i due mondi sovrapposti, i due orizzonti paralleli.
A Viareggio si consegnano barche di lusso, si fanno fiere ed eventi per celebrare la ricchezza e lo sfarzo, compreso esibire vari testimonial per la nomination a città capitale di cultura, ma poi si scopre che quelle meravigliose che solcano i mari blu, le isole e gli atolli d’incanto e che fanno divertire i miliardari sono costruite con un sistema di appalti e sub subappalti alle più basse condizioni possibili, di un duro sfruttamento soprattutto della manodopera immigrata. Le scale del valore sono distantissime: oro, lucentezza, tecnologia da sogno e per la strada si dorme o si muore.
“Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto”. Però loro non chiedono, non bussano, non cercano che un angolo di strada dove sistemare il loro cartone per raggomitolarsi nelle maleodoranti e sdrucite coperte, un cassonetto dove trovare qualche avanzo che la nostra vita opulenta e di spreco ha prodotto come rifiuto organico.
E’ un popolo che cammina invisibile, ripiegato su se stesso: quello che cercavano una volta e che la società gli ha negato o non sono riusciti a raggiungere, sanno che non lo potranno più ottenere. Ora sono diventati invisibili. Non hanno più una prospettiva: non vedono e non pensano al domani ma a come passare la notte, che come tutte sarà senza sogni. E siamo sulla punta dell’iceberg che, è bene ricordarlo con la storia, fu la causa dell’affondamento del gioiello di tecnologia di allora che era il Titanic.
Se si sale di qualche gradino, ma non troppo, troviamo tanta altra gente che è visibile e invisibile al tempo stesso, ad intermittenza cioè: visibile perché ha stipendi che consentono di sopravvivere. Non certo, però, per andare all’opera o al teatro o al cinema, o in vacanza.
Se devono pensare ad una famiglia, allora sono dolori: casa e affitto, i bambini, la scuola e via di seguito. Noi facciamo finta di non vedere e ci riconciliamo con noi stessi sulle magnificenze, vere o presunte, di cui siamo capaci. Quelli, intanto, stanno camminando per aria, come acrobati sul filo e sanno che un piccolo, minuscolo, quasi inapprezzabile movimento sbagliato, o un soffio leggero di vento può farli precipitare: sotto però, ne sono ben consapevoli, non c’è una rete che li attende per salvarli.
E’ tutta una prospettiva che viene a mancare, è il buio che non permette a sempre più persone di vedere, di sperare, di combattere, di sentirsi dentro un sistema che una volta si chiamava comunità, dentro una catena di solidarietà e di cooperazione.
Se andiamo su e risaliamo il pendio di quelli che stanno sotto, arriviamo a trovare i giovani e poi le donne che hanno visto oscurarsi l’orizzonte ancora di più con la pandemia.
Pandemia che, a propria volta, non è comunista ma molto capitalista: discrimina e divide, fa sì che alcuni -pochi – stiano meglio e abbiano possibilità e che altri – tanti – da un giorno all’altro siano costretti a chiudere le proprie attività, a morire perché non hanno i vaccini e a passare tra gli invisibili.
A Viareggio, come in altre città, ci sono queste due realtà, che sono molto più articolate e numerose di quello che solo si può pensare o scrivere in un articolo. Nel mezzo qualche Associazione o Ente caritatevole che cerca di dare un qualche conforto, un ristoro si direbbe oggi, di sopperire ai comandanti che con i loro binocoli al parallasse rovesciato vedono solo l’altro mondo. Successe anche al comandante Schettino che, per mostrare ai crocieristi spensierati le meraviglie di quella realtà che lui vedeva, non s’accorse dell’altra: gli scogli davanti all’isola.
I Comuni versiliesi hanno fatto una gara e assegnato ad una cooperativa il servizio di parlare in strada con i senza volto per cercare di aiutarli. Meritevole certo ma, purtroppo, assomiglia ad un soldino messo svogliatamente nella mano di un mendicante: “… ed io tutti i giorni facevo l’elemosina e a non far arrossire di sé la povertà… perfin m’ho fatto un abito, costume di pietà…” canta così, nell’Andrea Chenier, la contessa di Coigny.
Manca cioè tutto il resto: strutture, coordinamento degli interventi, integrazione, predisposizione di protocolli, coinvolgimento, cooperazione con enti e associazioni del volontariato. Si dovrebbe promuovere e si dovrebbe lavorare ad un sistema di welfare aggiornato, integrato e funzionante su scala versiliese.
Io non voglio fare l’elenco delle risorse impiegate dal Comune di Viareggio o da altri per rifare piazze, piastrellature, per sistemare statue giapponesi o coreane e di grandi artisti nei salotti buoni, illuminazioni e addobbi, un milione e mezzo buttati per una festa di Carnevale in un periodo di lebbra, incarichi per la nomination a città capitale etc…: sarebbe ingeneroso e forse provocatorio perché una città ha bisogno anche di questo… forse…!
Quante risorse sono invece impegnate per serie politiche sociali, per un welfare di vicinato, per servizi e centri per fronteggiare queste situazioni, per le politiche d’integrazione?
“A Viareggio manca un dormitorio” ci dicono i medici volontari versiliesi del Mevv. Sono in quindici e curano e assistono oltre 50 pazienti a rotazione continua durante un anno: lo fanno gratuitamente e assieme alla Caritas e alla Misericordia si fanno carico di un loro dormitorio con 16 posti, sei per donne e dieci per uomini a cui viene garantito un pasto e colazione.
E’ presente anche la mensa per i poveri dei Frati Minori Francescani: è in funzione da molto tempo, fin da quando Viareggio si commuoveva davanti alla povertà. Intanto il Comune di Viareggio per rispondere a queste necessità ha chiuso due dormitori pubblici, ora usati solo per gli allarmi metereologici: la Torretta della stazione e gli ex locali della Circoscrizione Marco Polo.
Le richieste di un dormitorio più ampio e di più adeguate strutture avanzate agli attuali amministratori sono tutte cadute per terra. Con poche risorse potrebbero essere ripristinati e riadattati i locali di via Matteotti dove c’erano gli uffici dell’Asl, i cui ingressi sono stati cementati per evitare occupazioni abusive.
Sono i nuovi muri comunali per escludere e non far entrare l’altra città, i nuovi italiani. Non sono alti come quelli di Viktor Orbàn ma sono sempre muri, barriere per evitare di includere!
Non serve la misericordia – se ce ne fosse un po’di più non sarebbe però male soprattutto da chi è così munifico nelle sponsorizzazioni per gli alberi e le lucine di Natale da mettere nel salotto buono – ma servirebbero, invece, interventi per rimuovere le cause, per creare reti attive, per dare e qualificare lavoro. Non è davvero fuori luogo, dunque, che la Cgil e la Uil abbiano deciso di proclamare lo sciopero generale e di prendere un’iniziativa lamentando che oramai una parte consistente del Paese è in difficoltà e giornalmente deve fare i salti mortali per sbarcare il lunario e far tornare i conti e non ha più fiducia nella politica, impegnata a curar bellezze e a vivacchiare di equilibrismi e di tatticismi per autoriprodursi e per non scontentare i lor signori. Ed in effetti, non a caso, è spuntato un esercito di replicanti che scodinzolano intorno ai loro padroni e tutti i giorni lodano le epiche imprese del cacicco di turno.
A Viareggio ci sono delle esperienze che un’amministrazione lungimirante dovrebbe sostenere, spingere verso ruoli sempre più ampi, a diventare riferimento per altre esperienze: parlo del Cantiere Sociale del Varignano, solo per fare un esempio. Lì si fa veramente comunità e non la si fa per lucrare o farsi belli. La si fa per gli altri, la si fa attraverso il volontariato, nella convinzione che strati numerosi di popolazione non possono più permettersi molte cose che non sono lussi: l’istruzione, la formazione, il consumo alimentare di base, le cure essenziali.
Un’importante esperienza che andrebbe sostenuta con tanto di risorse perché in quell’avamposto di ragazzi e persone apparentemente scalcinate, dal pensiero radicale e schematico fanno molto di più per la città che molte altre cose dispendiose e vacue. Ed invece zac! Si chiude la Sars, altro luogo che le precedenti amministrazioni avevano destinato all’aggregazione e all’integrazione.
Martedì prossimo, nella mattinata, ci sarà una manifestazione promossa dal Cantiere Sociale e da altre associazioni davanti al Municipio di Viareggio. Speriamo riesca a far capire meglio questa non secondaria altra città: anche se non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire.
Ci vorrebbero il bue e l’asinello, umili e intelligenti animali per riscaldare i cuori e i corpi degli invisibili, di quelli che i censimenti spesso non rilevano o di quella città numerosissima che vive sul confine, vicino al cratere.
A Viareggio ci sono molte persone alle quali viene negata una residenza, lasciate vivere nel nulla, nel buio delle notti. A Camaiore si lavora invece diversamente e si riconosce la residenza che è un passaggio decisivo per poter accedere ai servizi sanitari, alle cure mediche, a cercare un lavoro: la legge di riferimento è la stessa però in un Comune si fanno certe cose ed in altro limitrofo ci si muove all’opposto!
A Viareggio abbiamo un Vicesindaco con la delega del sociale che è anche un rappresentante del Pd: contraddizione pesante dentro il popolo si sarebbe detto una volta! Naturalmente il Pd a Viareggio pare che non sappia e finora che non voglia sapere cos’è e dov’è il popolo!
Di che cifre stiamo parlando per costruire le fondamenta di una seria politica di integrazione e di sostegno? Per fare un dormitorio sarebbero necessarie alcune decine di migliaia di euro, altrettante per rilevare dalla Provincia l’Ex scuola professionale Inapli, dove attualmente ha sede il Cantiere Sociale, Ma purtroppo il parallasse degli attuali amministratori viareggini fa vedere solo un orizzonte!
I pirati che incutevano terrore e paura a chi andava per mare erano dotati però di una loro costituzione democratica che conteneva, tra le altre, alcune regole fondamentali: assistenza e impegno solidale per gli infortuni e la malasorte, per aiutare il popolo masnadiero in caso di bisogno attraverso una cassa comune; un’equa divisione del bottino secondo quote ben equilibrate tra comandante, ufficiali e il resto dell’equipaggio (due quote come massimo e una quota come minimo).
Oggi noi viviamo in società più crudeli, spietate e arretrate addirittura di quella dei pirati, con distanze abissali tra chi si arricchisce e chi si impoverisce e a cui è stato tolto l’ascensore per salire. Black Sam, il capitano pirata, disse: “voi derubate il povero con la copertura della legge, mentre noi saccheggiamo il ricco con la sola protezione del nostro coraggio”.
Ci sarebbe bisogno proprio di coraggio, non per fare i pirati s’intende- che già ve ne sono molti senza la benché minima dignità rispetto quelli antichi – ma coraggio a tutti i livelli per attuare politiche diverse, chiare, precise e per scegliere una platea da privilegiare, una città da mettere in primo piano e non, invece, cercare di nasconderla.
(Le foto di questo servizio sono foto pubbliche di FB)