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mercoledì, Febbraio 19, 2025

Pensieri augustei su basket e giornalismo

Augusto Mattioli, decano dei giornalisti senesi, ci dà la sua visione su precariato e “faide sportive” sottocanestro

Non è da tutti, essersi lasciato un ultimo spazio su un quotidiano locale – Il Cittadino Online – che è denominato “Augusti pensieri”, un titolo che parte da un gioco di parole sul suo nome, ma porta molto lontano. Intanto a sfuggire dalle dure sentenze che attendono chiunque quando inizia l’indurimento dei vasi arteriosi e poi massima enfasi sugli argomenti che si sceglie di trattare. No, Augusto Mattioli?

Augusto sei il decano dei giornalisti senesi. All’età corrisponde l’esperienza, quindi la possibilità di proporre gli argomenti migliori… Ma anche la noia e il fastidio perché in una piccola comunità i problemi a volte restano uguali negli anni e rinominarli fa pensare solo alla nostra incapacità di affrontarli. Qual è la risposta migliore?

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“Gli Augusti pensieri sono un modo per parlare con un po’ di ironia e un pizzico di pepe di temi riguardanti la vita della città… Ma non solo. Grazie alla disponibilità del Cittadino Online. E devo dire che non mancano i lettori. Bene così. Gli argomenti per una città come Siena  sono più o meno gli stessi da anni: il Palio, la Fondazione, le difficoltà nei collegamenti stradali e ferroviari. Ogni tanto torna Ampugnano. E poi ovviamente di nuovo il palio.  E ancora il Monte che per decenni è stato al centro degli interessi della città, politici ovviamente e anche economici per imprese e soprattutto famiglie. Ora formalmente Mps di Siena, ma la città  non  ci mette più mano. Diciamo che i senesi si sono fatti belli con la banca guardando fuori Siena con troppa  spocchia e pensando di essere dei banchieri. Per fallire miseramente. E purtroppo nessuno ha l’onestà di ammettere gli errori fatti nella gestione Mps. Sarebbe un tema da indagare a lungo. Ma c’è anche chi si mette l’animo in pace e preferisce ignorare”.

Augusto Mattioli ferma Boris Johnson, premier britannico. In foto l’allora rettore Francesco Frati e l’allora sindaco Bruno Valentini

Aver fatto il giornalista, oltre al professore, l’allenatore e probabilmente altro, come ti fa sentire? Persona che ha vissuto per gli altri o categoria protetta?

“Ho fatto ciò che mi piaceva. Non è che ho fatto il missionario come ipotizzi tu. Se poi ci sono state ricadute positive nel mio lavoro sia a scuola, sia nelle altre attività va bene”.

Sei stato, e probabilmente hai ancora incarichi, nell’Ordine e nel Sindacato. Cosa pensi dei giovani giornalisti e del futuro che hanno davanti? E dato che ci hanno soppiantato – scusa mi metto insieme a te e agli altri che un tempo stampavano – in cosa sono meglio di noi?

“Attualmente non ho incarichi e non ne cerco. Sono stato consigliere regionale e nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. Sono state tutto sommato esperienze importanti specialmente al nazionale. Ai giovani solo un consiglio. Se vogliono fare il giornalismo ci provino, se non lo fanno se ne potrebbero pentire. Il loro futuro non è facile perché, anche se non si vede, lo sfruttamento della loro voglia di fare in questo mestiere è molto forte. Essere sottopagati sembra la regola. I giornalisti giovani hanno però un vantaggio. La tecnologia li aiuta molto. Il rischio di oggi è la superficialità, la voglia di dare subito una notizia senza approfondire. Anche perché oggi con i social bisogna correre e correre. Non so se sono migliori o peggiori. Diversi sicuramente. Ma c’è un atteggiamento che devono avere. Non si facciano intimidire dal politico o dal personaggio di turno a qualsiasi livello sia”.

Una domanda da uovo o gallina. E’ stata la fotografia a portarti al giornalismo o il giornalismo alla fotografia? Che storia c’è dietro?

“La fotografia l’ho iniziata da giovanissimo… Quando mi sono interessato al giornalismo, la macchina fotografica me la sono portata dietro. Del resto una foto, con solo una didascalia è un vero e proprio articolo”.

Stessa, ma quasi uguale. Il comunismo ti ha portato al giornalismo o il giornalismo ti ha reso comunista?

“Ho scritto molto per giornali della sinistra sostenitori del Pci come Paese sera, l’Unità, Nuovo corriere senese. Era il periodo in cui nel nostro paese il Pci veniva visto come un partito che avrebbe potuto governare come dimostrava a livello locale. Se non ci fosse stato un sistema bloccato dalla situazione internazionale…”

Ce l’ha donata e noi la mettiamo. Sempre volentieri, la Pantera accompagna Diciosu in Piazza nell’agosto 1984 (Foto Mattioli)

Te saresti stato uno che poteva viaggiare. Perché non l’hai fatto? Molti anni fa, mi ritrovai a Roma e decantavano il valore di quel collega dell’Agenzia Italia che in mezzo alla Toscana sapeva le cose prima di tutti…

“Tu dici nel senso di fare l’inviato? Non è che ho avuto proposte serie che mi consentissero di lasciare la scuola, lavoro che mi è sempre piaciuto. Per cui ho fatto le due cose insieme. Anzi il fatto di avere una sicurezza economica con la scuola mi ha permesso una maggiore autonomia nell’attività giornalistica. Viaggiare… del resto l’ho fatto. Ho viaggiato cercando di non fare turismo e basta. Come nei campi profughi della Palestina o del Libano, in Israele, a Sarajevo dopo la guerra, in India, in Africa con la cooperazione internazionale. Infine, dico che mi fa piacere che fossi considerato uno che sapeva le cose prima. Ma la scuola di Renzo Corsi al Ncs è stata importante”.

L’opera magna per cinque anni, e per i tipi delle Edizioni Leccio, ci pare, ce l’hai riproposta in svariati libri. Quanti ne hai fatti? Qual è quello che ti rappresenta meglio? E quando ne farai altri?

“Ho materiale sufficiente per fare altre pubblicazioni. Sui tempi dipende dagli editori. Quello che mi rappresenta meglio è il libro Aspettando i barbari edito da Effigi di Arcidosso sulle persone importanti passate da Siena”.

Non usciamo più tanto di casa, ma noi continuiamo a vederci sotto i canestri del PalaSclavo. Lì hai cominciato a manifestarmi una teoria che mi ha suggerito parte di questa intervista… Tu, uomo di sport, che taluni dicono un po’ simpatizzante della Virtus, non sopporti l’acrimonia fra squadre senesi… quindi saresti un fan dell’unificazione?

“Alla Virtus ho allenato con soddisfazione. L’acrimonia tra le squadre senesi, o meglio tra tifosi non mi piace. Non sono però un fan della unificazione. Solo decenni fa potevo pensarlo. Le tre società senesi hanno storie molto diverse che i tifosi più giovani dovrebbero conoscere meglio. Per cui sarebbe difficile metterle insieme. Quindi ogni società faccia la sua politica ma avendo l’idea che una collaborazione in determinati settori, ad esempio il rapporto politico con i dirigenti del basket nazionale, non sarebbe negativa. Cosi come nel settore tecnico per sviluppare la formazione di dirigenti e tecnici con una particolare attenzione ai settori giovanili”.

Il tavolo stampa al PalaSclavo in occasione del derby Note di Siena Mens Sana – Stosa Virtus

L’occasione è giusta. A beneficio di chi non credesse alla tua profonda competenza del basket, raccontaci di quando portasti il Sarrocchi alle finali europee studentesche…

“Non erano finali europee ma campionati mondiali studenteschi vinti da Israele con la Turchia: era il 1989. L’anno prima il Sarrocchi aveva vinto i nazionali dei Giochi della gioventù avendo in squadra Moretti e il bravo play Favilli. Quell’anno arrivai al Sarrocchi e mandarono me a Orleans. Non avevamo più Moretti né Favilli, fuori età, ma Frosini giovanissimo. Non fummo tra i protagonisti ma fu una bella esperienza, rappresentando l’Italia, seguiti anche negli spogliatoi dalle tv”.

Torniamo all’argomento sopra. Per unire le energie migliori bisogna saperle riconoscere. Metterei sul piatto la serietà e la competenza della Virtus, l’appartenenza del Costone e l’intraprendenza di Montomoli, la grandezza e la popolarità della Mens Sana. Come sto andando?

“Benissimo sono d’accordo”.

Sai che al momento conosco la Mens Sana più delle altre. La sensazione che ho è che certi senesi la vedano sempre come riserva di caccia. La Mens Sana deve dare per ottenere, ma ora non può dare niente ad alcuno. Ce lo ha anche spiegato il presidente che credo non ritenga possibile un percorso di crescita con le altre società senesi. Si sbaglia?

“Frati ha esperienza di sport e non solo. Conosce la città con pregi e difetti e quindi fa le sue scelte politiche. Ma, come ho detto prima, ogni società faccia la sua strada solo tenendo presente che su certi temi, di cui hai parlato prima, la collaborazione sarebbe importante. Ma non è detto che non ci possano essere giocatori senesi di altre società che potrebbero giocare nella Mens Sana. E’ accaduto in passato con Ceccherini del Costone e Giustarini della Virtus che hanno avuto un ruolo da protagonisti. E poi teniamo presente che anche in provincia operano società con cui Siena, che in generale deve guardare al territorio di cui è capoluogo con minore spocchia, può lavorare sul piano tecnico e organizzativo”.

Per finire, Augusto, tu che sei un pacifico ma non un diplomatico, un ultimo gesto da Cesare. Tu avessi il potere di mettere tutti i dirigenti del basket senese in uno stanzone e di dire loro “ora non s’esce fintanto che un accordo è preso” quali argomenti di discussione gli metteresti davanti?

“Non ho la vocazione del diplomatico. Sono un pacifico con qualche scatto incazz…. Poi bisognerebbe individuare gli argomenti. Mica è facile”.

Ultima cosa, qualcuno dice che sulla strada dell’unificazione del basket senese, si può aggiungere e mescolare quanto ti pare, ma alla fine il colore che viene fuori è sempre il biancoverde. Quando senti una cosa del genere, rispondi o dici semplicemente che ne riparleremo tra trentanni?

“Indubbiamente il biancoverde mensanino ha fatto la storia della pallacanestro senese fin da quando la squadra è andata in serie A battendo Rieti. Una storia bella finita purtroppo male per la crisi finanziaria di Mps. Erano gli anni della Siena sulla cresta dell’onda non solo nel basket ma anche nel calcio. Un periodo nel quale, tanto per parlare di giornalismo era difficile lavorare perché domandare qualsiasi cosa poteva disturbare l’atmosfera idilliaca della città. Tornare a quei risultati in tempi brevi mi pare molto difficile. Soprattutto le risorse finanziarie oggi sono molto minori. Oggi la ricchezza della Mens Sana è costituita dal suo numeroso pubblico aumentato di molto, come era prevedibile, con l’attuale campionato. E non sono pochi quelli che hanno seguito la squadra anche nelle serie più basse e meno attrattive. ecco, loro, meritano un gran rispetto”.

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