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martedì, Maggio 6, 2025

Amiata e Siena possono dialogare, serve una nuova strategia territoriale

Intervista a Pierluigi Piccini, tra cultura, energia e visione

Pierluigi Piccini è tornato a un incarico amministrativo. Lo ha fatto da assessore al Comune di Piancastagnaio, con deleghe a cultura, turismo e sviluppo, in una fase decisiva per il rilancio del territorio amiatino, grazie alla geotermia, agli investimenti di Enel Green Power e alle filiere industriali in crescita. Ma Piccini non ha mai tagliato il filo con Siena, città che ha governato a lungo e che continua a seguire con passione critica. In questa intervista ci parla di progetti, visioni e possibilità di connessione tra due realtà solo apparentemente distanti.

Assessore Piccini, qual è la tua visione per Piancastagnaio nei prossimi anni? Quali sono le priorità su cui stai lavorando come amministratore?

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“La visione è chiara: vogliamo che Piancastagnaio diventi un laboratorio di innovazione nelle aree interne, capace di tenere insieme cultura, sviluppo industriale sostenibile, formazione e turismo. Le priorità sono il recupero dell’ex Furzi, che sarà un polo multifunzionale dedicato alla pelletteria, alla didattica e alla valorizzazione della geotermia; la messa in rete dei nostri beni culturali; e un progetto turistico integrato per l’intero versante amiatino, che oggi, grazie anche al ruolo di capofila di Abbadia San Salvatore, può finalmente dotarsi di una strategia comune”.

La cultura è al centro della tua delega. Ci racconti i tre progetti principali – museo, Rocca, Siele – e il loro significato per l’identità del territorio?

“Il museo della pelletteria sarà all’interno dell’ex Furzi, con un racconto che unisce saper fare artigiano, storia industriale e innovazione. La Rocca Aldobrandesca sarà luogo di mostre, performance e laboratori, con una visione non solo contemporanea, ma anche storica e simbolica: uno spazio che valorizza la stratificazione del tempo e il rapporto con la comunità. E poi c’è il Siele, l’antica miniera, che rappresenta un’opportunità unica: è un luogo che coinvolge più comuni – Piancastagnaio, Castell’Azzara, Santa Fiora – anche appartenenti ad ambiti amministrativi diversi. Su questo fronte esiste già un lavoro avviato da tempo, penso ad esempio al progetto di recupero dell’ex polveriera e ai primi interventi di messa in sicurezza e valorizzazione. La miniera non è solo memoria, ma anche occasione di cooperazione territoriale e progettualità condivisa. E custodisce una storia profonda di lavoro, di lotte e di dignità, legata al movimento operaio e alla coscienza collettiva di un’intera generazione. È su questa dimensione che dobbiamo continuare a riflettere con serietà”.

Che ruolo ha avuto e avrà Enel Green Power nel finanziamento e nella co-progettazione di queste iniziative?

“Enel Green Power è un interlocutore importante. Non solo come soggetto che contribuisce economicamente, ma soprattutto come partner di una visione condivisa. Dentro l’ex Furzi, ad esempio, avremo una sala espositiva permanente dedicata agli impianti geotermici, con contenuti educativi rivolti a studenti e visitatori. Questo tipo di collaborazione pubblico-privato funziona quando si basa su progettualità credibili e utili alla comunità”.

La geotermia è oggi una risorsa cruciale per Piancastagnaio. Credi che possa diventare un elemento simbolico di un nuovo rapporto tra energia, comunità e ambiente?

“Assolutamente sì. La geotermia non è solo una fonte energetica, è un paesaggio, una storia, una possibilità. Lavorare perché diventi un simbolo di sostenibilità significa renderla accessibile, comprensibile, vicina alle persone. Significa farla uscire dalle centrali e portarla nei percorsi didattici, nei musei, persino nei luoghi del gusto, grazie alle colture alimentate dal calore naturale. È questa l’idea di comunità energetica che stiamo provando a costruire”.

Nonostante il tuo incarico amiatino, continui a seguire le vicende senesi con grande attenzione. Quali sono secondo te i punti deboli e le potenzialità dell’attuale amministrazione comunale?

“Il punto debole principale è la mancanza di una visione strutturata e coerente. Si procede per episodi, per singole operazioni spesso scollegate. Le potenzialità ci sarebbero: Siena è ancora un nome forte, un patrimonio culturale straordinario, una città universitaria. Ma serve capacità di tessere relazioni, di attrarre investimenti, di rimettere insieme i pezzi di una comunità che si è frantumata”.

E per quanto riguarda l’opposizione? Il Partito Democratico e le altre forze stanno secondo te esercitando un ruolo efficace?

“L’opposizione è timida, spesso incapace di rappresentare una reale alternativa. Il PD fatica a rinnovare i suoi linguaggi e a proporsi come forza di progetto. Serve più coraggio, più apertura, più capacità di leggere il disagio che cresce anche a Siena. Le forze civiche da sole non bastano, ma possono contribuire se si costruisce un’alleanza larga e credibile”.

Siena fatica a uscire da una lunga transizione post-MPS. Credi che stia emergendo una nuova idea di città, o siamo ancora in una fase di smarrimento?

“Siamo ancora nella fase dello smarrimento. È cambiato tutto – l’economia, la finanza, il lavoro – ma la città non ha ancora trovato un nuovo racconto di sé. Serve un’idea di città capace di connettere cultura, ricerca, impresa. Oggi Siena rischia di vivere di rendita e di nostalgia. Ma non basta amministrare il passato, bisogna costruire il futuro”.

Tu oggi partecipi ad amministrare Piancastagnaio, ma osservi anche Siena. Intravedi iniziative, scelte o percorsi che possano mettere in sintonia questi due territori?

“Sì, assolutamente. Cultura, turismo sostenibile, filiere produttive di qualità possono essere ambiti di collaborazione. Penso a percorsi scolastici e universitari tra Siena e l’Amiata, alla promozione congiunta dei cammini, alle reti museali, alle politiche ambientali comuni. Il dialogo tra città e montagna è fondamentale, anche per riequilibrare i rapporti interni alla provincia. Ma serve volontà politica e strategia”.

La tua voce è ancora ascoltata e a volte divisiva nel dibattito pubblico senese. Come vivi questo ruolo di “coscienza critica”? È un’eredità o una responsabilità?

“È entrambe le cose. Ho sempre detto quello che pensavo, anche quando non conveniva. Non mi interessa piacere a tutti, ma essere utile. Se qualcuno mi riconosce un ruolo di coscienza critica è perché ho cercato di tenere insieme passione, memoria e visione. Continuo a farlo con libertà, senza appartenenze di comodo, perché credo che il dibattito pubblico vada alimentato, non addomesticato”.

La domanda che non ti ho fatto?

“Forse questa: come si costruisce davvero una nuova classe dirigente? La risposta è: con la formazione, con l’esempio, con la responsabilità quotidiana. Le persone non si inventano, si accompagnano. E se oggi ho scelto di rimettermi in gioco, è anche per contribuire a questo”.

(Le immagini sono tratte dal blog pierluigipiccini.it e si riferiscono all’equiraduno di Piancastagnaio per l’anno santo)

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