L’assalto al cantiere di Villore riapre la ferita tra territorio e transizione ecologica. La Regione ha rispettato le regole, ma paga l’assenza di una pianificazione chiara
Nel silenzio irreale del crinale appenninico, sopra Villore e Corella, un gruppo di incappucciati ha fatto irruzione nel cantiere del parco eolico “Monte Giogo”, minacciando operai e devastando macchinari. Un gesto violento, grave, da condannare senza attenuanti — ma che è anche un segnale: la transizione ecologica, se non governata, può diventare terreno di conflitto. E in Toscana, a pochi mesi dal voto regionale, questo rischio è ormai realtà.
Il progetto eolico del Mugello è emblematico. Dopo cinque ricorsi respinti dal TAR, appare chiaro che la Regione Toscana ha operato nel pieno rispetto delle norme vigenti, comprese quelle sulla partecipazione pubblica. Le procedure, però, hanno richiesto anni di iter burocratici, con effetti paralizzanti sia per gli investitori che per le comunità locali. Il paradosso è sotto gli occhi di tutti: regole rispettate, ma quadro normativo carente.
Infatti, dal 2015 la Toscana è priva di un piano energetico aggiornato. Il PAER (Piano Ambientale Energetico Regionale) è scaduto ormai dieci anni fa, lasciando un vuoto programmatico che la politica non ha ancora colmato. E così, mentre ogni autorizzazione viene affrontata caso per caso, senza una visione strategica sul dove, quanto e che tipo di impianti FER (fonti rinnovabili) siano compatibili con il territorio, si moltiplicano i conflitti e con essi il rischio di approvare cattivi progetti e bocciare quelli virtuosi.
La vicenda del Mugello, quindi, è il sintomo di un “far west energetico” in cui la responsabilità non è solo dei comitati o delle aziende, ma di una politica che non ha saputo (o voluto) decidere. La domanda centrale rimane inevasa: cosa è ammissibile e cosa non lo è, nei territori toscani, in termini di impianti FER? Chi ha il dovere di dirlo? Lo Stato? La Regione? Le Soprintendenze che spesso esprimono un no ideologico all’innovazione, indipendentemente dal merito dei progetti?
Nel frattempo, si affacciano questioni ancora più complesse: decine di progetti eolici sono in fase di VIA (Valutazione di Impatto Ambientale) statale, e non è dato sapere se supereranno positivamente il vaglio ministeriale per poi arrivare in Regione. C’è poi il nodo irrisolto dell’eolico offshore, competenza diretta dello Stato, ma già fonte di tensioni e appetiti speculativi lungo le coste.
In questo quadro, il caso Mugello assume contorni più larghi: non è solo un conflitto locale, ma una cartina al tornasole della crisi di governo della transizione energetica in Italia. Chi parla chiaramente ai cittadini di decarbonizzazione, di autonomia energetica, dei compromessi (reali) tra impatto e necessità? Chi, nella politica, ha oggi l’autorevolezza, la competenza e il coraggio per dire che il cambiamento climatico impone scelte difficili, ma inevitabili?
In assenza di risposte, la frattura tra istituzioni e territori si allarga. E proprio in Toscana, regione laboratorio del centrosinistra, questo vuoto rischia di trasformarsi in un boomerang elettorale. Perché mentre i cittadini chiedono chiarezza, ascolto e pianificazione, la politica sembra ancora ferma davanti al bivio.