Da una “semplice riorganizzazione” alla messa a nudo delle profonde crepe del Partito Democratico della Città
La vicenda del dimissionamento di Giulia Mazzarelli dalla carica di capogruppo del Partito Democratico in Consiglio comunale a Siena non era una sorpresa per nessuno dei protagonisti coinvolti. Era nell’aria da settimane. Prima con la richiesta – silenziosa e quasi privata – di farsi da parte. Poi con la decisione formale di procedere alla rimozione, una volta accertata l’indisponibilità di Giulia a una resa senza parole. In tutto questo tempo gli organismi del partito sono stati informati, interpellati, messi a conoscenza dei fatti.
Nessuno ha mosso un dito. La segretaria comunale si è trincerata dietro la “sovranità del gruppo consiliare”, come se si trattasse di una faccenda neutra, tecnica, e non dell’epilogo di un confronto politico più ampio. Come se la scelta di rimuovere l’unica voce fuori dal coro non fosse portatrice di un messaggio chiaro: nel Pd senese non c’è spazio per chi non si allinea.
Il segretario provinciale, magari aspetta il momento in cui si possa scuotere la testa in segno di dissenso, ma si possa fare ben poco. C’è poi il Segretario Regionale che ha però altro di cui occuparsi. In fondo, più caos c’è a Siena, più aumenterà la libertà di manovra sulle candidature per le prossime regionali?
Dalle parti di Firenze qualcuno dice “meglio un Pd senese debole, che non avanzi troppe pretese”. Oggi Siena ha un assessore e due consigliere regionali: probabilmente, a qualcuno non dispiacerebbe ridurre il numero.
Si dirà che è solo una questione interna, che fuori interessa poco. Può darsi. Ma chi ancora guarda al Pd come a una forza politica plurale, capace di ascoltare le differenze e di farne una risorsa, non può non vedere in questa vicenda un segnale profondo e preoccupante.
A Siena, insomma, come accade anche altrove, si continua a pensare che il nemico sia il vicino di banco. Si colpisce chi è più prossimo, chi è stato eletto dagli stessi elettori, chi ha osato dire “io la penso diversamente”. È il riflesso condizionato di una classe dirigente che non sa più distinguere tra confronto e resa dei conti, tra pluralismo e sabotaggio. E che, purtroppo, crede ancora che le fratture si risolvano con le esclusioni.
Giulia Mazzarelli in un comunicato esprime delusione e amarezza per la richiesta di dimissioni da capogruppo del PD in Consiglio comunale, che interpreta come un atto di prevaricazione interna privo di una reale visione politica. A suo avviso, questa scelta non rafforza l’opposizione né avvicina il partito alla città, ma restituisce l’immagine di un PD diviso e autoreferenziale. Rivendica il lavoro svolto finora, il tentativo di dialogo con le altre forze del centrosinistra e la ricerca di posizioni chiare su temi cruciali come Tari, urbanistica e bilancio. E, pur sotto pressione, ribadisce di non voler fare un passo indietro, ma anzi di voler rendere la minoranza più combattiva e coerente. Dunque Giulia Mazzarelli resta consigliera comunale e componente del gruppo Pd.
Dopo il dimissionamento di Mazzarelli, cosa farà #controcorrente? La domanda, dentro e fuori il Partito Democratico senese, inizia a circolare. Ma se le parole della Mazzarelli hanno un senso, nessuna uscita, nessuna resa dei conti definitiva. Non sembra proprio questo lo scenario che si sta configurando. Non perché manchino i motivi di dissenso, ma perché prevarrà un altro tipo di valutazione, più profonda e strategica.
Chi si riconosce in #controcorrente considera il Pd – questo Pd – ancora un luogo da contendere, da abitare, da riformare. Una creatura politica di cui non si sentono ospiti, ma fondatori. Ed è difficile immaginare che scelgano di lasciare il campo a chi oggi lo guida, rinunciando a ogni possibilità di parola e intervento.
C’è poi un dato politico concreto: l’esperienza degli ultimi anni insegna che chi è uscito dal Pd, anche con argomenti legittimi, ha spesso perso la possibilità di interloquire con esso. Almeno per un periodo. Ha magari trovato spazio in esperienze civiche o in altri contenitori politici, ma si è tagliato fuori dal confronto che ancora oggi si svolge – con tutte le sue contraddizioni – dentro il partito. Ultimo caso nel 2022 per dieci iscritti.
Per questo è prevedibile che #controcorrente resterà. Non con atteggiamento remissivo, ma con una presenza vigile, attrezzata, capace di leggere statuti, regolamenti e prerogative delle minoranze. E destinata, questo sì, a diventare un pungolo costante ulteriore. Aspetteranno i passaggi importanti: le prossime candidature, le liste regionali, i momenti di discussione pubblica. Sapendo che, alla lunga, la pazienza e la coerenza possono essere una forma di resistenza attiva.
La storia del Pd senese è costellata di fuoriuscite e rientri. Stavolta, forse, si sceglierà di rimanere e di non concedere ad altri la comoda narrazione di un partito finalmente “unito” dopo aver silenziato ogni dissenso.
La sfiducia nei confronti della capogruppo Giulia Mazzarelli, decisa da una maggioranza del gruppo consiliare non è rimasta confinata alle stanze di Palazzo Pubblico. Sta, invece, coinvolgendo il partito.
Una decisione apparentemente legittima – quella di cambiare la guida del gruppo consiliare, sostituendo Mazzarelli con Anna Ferretti – ma sostanzialmente esplosiva per metodi, tempistiche e significato politico, sta riaccendendo tutte le tensioni latenti in un partito che, dopo due sconfitte elettorali consecutive, un commissariamento e un congresso straordinario fatica a ritrovare una rotta condivisa.
A muoversi per primi sono stati alcuni iscritti al Circolo PD di Siena Nord, quello a cui la stessa Mazzarelli è iscritta. Hanno chiesto al segretario – che già si era attivato – di convocare una riunione urgente degli organismi.
Nel frattempo, la componente di #controcorrente – legata a Simone Vigni – ha diffuso un comunicato dai toni molto netti. “Non si tratta solo di una persona rimossa – vi si legge – ma del rischio di smarrire l’idea stessa di un partito regolato da organismi collettivi e capace di confronto”. Il testo denuncia “un uso proprietario e discrezionale delle prerogative consiliari”, con decisioni prese senza un percorso condiviso, “convocazioni senza confronto” e “sostituzioni imposte sulla base di accordi preconfezionati”.
Anche Passione Democratica, l’altra (ex?) area di minoranza interna, ha affidato a un post considerazioni amare: “Il Pd trova sempre nuovi modi per farsi del male, anche nei momenti peggiori”. E ancora: “L’unità costruita per espulsione del dissenso non è unità: è pensiero unico”. A Giulia Mazzarelli viene espresso sostegno umano e politico, con un appello a non rinunciare all’impegno per cui è stata eletta.
Ma il fronte del dissenso non si è fermato a Siena. #controcorrente sta preparando una lettera indirizzata ai vertici del partito: alla segretaria nazionale Elly Schlein, al presidente Stefano Bonaccini, ai segretari di regionale, provinciale e comunale. Il testo, che sarà inviato a breve, ricostruisce la vicenda, denuncia la sordità degli organismi dirigenti (abbiamo taciuto solo per rispetto dell’appuntamento referendario) e annuncia l’intenzione di restare nel Pd per costruire una lunga e determinata opposizione interna a tutto ciò che tradisce il senso di una comunità politica. C’è poi da capire cosa ne penseranno “le donne democratiche”…
Intorno a tutto questo si muovono anche figure più defilate, ma attente: tra queste, Stefano Bisi, che in tre post pubblicati sul suo blog parla apertamente di “bubbola nel Pd” e della fatica di trovare nel partito un equilibrio tra generazioni, visioni, stili di leadership. E si immagina chi potrebbero essere i pontieri.
Inoltre, Pierluigi Piccini, già sindaco di Siena e voce ancora ascoltata nel dibattito pubblico cittadino, ha osservato come l’attuale debolezza del Partito Democratico rischi di lasciare la città senza una vera opposizione. Secondo Piccini, in vista delle prossime amministrative, la vera sfida per tutti gli schieramenti – nessuno escluso – sarà quella di costruire candidature in grado di vincere al primo turno, evitando il ballottaggio. Una condizione che impone visione, credibilità e capacità di parlare all’intera città, superando tatticismi e logiche interne.
Anche Sena Civitas, lista civica di maggioranza, pur non entrando nelle dinamiche interne del PD, segnala che il nodo non è una persona, è il disorientamento dell’opposizione.
Quando manca una visione condivisa, a indebolirsi non è solo un gruppo, ma la funzione stessa del Consiglio comunale come spazio di confronto democratico. La maggioranza resta compatta, disponibile al dialogo solo se orientato al bene comune, non a logiche di partito.
In definitiva, la vicenda non si sta riducendo alla semplice rotazione di una figura consiliare. Dietro la sfiducia a Mazzarelli si condensano due idee diverse di partito: una che invoca l’unità come disciplina interna, e un’altra che rivendica il dissenso come valore costituente. Il rischio – come sempre – è che alla fine non vinca nessuna delle due, ma solo l’indifferenza dei cittadini.
Insomma per il Pd senese si prepara a un’estate calda. E non sarà per il clima.