Dopo l’ultima emissione anomala, la città è chiamata a riflettere sul futuro dell’impianto, senza contrapposizioni ideologiche
In questi giorni, Siena è tornata a interrogarsi sul proprio rapporto con il forno crematorio situato al Laterino, all’interno del cimitero cittadino. Le immagini diffuse ieri, 4 agosto, da residenti e comitati parlano da sole: una colonna di fumo nero, visibile a distanza, ha riacceso paure mai sopite. Paure che non nascono da ideologia o isteria collettiva, ma da una legittima richiesta di chiarezza, sicurezza e lungimiranza.
L’Amministrazione ha fornito una spiegazione tecnica: un guasto provocato da blackout elettrici multipli ha compromesso i filtri, causando un’emissione anomala e – a quanto pare – temporanea. L’attività dell’impianto è poi ripresa senza ulteriori criticità. Nulla di irreparabile, forse. Ma l’episodio ci ricorda, ancora una volta, che il tema non può più essere eluso o derubricato a fatto tecnico occasionale.
Non si tratta di essere “contro” o “a favore” del forno crematorio. La cremazione è una pratica sempre più diffusa, legittima, e per molti persino desiderabile. Il punto, semmai, è dove e come si colloca un impianto di questo tipo in rapporto al tessuto urbano e alla salute pubblica.
Il Laterino oggi non è un luogo periferico o isolato. È incastonato in una zona residenziale, con abitazioni, scuole, strutture sportive e aree verdi nel raggio di poche centinaia di metri. Un tempo poteva apparire come una scelta praticabile; oggi, con l’evoluzione della città, e le richieste da fuori, appare sempre più fragile.
Chi solleva il tema della rilocalizzazione non lo fa per ideologia, ma per buon senso. Chiede che si apra una riflessione seria sulla possibilità di individuare un’area più idonea – più lontana dal centro abitato, più sicura dal punto di vista ambientale – dove eventualmente collocare un nuovo impianto crematorio moderno, efficiente e trasparente, magari integrando anche un servizio per la cremazione degli animali domestici, ormai richiesto da molte famiglie.
Le scelte che contano sono spesso quelle più difficili. E richiedono tempo, ascolto e coraggio. Non si tratta di chiudere il forno domani né di gridare all’emergenza, ma di immaginare un futuro diverso, più compatibile con i bisogni e i diritti di tutti: di chi lavora al forno, di chi lo utilizza, di chi vive a pochi metri da esso, di chi respira quell’aria ogni giorno.
La città ha bisogno di uscire da una logica di contrapposizioni e trovare una via condivisa. Il tempo degli allarmi non finirà fin quando non arriverà il tempo di decisioni vere. Lo dobbiamo alla nostra salute, alla nostra convivenza, al nostro modo di pensare e costruire Siena nel tempo che viene.