Jasmine Paolini, una fonte di ispirazione per chi fa il mestiere di Paolo Benini
Roma, maggio 2025. Jasmine Paolini vince gli Internazionali d’Italia. Una gioia limpida, perfetta nella sua forma e nel suo simbolo. In uno scenario classico, davanti a un pubblico che ha imparato ad amarla in silenzio e poi tutto in una volta, Jasmine scrive una pagina di storia battendo Coco Gauff con autorità e grazia.
È la prima italiana dal 1985 a sollevare quel trofeo. Lo fa sorridendo, con quella sua bellezza solare che non ha bisogno di enfasi per farsi sentire.
Il giorno dopo, sullo stesso palcoscenico, Jannik Sinner cede in finale a Carlos Alcaraz. Un match solido, nobile, da atleta vero. Sinner è indiscutibile sotto il profilo della qualità, della dedizione, del rendimento. È un campione che sa stare nel tempo lungo della prestazione.
Eppure — per quanto lo stimi — non mi muove dentro. Non accende in me alcuna scintilla. Non mi fa pensare, non mi suggerisce nulla oltre il dato, oltre il risultato. È perfetto, ma non lo sento. Lo ammiro, ma non lo ascolto.
Jasmine invece sì. Jasmine mi parla anche quando non colpisce. Jasmine è l’inatteso che sboccia tra le noiose regole. In lei trovo qualcosa di più sottile della vittoria. È per questo che ho voluto scrivere di lei.
In un’epoca che celebra la forza, misura la potenza e rincorre la velocità, io scelgo Jasmine Paolini. La scelgo consapevolmente, controcorrente, e senza alcun bisogno di giustificare il gusto per ciò che, nel tennis come nella vita, vibra più in profondità. La ammiro oggi più di qualsiasi altro o altra, al di là del ranking, dei trofei o della continuità che la statistica pretende.
Jasmine Paolini è il manifesto vivente del processo, e il processo — per chi come me si occupa della mente umana — è il vero luogo in cui accade la grandezza. Paolini è emersa come emergono le verità durevoli: lentamente, con ostinazione, tra mille prove.
Nulla in lei è stato scontato, lineare, predestinato. Eppure tutto in lei è autentico. Non si è imposta, si è costruita. Non ha cercato di essere altro, ha reso più solido ciò che già era. E’ antifragile.
E nel suo tennis si respira questa fedeltà all’essere. L’ho scritto in Oltre ogni vittoria: “fare è già riuscire”. Jasmine fa, ogni giorno, lavora duro, ricerca duramente, vuole fortissimamente vuole. Glielo leggi in faccia. E per questo riesce. Riesce a smuovere qualcosa che va oltre la tecnica, che tocca l’essenziale.
Nel mio libro Tra i fiori il ciliegio tra gli uomini il guerriero, ho cercato di descrivere quell’armonia rara tra leggerezza e forza, tra grazia e intenzione, tra fiore e lama. Paolini è tutto questo. È il ciliegio in fiore che resiste ma è caduco. È anche il guerriero che non arretra.
Ha saputo trasformare una fisicità “non ideale” — almeno secondo i canoni dominanti — in un’arma segreta: velocità, lucidità, leggerezza mentale. Dove le altre picchiano, lei picchia con testa. Dove le altre forzano, lei immagina alternative . Gli può essere sufficiente o no ma non sono interessato.
E poi c’è qualcosa che va ancora oltre il gioco. Jasmine è luminosa. Non ha lo sguardo basso, non ha l’aria tormentata di chi si porta addosso il peso del dovere, del risultato a tutti i costi. Dà il senso di chi lascia accadere le cose tanto, talvolta, da esserne incredula lei stessa, o almeno sembra.
È solare, aperta, portatrice di un sorriso limpido che illumina il campo. Sprigiona bellezza. È bellezza, nella sua forma più nobile: quella che nasce dall’armonia tra quello che si è e quello che si esprime.
Non è costruita per piacere; mi piace perché è costruita per essere. Sorprende — e incanta — la sua capacità di generare una velocità di palla che contraddice la sua struttura minuta. Non è solo rapida, è esplosiva nel tempo breve, precisa nel tempo lungo. C’è in lei qualcosa che sfugge alla logica della biomeccanica tradizionale, qualcosa che David Foster Wallace avrebbe colto con affetto e stupore.
In quel meraviglioso saggio che è Roger Federer as Religious Experience, Wallace parla di Federer come di un uomo “parzialmente esonerato dalle leggi della fisica”. Ecco, senza forzare paragoni, anche Jasmine — a modo suo — appare a tratti come un’eccezione alla regola: la velocità che non ti aspetti, il peso di palla che contrasta con l’aspettativa visiva.
È un tennis che obbliga a farsi domande. Il contrasto con Aryna Sabalenka — atleta poderosa, imbattibile in certi giorni — è eloquente. Direi che Sabalenka è tempesta, Jasmine è vento teso e costante La bielorussa è la forza che travolge; Paolini è la trama che aggira, che intuisce, che previene.
Da professionista della mente, riconosco in Jasmine l’eleganza di chi ha fatto un lavoro profondo su di sé, anche se magari non l’ha mai chiamato così, forse non si è nemmeno accorta. E’ accaduto!
Nel mio Primum Non Nocere ho scritto di quattro categorie di persone: quelle che non sanno, quelle che credono di sapere, quelle che sanno e non agiscono, e infine quelle che sanno e trasformano. Paolini appartiene all’ultima.
E non perché lo abbia dichiarato, ma perché lo dimostra. Ogni scambio, ogni partita, è un laboratorio di trasformazione, in cui ciò che appare viene attraversato da ciò che è. Lei non gioca solo per vincere. Gioca per evolvere. E questo, per me, vale molto di più.
In Performance, ho criticato apertamente la follia del nostro tempo: la cultura dell’efficienza che toglie l’anima alle cose. Jasmine restituisce anima al gesto sportivo. È una figura che non si limita a “performare” nel senso tecnico del termine. E nel suo modo di essere atleta trovo tutto quello che cerco nel mio lavoro: autenticità, equilibrio, verità.
Nietzsche scrisse che il superuomo è colui che ha il coraggio di creare nuovi valori, sfidando il conformismo del gregge. Jasmine in qualche modo sembra non seguire la traccia ma la crea. Non rincorre un’idea di eccellenza già definita, la modella dentro i suoi confini, trasformandoli.
È una “stella danzante”, nel senso più vero: non si limita a vincere, suggerisce che è possibile farlo in modo diverso da come fanno tutti perché lei non è tutti.
Ecco perché, tra tutti, è lei la mia ispirazione.