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giovedì, Novembre 21, 2024

Proiettati al futuro? E proiettiamoci ovvia!

Eugenio Neri accetta di confrontarsi sulla “Siena che sarà”: non quella usata e consumata; e densa di ricuciture

Riceviamo e volentieri pubblichiamo uno scritto di Eugenio Neri che riprende una riflessione di recente pubblicata su SienaPost.

L’articolo scritto da Luca Gentili – E se… scoprissimo una Siena a misura d’uomo – merita di essere apprezzato con qualche sottolineatura e commento. Comunque…

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Bello! Questo è il primo pensiero leggendolo, veramente.

Ho vissuto in una famiglia dove l’urbanistica era il pane quotidiano. Prima ancora dell’architettura. Il progetto. Un’idea di città!

La memoria corre indietro, agli anni ’60, quando il babbo, architetto e urbanista, insieme ai giovani architetti dell’epoca, dietro il Piano Piccinato, teorizzarono l’Acqua Calda e i nuovi insediamenti per preservare le valli verdi. Avere respiro, e costruire la città.

Come il babbo criticò pesantemente il piano Secchi – allora si disse perché era un ingegnere e non un urbanista -; in realtà lo fece perché il piano non ebbe il respiro che Siena meritava: più rivolto alle sue destinazioni d’uso (in alcuni casi giudicate “clientelari”) piuttosto che a risolvere i problemi del momento e del futuro.

Così come in seguito fu adottata una politica per i parcheggi che, seppur a giudizio di alcuni sbagliò gli attracchi (dal Costone invece che del dispensario da Siena petroli), almeno ci ha dato un sistema che ha funzionato e in qualche modo ha portato ricchezza alla città.

Flash che tornano alla memoria. Pezzi di città. Epoche diverse. Ma un filo conduttore. Idee, progetti, visioni! Giuste o sbagliate che fossero.

E il pensiero corre all’oggi… Piani urbanistici fermi al 2019; varianti edilizie su varianti edilizie. Una città condannata alle “ricuciture”, a riempire di carichi urbanistici ogni lembo disponibile… ogni immobile ristrutturabile. Certo è vero ormai nessuno parla più di traffico. Ma il traffico c’è eccome!

Un sistema di parcheggi che sta invecchiando.

Ci si accontenta di consumarla la città. Ma così finiremo per perderla. L’immortalità senza aggiornamento o rilettura non è assicurata! Le contrade, con lo stravolgimento quotidiano del centro storico sono esse stesse in discussione.

Certo, non scompariranno, si trasformeranno. Ma il punto è se la trasformazione sarà frutto del caso o sarà una sintesi tra i processi oggettivi e le nostre volontà?

A volte ci sembra di assistere a una pura volontà di consumare quello che abbiamo, farselo semplicemente bastare. Puntare sulla pura rendita. Magari ammantata dell’ideologia della conservazione della nostra storia. Ma è davvero giusto? Lo avessero fatto i nostri antenati dove saremmo? Senza Piazza del Campo? Senza il Palazzo comunale? Senza la Torre del Mangia? Cosa ne avremmo fatto del Rinascimento?

Ad esempio. Non vi è dubbio che la cremazione è necessaria. E’ un’opera meritoria e, come tutte le attività energivore, ha bisogno di massa critica; deve superare i confini comunali e provinciali per trovarla. Ma perché dobbiamo pensare in piccolo, a caricare urbanisticamente aree sature? Perché non possiamo permetterci di pensare un po’ più in grande? Di dotarci di un tempio, un mausoleo atto allo scopo? Veramente ecosostenibile e lontano dalle aree abitate?

Per non parlare del deposito e del prelievo dei rifiuti o degli accessi al centro storico per le consegne.

Ma non solo. Il grande tema della riduzione degli abitanti. Certo combinato con la riduzione delle nascite. Ma anche perché a Siena non c’è più da tempo una politica per la casa. Housing sociale non se ne sente parlare più… eppure basta parlare con giovani coppie, con infermieri o medici che non trovano appartamenti a prezzi sostenibili. E non è solo colpa dei flussi turistici e dei B&b che comunque permettono di mantenere abitazioni e di ristrutturare vani spesso inabitabili.

E tutti i ragionamenti sulla grande Siena, su un sistema metropolitano? Scomparsi nel nulla…

A Sinistra si interrogano spesso sulle ragioni della sconfitta e fanno ricadere tutto sul declino della Banca. Certo, la vicenda Monte pesa ma anche l’aver portato in giro un dibattito – in presenza di un monocolore – in tutti i comuni, senza farne di nulla ha avuto il suo peso.

Qualcuno dovrebbe meditare, oltre le colonne di questo giornale, che lo sta già facendo.

E’ questo rassegnarsi al declino, al “d’altra parte è così”, che ci sta condannando. Ed è un vero peccato perché alla fine potremmo essere una città non più per giovani e neppure per vecchi.

Bene fanno coloro che non si rassegnano, denunciano, propongono. La cultura politica del fare non è antitetica con l’idea di una visione progettuale. Perché entrambe hanno una proiezione sul futuro.

Eugenio Neri

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