Da San Domenico a Piazza del Campo, tra foto e applausi, “invitati” da un piccolo contradaiolo nella gioia grande per il cencio
C’è stato un momento, nel pomeriggio di sabato, in cui il sole ha avuto la delicatezza di non farsi troppo invadente. L’aria era quella giusta, l’atmosfera carica di quella tensione che però, in certi momenti senesi, si fa tenerezza e festa, quasi familiarità collettiva. Ero lì, alla partenza del Corteo della Vittoria, davanti a San Domenico, e poi ancora seduto comodamente a un tavolino in Piazza del Campo, aspettando l’arrivo.

Non sono contradaiolo nel senso stretto, ero lì perché nel corteo c’era lui, il nipotino fresco di battesimo contradaiolo, accompagnato dalla mamma, e con quegli occhi spalancati sulla folla, sul tamburo, sui colori, sembrava capace di vedere tutto e forse lo era davvero.

Non ho seguito l’intero corteo, no, ho scelto l’angolatura da osservatore privilegiato, tra una foto e l’altra, anche se verso la fine il telefono mi ha abbandonato per esaurimento di memoria, perdendo le immagini del Cencio.

Ma quel che conta è rimasto, e forse anche abbastanza da raccontarlo. C’era la gente di Fontebranda, l’Oca vincitrice del Palio di luglio, in festa e in movimento, con la sua eleganza di popolo, il suo orgoglio, la sua musica antica.

Eppure non era solo la contrada a sfilare. Erano le famiglie, le generazioni, le storie che si intrecciano e si ricompongono nei cortei.

Era un pezzo grande di città che si riconosceva in se stessa, e che salutava il Campo non come spettatrice, ma come protagonista.

E poi, quello che contava per me: lo sguardo pieno di futuro di un bambino che inizia a capire cosa significhi la sua nuova appartenenza, e che intanto la vive, la respira, la impara attraverso i sorrisi e i cori.

Il Corteo della Vittoria – di qualunque contrada sia – non è solo una celebrazione. È una narrazione viva, che ogni anno si scrive sui volti di chi c’è. E se non ci sei, in qualche modo, ti manca qualcosa. Stavolta c’ero.

Non in costume, non in corteo, ma c’ero e ho visto passare l’orgoglio dell’Oca come si guarda il passaggio di un treno importante: sapendo che porta con sé ricordi, passioni e un pizzico di eternità.