Nuovo caso politico o apertura del dibattito su pluralismo e gestione unitaria del Partito?
Nel Partito Democratico di Siena, le dimissioni dalla Direzione Comunale di Pasquale Difonzo e Fiorino Pietro Iantorno riaccendono la discussione sulla vita interna del partito. Nella lettera inviata alla segretaria comunale Rossana Salluce e alla presidente dell’assemblea Rossana Mancini, i due parlano esplicitamente di «difficoltà incontrate nel promuovere un confronto politico autentico» e di scelte «assunte senza un reale coinvolgimento della direzione».
La critica più diretta riguarda la recente sostituzione della capogruppo in Consiglio comunale, avvenuta – secondo i dimissionari – senza un passaggio trasparente negli organismi politici preposti. Ma la loro uscita non si limita alla direzione: è un passo d’addio anche dal partito, che, scrivono, «non offre allo stato attuale uno spazio adeguato ai principi del dialogo, del pluralismo e della costruzione collettiva delle scelte».
La reazione interna non si è fatta attendere, anche se non ha assunto forme ufficiali. I commenti circolati tra iscritti e simpatizzanti – in ambienti informali e nei canali di discussione più o meno visibili – rivelano un certo scetticismo. C’è chi sottolinea che l’adesione di Iantorno al PD sia avvenuta solo di recente, dopo anni di critiche al partito. Altri leggono il gesto come una mossa tattica, o un posizionamento in vista di future aggregazioni civiche.
C’è poi chi – pur dichiarandosi distante dai due sul piano politico – esprime dispiacere per un partito che sembra restringere i margini del confronto, anche interno. In alcune valutazioni si intravede una riflessione più ampia: il segno che le difficoltà attuali sono figlie di una gestione commissariale passata, che ha lasciato fratture aperte e assetti non condivisi. Una lettura diffusa riconduce molte delle tensioni a quanto avvenuto nel periodo del commissario e alla transizione che ne è seguita, con un congresso vissuto da alcuni come un’occasione mancata per costruire una reale unità.
La domanda che resta aperta è se queste dimissioni costituiscano un segnale politico isolato o l’inizio di un nuovo movimento. Nella lettera si accenna a un “altrove” in cui i due proseguiranno il proprio impegno: non è chiaro se si tratti di un progetto civico, di una collaborazione con soggetti già attivi fuori dal PD o semplicemente di una pausa dalla militanza organizzata.
Quel che è certo è che questo episodio mette in luce una difficoltà di tenuta del gruppo dirigente e una carenza di spazi di confronto politico vero, in un partito che – almeno nelle intenzioni – dovrebbe essere laboratorio di pluralismo e inclusione.
In una città come Siena, dove la storia della sinistra è ancora viva nella memoria collettiva ma fatica a trovare nuova forma, questi episodi dovrebbero servire da stimolo per rimettere al centro ciò che un partito dovrebbe essere: una comunità politica, non solo un contenitore elettorale.