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mercoledì, Aprile 2, 2025

San Quirico d’Orcia, grazie al FAI un’esperienza rara

Un viaggio inedito per svelare le bellezze di Palazzo Lemmi Cospi Billò e del Convento dei Cappuccini

San Quirico d’Orcia è per me un luogo familiare. Conosco bene gli Horti Leonini, Palazzo Chigi, Bagno Vignoni. Conosco la strada che porta a Vignoni, con il suo panorama che si apre sulle colline morbide della Val d’Orcia. Eppure, l’iniziativa del FAI mi ha offerto qualcosa di inatteso: la possibilità di scoprire due luoghi di cui non avevo mai sentito parlare, Palazzo Lemmi Cospi Billò e il Convento dei Cappuccini.

L’ingresso a Palazzo Lemmi è stato come varcare la soglia di una storia fino a quel momento rimasta nascosta. Con la sua facciata che da sulla Collegiata dei Santi Quirico e Giulitta, dietro di essa si cela un mondo che attraversa secoli di vicende familiari, imprenditoriali e artistiche.

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Il cortile interno, dominato da un antico noce e da un cipresso secolare, introduce a interni eleganti e ricchi di memorie: soffitti decorati, sale spaziose, arredi che raccontano di una nobiltà operosa. Il palazzo infatti fu per lungo tempo il fulcro delle attività agricole della famiglia Lemmi, che dalla fine del Settecento ha lasciato la sua impronta sulla Val d’Orcia.

Dal giardino del palazzo, lo sguardo corre fino alle mura castellane di San Quirico. Un angolo mai osservato prima, eppure legato alla struttura difensiva del borgo.

Lasciato il palazzo, la visita è proseguita verso il Convento dei Cappuccini. L’ architettura duecentesca racconta una storia di fede e di resistenza al tempo. Nel refettorio, l’affresco di Apollonio Nasini, risalente al Settecento, sembra ancora vibrare per le preghiere e le parole dei frati. La chiesa, dedicata a San Sebastiano, custodisce due dipinti di grande valore: l’Incontro di San Domenico e San Francesco di Giovan Battista Paggi e la Madonna col Bambino tra i Santi di Jacopo Chimenti detto l’Empoli, recentemente ricollocati dopo anni di conservazione a Palazzo Lemmi.

Lascio il convento con la sensazione di aver conosciuto una nuova parte di San Quirico, mai vista, anche se è sempre stata lì. L’iniziativa del FAI mi ha regalato un’esperienza rara: la sorpresa della scoperta in un luogo che credevo di conoscere.

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