Sul palco un trinomio d’effetto: Antonio Tasso con Marta Marini e Silvia Golini. Applausi e crescendo finale
Chi li ha messi insieme potrebbe essere una storia da raccontare. Ma nel trinomio che ieri si è esibito in “La storia siamo noi: Siena, vizi e virtù”, serata pubblica all’Hotel Garden per raccogliere fondi a beneficio delle attività sociali e benefiche di “Io Tifo Mens Sana”, c’è equilibrio, capacità di interpretazione e una cultura sofisticata. Popolari e popolani, ma con qualcosa di aggiunto.
Ebbene sì, per tutto lo spettacolo, il vernacolo e i sonetti hanno avuto preponderanza assieme alle canzoni, ma hanno riguardato in prevalenza personaggi della così detta cultura bassa, popolani, ma integri nelle loro convinzioni e nella loro appartenenza, fedeli a se stessi a tal punto da trattare come peggio non si potrebbe avventori occasionali come Sting o Lucio Dalla.
Il primo dei due, addirittura, da Roberto Giardi detto Pancino, titolare dell’Osteria La Patria di Rapolano, il cibo non lo vide perché arrivò quand’era ora di chiudere.
La prima volta che incontro Antonio Tasso – probabilmente stasera – avrò bisogno di chiedergli se la sua narrazione è tutta vera o l’ha mischiata a leggende metropolitane ed abbellimenti poetici. In ogni caso – e qui è il caso di riproporre un pezzo che ha scritto su di lui Massimo Biliorsi – c’è tanto merito nel collezionare, ricordare e organizzare aneddoti senesi che con le sue espressioni arricchisce.
Ne ho avuto in mente uno tutta la notte; di quel popolare senese che, un tantino offuscato, con il camioncino sfondò una vetrina del Monte dei Paschi. E quando qualche tempo dopo gli chiesero come gli andava la vita, rispose imperterrito: “Bene, so’ entrato al Monte”.
Ma il carisma e la presenza di Antonio Tasso non devono offuscare i meriti delle cooprotagoniste, voci educate e melodiose, capaci coi loro strumenti. Marta Marini a Siena è arrivata dal conservatorio di Milano, azzarderei quello in cui è ambientata la Compagnia del Cigno; nella nostra città insegna, e non tanto occasionalmente suona, sia la chitarra che il mandolino. Silvia Golini che sembra la monella del gruppo è madre ed è stata autista di bus; ha inoltre scritto per i tipi della Betti un libro – L’Inferno di Dante – e quindi è forte la presunzione che sia lei l’ispiratrice della parte di spettacolo dedicata al “non troppo amato” divin poeta.
La serata per la quale è assolutamente necessario dire che “gli assenti hanno avuto torto” è stata avviata da Laura Bucci, membro del consiglio direttivo di Io Tifo Mens Sana che con cortese pignoleria ha voluto ringraziare ognuno per il contributo dato: dalla famiglia Stasi per gli scintillanti locali a Fulvio Muzzi per le apparecchiature, poi gli artisti, il pubblico, Curzio Mazzi per la promozione, le testate cittadine per la divulgazione.
A una sala gremita, perché – lo ha ricordato Laura – Io Tifo Mens Sana ha oltre quattrocento soci attivi che con i loro ospiti sono capaci di riempire ogni sito, lo spettacolo è risultato dapprima gradevole ed infine coinvolgente quando si è attaccato le canzoni della Mens Sana fino al crescendo finale quando tutti in piedi hanno cantato insieme la Verbena.
Ed in precedenza era stato fatto un augurio collettivo e un complimento alla tifoseria del Siena che il 21 aprile vivrà il sogno di riappropriarsi del proprio stadio, l’Artemio Franchi.
Stasera a Palazzo. L’avversario è il Costone, all’andata per la Note di Siena il risultato fu sfavorevole. Anzi, abbastanza sfavorevole. Coach Betti avrà problemi a schierare Puccioni, per tutta la settimana affetto da febbri influenzali importanti e, per la stessa ragione, non avrà Giorgi. Chi vince conta relativamente: entrambe andranno alla successiva fase, quella dei playoff, dove almeno all’inizio non si incontreranno nuovamente. Ai biancoverdi per esser sicuri di mantenere il fattore campo, peraltro finora ininfluente, nella prima semifinale servirà racimolare due punti fra questa gara – che inizierà al PalaEstra alle 20:45 – e la prossima, in trasferta a Sansepolcro. In alternativa deve sperare che il Pallone della Sancat con il suo freddo e la sua condensa sia fatale anche a San Vincenzo.