Fino al 9 agosto 2025, Chianciano Terme ospita il Campionato Italiano di Categoria Estivo di nuoto. Non la sede naturale – il Foro Italico di Roma è bloccato dal Giubileo – ma un’alternativa che ha funzionato. La piscina comunale, vasca da 50 metri e otto corsie, sta accogliendo oltre 2.500 atleti, dai Ragazzi ai Seniores, con gare a serie cronometrate. Un formato meno spettacolare rispetto alle grandi competizioni internazionali, ma sufficiente a far emergere il talento e l’energia dei migliori giovani nuotatori italiani.
L’aspetto più rilevante è un altro: eventi come questo mostrano, dati alla mano, l’effetto moltiplicativo che lo sport ha sui territori. Migliaia di presenze negli alberghi e nei ristoranti, flussi di persone nei bar e nei self-service attorno all’impianto, interazioni tra famiglie che si muovono in un circuito nazionale di gare. È un fenomeno che si può misurare: presenze, pernottamenti, spesa diretta e indotta. Eppure troppo spesso viene percepito come una parentesi casuale, non come una risorsa strutturale.
E mentre oggi grandi scienziati, psicologi e uomini di cultura si interrogano su “dove stanno andando i giovani di oggi”, riempiendo teatri e palchi vestiti da profeti, finendo quasi sempre a dare la colpa alle famiglie e a genitori “infantili”, io dico altro.
Se nella mia vita professionale mi fossi limitato a raccontare a ogni persona che ho incontrato che la loro infanzia rovinata, le loro famiglie difficili erano la causa di tutto, avrei venduto solo consolazioni. E un certo immobilismo. Perché quando dici a qualcuno che è così solo per colpa del passato, in realtà – anche senza volerlo – gli consegni un alibi per non cambiare.
Oggi non è ieri. Non serve capire com’erano le famiglie, serve trovare forme qui e ora. Serve che le persone si prendano la responsabilità di sé, imparino a conoscersi e a trasformarsi.
E una delle forme più concrete è questa: mandiamo i giovani a fare sport.
E nello sport mettiamo persone preparate, capaci di guidarli non solo a nuotare o correre più forte, ma a conoscersi, a gestire sé stessi, a prendersi la responsabilità della propria crescita.
Servono impianti adeguati, programmazione seria delle federazioni e una collaborazione più solida tra organizzazioni sportive e amministrazioni comunali. La politica locale tende a vivere queste manifestazioni come imprevisti da gestire, invece che come occasioni di sviluppo. Pianificare significa inserire eventi così nel disegno sociale ed economico del territorio, stabilizzarne i benefici, farli crescere nel tempo.
Chianciano, in questi giorni, è stata più di una gara. È stata un laboratorio di socialità giovanile, di educazione informale e di crescita collettiva. Lo sport crea microesperienze formative: per i ragazzi che imparano a gestire vittorie e sconfitte, per le famiglie che condividono percorsi di crescita, per le comunità che accolgono e si trasformano. Anche per chi non diventerà un campione, restano competenze di disciplina, relazione, resilienza che hanno ricadute misurabili nella vita adulta e nel capitale umano di un Paese.
Se si vuole dare continuità a questi effetti, occorre superare l’idea dell’evento isolato e cominciare a trattare lo sport – in tutte le sue discipline – come un fattore di sviluppo misurabile, capace di incidere sul benessere giovanile, sulla coesione sociale e sull’economia locale. Non è un’ipotesi: Chianciano, in questi giorni, lo sta dimostrando.