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giovedì, Aprile 17, 2025

Mens Sana, quando l’estasi è causata dal delirio

Rimettiamoci presto in corsa. Quel che è stato con Serravalle è finito, quel che sarà con Gallarate è davanti a noi

Lo scorso venerdì ricorrevano i tredici anni dalla morte di mio padre. Fabio. Qualche giorno dopo lo ricordammo assieme alla città con affaccio, una city jazz band che l’altrettanto compianto Franco Caroni mi aiutò ad allestire in fretta e furia e merendone nella Società della Selva. Cose che si fanno a Siena.

Per un primogenito un genitore come lui era un carico non indifferente. Aveva fatto tutto, di più e meglio. Quando raggiunsi la goliardia, non solo era stato principe anni prima e co-autore di quella fortunata sceneggiatura collettiva che va sotto il nome di “Beffa degli arabi” – indimenticabile per l’ardire e l’intelligenza -, ma appresi che le sbornie di cognac come le prendeva lui non c’era pari. Fu dura per me; compresi che anche come ‘mbriaco non avrei raggiunto primati.

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Con questo pensiero vorrei riscrivere oggi di Mens Sana. Stasera riprendono tutti ad allenarsi e non devono farlo gravati da giudizi sospesi.

Giocatori e tecnici li abbiamo trattati maluccio, eppure… con il senno del poi, erano reduci da sette vittorie consecutive e fino a quel momento erano soli in testa. Purtroppo e per fortuna, per loro, ogni prestazione dei biancoverdi viene assimilata a una storia e secondo questa storia vengono giudicati.

E’ chiaro che se dico a Daniele Marrucci che l’elasticità e la potenza delle sue gambe mi ricordano Sato lui mi prende per strullo, lo stesso se paragono Belli a Haynes, o se viste movenze e capigliatura scambio “Sandro” con Stonerook. E poi Tognazzi con Kaukenas, Ivanay con Hawkins, Prosek con Lavrinovic, Jokic con Eze, Pucci con Kakiouzis, Tilli con Ilievsky, Neri con Moss e Ragusa con il “Ghiaccio” dei tempi d’oro.

E non vi dico nulla di Innocenti – reazione già vista – cui chiedevo tempo fa se, similmente a Pianigiani o Banchi, ci avrebbe fatto vincere trofei dopo che Betti ci avesse portato in A e fosse andato a cercarsi qualche panchina d’oro. Per Edo infine direi Vrbica Stefanov, ma anche semplicemente Pannini, dato che ormai la sua identità si è radicata. Da qualche parte, nella storia Mens Sana, qualche riga è già stata scritta sul cuore di questo capitanino coraggioso che esordì in A2 in uno dei giorni più cupi della nostra storia. Ed ormai è indelebile.

Quello che i ragazzi mostrano di non capire è che i loro tuffi, le loro sbucciate di ginocchi, i loro recuperi, la loro passione, la loro devozione, ci riportano immediatamente a quella certezza che il pubblico vuole avere di una grandezza sopita pronta a risvegliarsi. In questi grami anni di agonismo dimezzato, nei quali anche Costone e Virtus spesso ci sbeffeggiano, per il tifoso biancoverde l’importante è poter chiudere gli occhi e sognare sapendo che chi sta in campo darà tutto.

Giocare alla Mens Sana non significa timbrare il cartellino. Se l’inerzia di una partita cambia e si passa avanti di dieci punti, il pubblico ne vorrà venti, poi trenta, poi quaranta. E’ certo un peso ma anche grande onore. La grandezza alla Mens Sana passa per il collettivo, non c’è invece se uno pensa solo a se stesso.

E quando il dottor Paolo Benini ci ha detto che la Mens Sana è una delle poche istituzioni senesi che ha in sé i geni per recuperare grandezza, la cosa l’ho sentita profondamente vera. Purché chi ne veste i colori ci creda e non voglia invece abbassare le pretese a quote raggiungibili e mediocri. L’asticella della Mens Sana è sempre fissata sul record mondiale. Che non sempre va per forza raggiunto, ma che sempre va tentato. Chi non ci crede vada pure altrove.

A essere sinceri questi ragazzi hanno più dubbi su noi di quanti ne abbiamo noi su loro. Sono galvanizzati per quello che avviene alla fine di una partita vinta, ma covano nell’intimo una sfiducia, un’incertezza, il limite che essi danno a se stessi. A me sembra evidente, anche se non devono sentirsi così.

Un anno fa li abbiamo amati pur se sconfitti e possiamo tornare ad amarli per quello che faranno sabato a Gallarate. Il vostro tutto, ragazzi nostri, a noi basta. Ma questo tutto ci deve essere. Sempre e comunque. Datelo e abbiate fiducia nel nostro giudizio.

La striscia di sette è stata importante e auspicata, ma a noi sono sembrate altrettante flebo applicate a una squadra già preoccupata per il domani, per il cosa fare dopo il raggiungimento di una salvezza ancora da prendere. Così non va. Meritatevi il nostro rispetto e per primi abbiate rispetto per voi stessi.

Il nostro augurio per Gallarate ve lo facciamo con la foto che ho avuto grazie alla gentilezza dell’amico Antonio Tasso. Partite per Gallarate come loro fecero quel giorno. Questa foto venne scattata prima del volo Ampugnano-Lione Saint Exupery e prima di vincere la coppa Saporta il cui pallone da gara, con le firme dei protagonisti, Boris Gorenc ha regalato alla Società domenica scorsa.

Fatevi ispirare ragazzi e accontentatevi di una certezza: quello di grande che la Mens Sana potrà fare in futuro non sarà stato possibile se oggi voi non ne aveste vestito la casacca.

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