10.7 C
Siena
martedì, Gennaio 21, 2025

Quando la quota è andina, ecco le espeletia

Per “Straordinari matusalemmi vegetali” queste incredibili “erbe” che crescono di un centimetro l’anno e sono alte due metri

La settimana scorsa vi ho parlato dell’alerce patagónico del Cile, che, come singola pianta, potrebbe essere considerata forse la più antica al mondo. I ricercatori non hanno ancora concluso la loro valutazione, ma suppongono che questa pianta abbia più di 5.000 anni.

Parte seconda – Espeletia

Oggi vi parlerò di un altro straordinario incontro: una pianta definita erbacea perenne, l’Espeletia, e del suo fantastico habitat.

- Advertisement -

Ero in Ecuador, dove in un mese ho attraversato la maggior parte degli ecosistemi che puoi trovare in natura. Il mio viaggio, un anello perfetto, mi ha condotto attraverso luoghi tanto diversi quanto affascinanti, svelando passo dopo passo l’incredibile biodiversità di questo paese.

Dalle alture di Quito, la prima tappa mi ha portato nei boschi nebulosi attraverso il Passo del Quinde. Qui, immerso in una coltre costante di nebbia, ho scoperto un mondo magico, dove muschi e licheni ricoprono ogni superficie, e il canto degli uccelli si perde nell’umidità sospesa. Orchidee eteree galleggiano nell’aria come visioni immateriali.

Scendendo verso la costa, il paesaggio è cambiato radicalmente: tra foreste di mangrovie e le pianure solcate dai meandri del Río de Oro e del Río Peripa, si incontrano zone umide con pantani intricati e una vegetazione rigogliosa, un mosaico brulicante di vita selvaggia.

Risalendo verso l’interno, ho affrontato la maestosità del Chimborazo. Sulle sue pendici, il vento taglia il respiro e il gelo si fa sentire, mentre panorami sconfinati si aprono davanti agli occhi. Poi sono disceso a Baños, un’oasi di calore tra le montagne, con cascate tumultuose e sorgenti termali.

Nella giungla, a Puerto Misahuallí sul Río Napo, la foresta pluviale amazzonica svela la sua essenza: una sinfonia di colori, suoni e odori che si mescolano nel respiro umido e vibrante della natura primordiale. Ma la giungla, impenetrabile, ti obbliga quasi a tornare verso le alture.

Risalendo sulla Cordillera Andina, ho camminato lungo il confine con la Colombia, su sentieri che si snodano tra valli profonde e picchi maestosi, fino a una scoperta che non dimenticherò mai.

Il Parco Nazionale El Ángel mi ha accolto con il suo páramo, dove si ergono le straordinarie Espeletia, alte figure silenziose che sembrano guardiani di un mondo fuori dal tempo. Con un accrescimento di appena un centimetro l’anno, alcune di queste piante superano i due metri, testimoniando una longevità che si misura nei secoli. Qui, in questo luogo mistico e remoto, l’Ecuador mi ha rivelato il suo cuore più autentico e ancestrale.

Dal diario del 18 luglio

Stamani, la notizia principale è che non piove, anche se grosse nubi nere si rincorrono nel cielo. Il progetto spaccacollo per oggi è camminare lungo il confine tra Ecuador e Colombia, in direzione del vulcano Chiles, per poi scendere al piccolo villaggio di San Juan del Lachas. Una lunga sterrata di oltre 150 chilometri.

Iniziamo la salita, anche se la parola non definisce bene l’azione: ascendiamo in un’arrampicata di nono grado tra selci, breccia e “breccole” che schizzano via da sotto le ruote. Per prudenza, manteniamo una certa distanza l’uno dall’altro per evitare la mitragliata di sassi. Con fatica, raggiungiamo il cuore del Parco Nazionale El Ángel, a oltre 4.000 metri.

Non potete immaginare la sorpresa quando, intorno ai 3.500 metri, mi imbatto in un’infinita distesa di Espeletia. Alte circa un metro e mezzo, dalle foglie pelose e fiori gialli, queste piante coprono tutte le colline fino a dove l’occhio può arrivare. Creano un ecosistema che sembra alieno, visibile solo sulle Ande, chiamato páramo.

Le Espeletia agiscono come “spugne” naturali, assorbendo l’umidità dalle nebbie e dalla pioggia per poi rilasciarla lentamente, contribuendo a mantenere il suolo umido e alimentando fiumi e falde. La parola “páramo” deriva dallo spagnolo e ha radici nel latino paramus, che significa “altopiano” o “terra desolata.”

Questo paesaggio lascia stupefatti: c’è davvero qualcosa di sacro nel ripetersi frattale di queste piante. Mi fermo ad ammirarle, con le mani rattrappite dal freddo, che riscaldo un attimo sulla testata del motore prima di proseguire.

Arrivato sul pianoro alla base del vulcano, mi trovo davanti alle incredibili Lagunas Verdes, laghetti dai colori vividi adagiati in un’ansa del crinale. Poco sopra, il vulcano Chiles sembra tranquillo, ma i cartelli lungo la strada ricordano che è attivo, e l’aria è impregnata di un forte odore di zolfo, simile a uovo marcio.

Qualche chilometro più avanti incontro il suo gemello, il Volcán Cerro Negro de Mayasquer, con la terra bruciata e bruna che incute rispetto. Passo col motore al minimo, quasi fosse un gesto istintivo per non svegliare i giganti dormienti.

La discesa verso valle è indescrivibile: attraverso almeno cinque ecosistemi diversi, tra alberi e piante che cambiano continuamente, fino a ritrovarmi di nuovo nella foresta pluviale lasciata solo qualche giorno prima.

Dopo quella della scorsa settimana, ecco l’incontro con un’altra eccezionale emergenza naturale: le straordinarie Espeletia del Parco Nazionale El Ángel. Si trovano solo in pochissimi luoghi al mondo: il páramo delle Ande settentrionali, tra Ecuador, Colombia e Venezuela, e da nessun’altra parte. Questa rarità ne fa un simbolo di resilienza e unicità biologica.

Forse è proprio la loro posizione remota, tra venti gelidi e altitudini estreme, ad averle protette per secoli dall’intervento umano. Eppure, queste piante non sono semplici sopravvissute: sono custodi di un ecosistema unico, sacro per le popolazioni andine, che le venerano come simboli della connessione tra la terra e il cielo.

La protezione di luoghi così estremi ci ricorda che preservare il loro equilibrio significa salvaguardare una parte di noi stessi, della nostra storia e del nostro futuro.

La prossima volta vi parlerò degli olivastri di Luras, un’altra straordinaria testimonianza di resilienza naturale, questa volta in un contesto più accessibile, ma non meno affascinante.

(2 – continua)

Related Articles

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

ULTIMI ARTICOLI