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martedì, Luglio 29, 2025

Dazi USA, Siena sotto pressione: crescono i timori per l’export

Il nuovo assetto commerciale tra Unione Europea e Stati Uniti penalizza le imprese senesi, soprattutto nei settori farmaceutico e agroalimentare

Il nuovo scenario commerciale internazionale, definito dall’accordo tra la Commissione Europea e gli Stati Uniti, porta con sé un vento di preoccupazione anche nel cuore della Toscana. I dazi introdotti da Washington, fissati al 15% su numerosi prodotti europei, potrebbero sembrare un compromesso rispetto a quelli più punitivi del passato, ma per un territorio come la provincia di Siena, fortemente proiettato verso l’export, rappresentano un rischio concreto.

I primi segnali già ci sono: nel primo semestre del 2024, il valore delle esportazioni senesi è sceso del 13,2% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, attestandosi intorno ai 4,3 miliardi di euro. Un’inversione di tendenza che arriva dopo un 2023 eccezionale, con oltre 5,3 miliardi di euro esportati e una crescita record del 42%.

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A pesare è soprattutto la frenata del comparto farmaceutico, che da solo rappresentava oltre la metà dell’export provinciale. Le esportazioni di prodotti farmaceutici verso gli Stati Uniti sono crollate da quasi un miliardo a poco meno di 300 milioni di euro nel giro di pochi mesi.

Non si tratta solo di numeri: dietro queste cifre ci sono aziende che lavorano in settori strategici, ad alto valore aggiunto, con filiere produttive e occupazionali profonde. La loro difficoltà nel mantenere competitività in un mercato fondamentale come quello americano rischia di produrre ripercussioni anche sull’indotto locale, sia in termini di investimenti futuri che di tenuta occupazionale.

Non va meglio all’agroalimentare, da sempre fiore all’occhiello dell’economia senese. Secondo le stime più recenti, circa 280 milioni di euro di esportazioni agricole verso gli USA sono a rischio. Parliamo di vino, olio, pasta e salumi che oggi potrebbero diventare meno competitivi sul mercato americano, a causa dell’aumento dei prezzi al consumo determinato dai nuovi dazi.

Le imprese del territorio, molte delle quali piccole o medie, faticano ad assorbire questi costi senza perdere margini o quote di mercato. Il paradosso è che si colpiscono proprio quei prodotti che nel tempo hanno costruito l’immagine del Made in Tuscany nel mondo, premiando invece logiche di produzione e consumo meno radicate nei territori.

La preoccupazione cresce anche sul fronte occupazionale. A livello nazionale si parla di un potenziale impatto negativo compreso tra i 118.000 e i 178.000 posti di lavoro. A Siena non esistono al momento stime ufficiali, ma considerando il peso specifico del territorio nell’export nazionale e la sua forte dipendenza dai mercati esteri, non è azzardato ipotizzare che centinaia di posti di lavoro possano essere messi in discussione nei prossimi mesi.

L’aspetto più inquietante è che le misure unilaterali degli Stati Uniti sembrano puntare non tanto alla protezione del mercato interno quanto a incentivare le aziende europee a delocalizzare la produzione in America, per evitare i dazi e mantenere l’accesso al mercato. Una strategia che rischia di erodere alla base la capacità industriale e produttiva delle economie locali europee, a partire da quelle più esportatrici come quella senese.

Nel frattempo, la reazione politica italiana e locale è apparsa finora poco incisiva. Il governo ha definito “positivo” l’accordo raggiunto con l’amministrazione americana, nella speranza di salvaguardare alcuni settori, ma le cifre raccontano un’altra storia. Le aziende del territorio aspettano risposte più concrete: strumenti di sostegno, semplificazioni, accesso facilitato ai mercati alternativi e, soprattutto, una linea comune europea più solida nei confronti degli Stati Uniti. Perché quando l’export rallenta, anche le economie più solide iniziano a vacillare. E Siena, nonostante la sua forza, non fa eccezione.

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