Il brano di oggi è una sorta di monumento che svetta una spanna rispetto ad altri “monumenti”. Anche se “Il Cacciatore” è dell’idea di evitare il più possibile le frasi iperboliche, del tipo “la canzone più bella che abbia mai sentito”, “il film più emozionante che abbia mai visto”, “non esiste un ristorante dove si mangi meglio di qui”, lasciando invece saggiamente lo spazio per espressioni come “la bolletta della luce più alta che mi sia mai arrivata” oppure “la gabella del Consorzio di Bonifica è la più assurda tra le tasse da pagare”.
Riprendendo il filo (che smarrisco abitualmente allorché sostantivi, avverbi e aggettivi mi scivolano via sull’argomento tasse), non è, all’apparenza, che “Se telefonando” affronti chissà quali ancestrali problemi del mondo. All’interno di note e parole, infatti si sta svolgendo il quasi eterno problema della coppia che scoppia, ma che si riaccoppia perché è incapace di scoppiare. O, peggio ancora, perché nessuno dei due vuole sentirsi addosso la responsabilità dello scoppiamento.
La mia coscienza di “innamorato della (buona) musica” mi richiama prontamente all’ordine, rimembrandomi, se appena ce ne fosse bisogno, che il testo partorito dalle menti di Maurizio Costanzo e di De Chiara entra magicamente bene nella musica di Ennio Morricone formando un amalgama musicale che non ti dimentichi più. Costanzo e De Chiara (siamo nel 1966) stavano approntando un programma di varietà dal titolo (premonitore per i tempi nostri) “Aria condizionata” e scrivendo questa canzone pensarono di sentire il parere di Morricone. Il quale scrisse volentieri musiche e arrangiamento, sfruttando l’idea per quest’ultimo (all’inizio) delle sirene della polizia francese.
E l’approccio con Mina ? Costanzo ha raccontato che fu combinato un incontro con la cantante e il suo manager di allora, Gigante. Morricone si mette al pianoforte e la fa ascoltare, Mina prende il testo e, come racconta ancora Costanzo “…la cantò di fronte a noi che sembravamo i pastori al cospetto della stella cometa”. In seguito volle correggere “la tua mano sulla mia” in “le tue mani sulle mie”, forse temendo chissà quali reazioni dell’allora imperante censura.