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sabato, Maggio 24, 2025

È il momento di costruire un progetto comune progressista

Passione Democratica spinge l’acceleratore sull’esigenza del centrosinistra di proporsi competitivo

Riceviamo e pubblichiamo da Passione Democratica, il gruppo vicino al Pd che fa capo tra gli altri a Giovan Battista Zona (foto)…

C’è un’urgenza che attraversa in modo trasversale chiunque, nella nostra città, continui a credere nei valori dell’uguaglianza, della giustizia sociale, della partecipazione democratica e dell’antifascismo. Un’urgenza che non riguarda solo la dimensione istituzionale, ma che si avverte nelle piazze, nei quartieri, nei luoghi dell’associazionismo, tra chi si spende ogni giorno per i diritti, per la pace, per l’accoglienza, per la dignità del lavoro e la difesa dei beni comuni.

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Questa urgenza si chiama ricostruzione. E il primo passo è riconoscere che le forze progressiste, oggi, esistono più come pluralità dispersa che come soggetti disponibili a collaborare come comunità collettiva. Esiste nelle opposizioni in consiglio comunale, certo, ma anche fuori dai luoghi del potere. Vive in associazioni culturali e civiche, nei gruppi di volontariato che si fanno carico delle fragilità sociali, nei movimenti per il clima e contro le guerre, nei collettivi studenteschi e nei sindacati. Il mondo progressista c’è, ma fatica a riconoscersi, a parlarsi, a costruire convergenze.

La domanda che dovremmo porci, con sincerità e senza retorica, è questa: cosa impedisce oggi a queste energie di trovare un terreno comune?

Non si tratta solo di differenze politiche o culturali. Quelle, nella vita democratica degna di questo nome, sono un valore. Il problema è piuttosto il peso delle fratture passate, dei personalismi, di logiche di posizionamento che hanno finito per prevalere sul progetto collettivo. A volte manca la fiducia reciproca, altre volte un luogo riconosciuto in cui confrontarsi alla pari. Ma soprattutto, manca un obiettivo condiviso che sia più ampio dell’autoconservazione di ciascuno.

Eppure, oggi più che mai, unire non è una parola vuota, né un esercizio nostalgico. È un’esigenza concreta, dettata dalla crisi strutturale che attraversa la nostra città: un declino che non è solo economico e demografico, ma culturale e civile. È sotto gli occhi di tutti la difficoltà crescente nel garantire servizi essenziali, nel proteggere e potenziare un modello di sviluppo sostenibile, nel tenere insieme le generazioni, nel contrastare l’apatia politica e l’isolamento sociale.

Una galassia progressista che voglia davvero invertire questa deriva deve ritrovare il coraggio del confronto e del progetto. Deve smettere di considerarsi una somma di minoranze in difesa, e iniziare a riconoscersi come un luogo largo di sperimentazione e proposta. Un campo che non nasce dall’alto, ma che si costruisce passo dopo passo, nella relazione tra chi rappresenta e chi si impegna ogni giorno nei territori.

Serve una costituente sociale e politica che non si limiti a un’alleanza elettorale, ma si dia il compito più ambizioso di rimettere in moto un processo di ricomposizione. A partire da alcuni assi condivisi: la difesa e l’attuazione piena della Costituzione; l’antifascismo come fondamento etico e politico; la lotta alle diseguaglianze; la conversione ecologica e l’economia solidale; la centralità del lavoro e dei diritti; l’accoglienza e la convivenza come risposte all’imbarbarimento del discorso pubblico.

Nessuno, da solo, può pretendere di guidare questo processo. Né i partiti, né i movimenti, né le singole realtà civiche. Ma tutti, insieme, possono contribuire a immaginare e costruire una campo plurale, capace di tenere insieme radicamento locale e sguardo globale. Un campo progressista che non sia ripiegato sulla nostalgia, ma rivolto al futuro. Un futuro da condividere, da contendere, da progettare.

Non c’è una formula magica. Ma c’è una necessità evidente: mettere da parte l’autosufficienza e la diffidenza, aprire spazi di confronto reale, riconoscere la legittimità dell’altro. E provare, insieme, a dare voce a chi oggi non ne ha, a dare forma a un’alternativa credibile, concreta e inclusiva.

È un compito difficile, certo. Ma è l’unico che valga davvero la pena di assumere.

Passione Democratica

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