La mia rubrica #andataeritorno parla spesso di viaggi, di incontri lungo la strada. Questo è il primo articolo dell’anno e voglio raccontarvi un viaggio diverso, nato dalla scoperta di vecchi vinili in soffitta.
Non posso più suonarli, non avendo più un piatto dove farli girare, ma li ho trovati pieni di vita, capaci di risvegliare ricordi e domande che credevo sopiti. Allora mi sono fermato a riflettere.
Forse cercando un senso, una giustificazione a ciò che la vita mi ha dato e che forse ho rubato. Il senso è che, spesso, allontanandomi ho sì acquistato qualcosa dai miei viaggi, ma ho anche tolto qualcosa alle persone che mi stanno vicino. Ma questo sono io.
In questo insolito “editoriale” parlerò di pensieri in libertà , di vecchi dischi, compagni di una vita, di anelli di fumo e, forse, del nulla.
Non amo le feste “comandate”. Mi mettono a disagio, allora come reazione cerco di lasciarmele scorrere addosso, spesso leggendo o scrivendo storie, cercando di essere estraneo alla frenesia. Sdraiato sul letto, torno a un fine settimana lontano, quando il tempo mi apparteneva e i sogni erano la mia coperta. Rimanevo inerte, con gli occhi al soffitto, a godermi un istante senza ansia.
Sceglievo con cura un album, lo adagiavo sul piatto e, con due dita leggere, prendevo il pickup per appoggiarlo sul vinile. La puntina subito si incanalava sicura, senza incertezze, pronta a percorrere l’infinita spirale. Nel buio della mia camera mi lasciavo andare alla musica. La stanza ne era piena; nulla poteva entrare, le note si facevano grandi, occupavano tutti gli spartiti della mente. Non potevi scegliere da una playlist: lasciavi che le tracce del LP scorressero una dopo l’altra, fino al fruscio delle ultime note, al click che accompagnava la fine. Allora il silenzio riempiva di nuovo lo spazio.
Non mi alzavo per cambiare l’album: con il corpo di piombo affondato nel letto, tiravo su ancora un po’ di fumo, guardavo la brace della sigaretta che piano piano si consumava. E con lei il tempo, che sembrava non avere valore.
Solo invecchiando ho capito la qualità di quelle parole, di quei momenti che si sono sedimentati nell’anima. I versi di Leonard Cohen, Fabrizio De André, la chitarra di Jimi Hendrix, la follia di Syd Barrett. Una sua frase mi è rimasta nella mente: “Sono una persona piena di polvere e chitarra”.
Oggi mi sento proprio così, con il tempo che passa e la polvere che si accumula sulla vita. Una polvere densa, che non si solleva più e ti schiaccia.
Invecchiare è un paradosso. Siamo pieni di vita vissuta, di frammenti del passato, eppure perdiamo pezzi lungo la strada. Per quanto mi senta colmo di esperienze, il mio bicchiere aspetta sempre una goccia in più.
Nei giorni come oggi, si sente tutto il peso della polvere. Ora, seduto davanti alla tastiera, cerco di dare forma a pensieri che corrono indisciplinati. Mi rendo conto che la vita non è mai statica: anche quando tutto sembra fermo, qualcosa si muove dentro di noi.
E mentre rifletto su queste tracce di polvere e memoria, so che tra qualche settimana sarò di nuovo sulla strada, da solo. Spesso mi domando in cerca di cosa. Poi, una volta partito, sembra che sia la vita a venirmi incontro e a giustificare ogni passo. E allora non mi sento più in colpa per le persone che lascio, che forse staranno in pensiero. Ma è così: è più forte di me.
Perché lo fai? Mi chiedo, mi chiedono. Se dovessi rispondere sinceramente, direi che non lo so. È come una pila che si carica di vita, che mi permette di trascorrere giorni sereni e sopravvivere alla routine dei giorni che passo a casa. Forse è questo: un bisogno, un’energia che mi spinge a muovermi, a cercare, a vivere. O forse è solo il desiderio di sentirmi libero, ancora una volta.
Ecco, ho trovato, questo è il senso di questi giorni sospesi: un tempo per riordinare i ricordi, per riascoltare quelle tracce ormai incise nell’anima, per dare un senso alla polvere. Non è soltanto un peso: è memoria, è vita che ci ha segnato, che ci ha reso ciò che siamo. Ogni click, ogni fruscio, ogni nota che ci accompagna nel silenzio ci ricorda che il nostro LP non ha ancora finito di suonare. Ogni traccia è lì, pronta a raccontare una storia che vive ancora.
Meno male che le feste sono finite. Ora c’è spazio per nuove tracce da incidere, nuovi viaggi da intraprendere, nuovi ricordi da creare.
Luca Gentili