A fine marzo terminerà l’emergenza sanitaria, ma negli ultimi mesi si è palesata la minaccia di nuove epidemie che riguardano le specie animali di maggiore consumo: l’influenza aviaria che sta colpendo gli allevamenti di polli e la peste suina.
La situazione in Toscana è sotto controllo ma viene costantemente monitorata a salvaguardia degli animali e soprattutto degli allevatori.
A svolgere un ruolo attivo è Legacoop Agroalimentare,l’associazione nazionale delle Cooperative Agroitticoalimentari per lo Sviluppo Rurale e Costiero, che ad oggi associa 1.500 cooperative attive, con 200mila soci, 30mila addetti e un fatturato di 9,7 milioni di euro. Un’attività che va dal settore primario alla sua trasformazione in prodotti alimentari di pregio, Dop e Igp. Tra i settori di riferimento, nel lattiero caseario sono attive 115 cooperative che sviluppano 2.105 milioni di euro di fatturato, quello vitivinicolo, 85 cantine e fatturato di 1.061 milioni di euro, quello olivicolo, 89 cooperative, e 137 milioni di euro di fatturato e quello ortofrutticolo e florovivaistico con 215 cooperative e quasi 1.600 milioni di euro di fatturato.
Sara Guidelli è il direttore generale di Legacoop Agroalimentare da dicembre 2019. 38 anni, di cui 18 anni all’interno di Legacoop dove ha scalato posizioni e ruoli via via crescenti e con un ruolo sempre attivo e partecipativo: è stata portavoce di Generazioni, il coordinamento dei giovanicooperatori toscani, e responsabile del settore manifatturiero toscano per poi diventare, nel 2016 presidente di Legacoop agroalimentare Toscana.
Una voce autorevole che sa ben descrive la situazione alla luce di queste due epidemie.
L’Italia è uno dei paesi maggiormente colpiti dall’influenza aviaria dei polli. Il timore delle autorità sanitarie è che, a causa dell’alta frequenza di mutazione di questi tipi di virus, si verifichi la possibilità che possa originarsene uno nuovo, al quale la popolazione umana risulta suscettibile, dando modo alla malattia di estendersi a livello globale, provocando quindi una pandemia. Si sono registrati casi anche in Toscana. Come è la situazione e quale è il quadro di rischio?
“La trasmissione all’uomo è ristretta a rare situazioni e per lo più tra chi opera all’interno di allevamenti con una massiccia presenza di capi infetti. I casi di aviaria in Toscana sono per il momento contenuti. Si è avuto un episodio in un parco pubblico a Campi Bisenzio e due focolai in allevamenti in provincia di Prato. In tutti i casi sono scattate le misure di contenimento per evitare il diffondersi della malattia come invece è successo nel Nord Est d’Italia dove si sono registrati oltre 300 focolai e milioni di capi abbattuti. Sembra però che la fase acuta dell’epidemia di aviaria, iniziata a ottobre, si sia attenuata e il rischio possa essersi ridotto. Queste epidemie, portate da uccelli migratori, sono cicliche e l’unica maniera per difendersi è la prevenzione come la rete di alert sull’intero territorio nazionale”.
Quali sono gli strumenti che Legacoop mette in campo sul fronte della prevenzione?
“Nei nostri allevamenti sono stati innalzati i livelli di biosicurezza. Controlli, analisi, evitare il più possibile i contatti tra un allevamento e l’esterno, cercare di evitare la contaminazione con animali selvatici, che portano il virus. Questo succede sia a livello nazionale che in Toscana: vogliamo salvaguardare le nostre cooperative di allevatori. Nello stesso tempo auspichiamo che il mondo scientifico faccia la propria parte per arrivare a debellare il problema”.
A differenza dell’influenza aviaria la peste suina, che colpisce suini e cinghiali, non risulta pericolosa per la salute dell’uomo, ma crea ingenti danni agli allevamenti e all’economia. Come è la situazione in Toscana?
“In Toscana la peste suina non ha registrato ancora segnalazioni anche se ovviamente è alta la preoccupazione e l’allerta visto che i focolai sono prevalentemente in Piemonte e in Liguria, regione con la quale la Toscana confina. Uno degli effetti di questa massima attenzione è la richiesta di deroga al disciplinare inviata dal Consorzio della Cinta Senese al ministero dell’Agricoltura per poter allevare gli animali in zone recintate, protette da reti, per evitare il contatto diretto tra il muso dei maiali e quello dei cinghiali, portatori di peste suina, e quindi per evitare la trasmissione del virus. Positive, inoltre, le misure messe in atto dalla Regione Toscana, che ha attivato l’unità di crisi sanitaria per le emergenze epidemiche, che prevedono un maggior controllo degli ungulati in ambito agricolo, l’impiego di trappole di cattura in zone urbane e la possibilità di intervento in difesa del proprio allevamento da parte dei proprietari o dei conduttori dei fondi muniti di licenza di caccia. Inoltre è attivo il numero unico regionale 0573-306655, dedicato alla segnalazione delle carcasse di cinghiali rinvenuti morti, per monitorare e prevenire l’eventuale presenza di peste suina africana”.
Che influenza possono avere queste due epidemie sui consumatori?
“Escluderei rischi per la salute. Le carni che arrivano sul banco di vendita sono sane e sicure. Gli effetti possono essere di natura psicologica, di incertezza sull’acquistare o meno quei determinati tipi di carne: ma non ci sono problemi per la salute di noi consumatori, i prodotti freschi o lavorati sono sicuri. C’è da lavorare sulla prevenzione per evitare che queste epidemie possano avere effetti negativi sul patrimonio di biodiversità, non vogliamo disperdere il patrimonio di razze autoctone della Toscana e in Italia”.
Quali possono essere le ricadute economiche?
“I guai maggiori sono per gli allevatori e i trasformatori. Gli avicoltori nel cui allevamento si verifica un focolaio, devono abbattere tutti i capi: l’eradicazione è l’unica soluzione per evitare il diffondere della malattia. Questo comporta sacrifici e per questo è necessaria la collaborazione della banche e delle istituzioni per venire incontro agli allevamenti che devono affrontare l’aviaria. Aviaria e peste suina potrebbero avere ripercussioni sull’export dal momento in cui in molti Paesi le barriere sanitarie, più di quelle fiscali, sono usate per proteggere i loro prodotti nazionali dalla concorrenza del Made in Italy”.