Il 12 ottobre si vota per le regionali: il presidente uscente corre verso la riconferma, ma non mancano variabili e tensioni nei partiti
Il conto alla rovescia è cominciato: la Toscana andrà al voto domenica 12 ottobre per eleggere il nuovo presidente della Regione e il consiglio regionale. La data è ormai ufficiale, annunciata dallo stesso Eugenio Giani, presidente uscente e già al centro della scena politica regionale. E proprio lui sarà con ogni probabilità il nome di punta del centrosinistra, forte di un mandato in cui ha consolidato alleanze e presidiato territori anche difficili, in una regione che storicamente è stata terreno fertile per la sinistra, ma che da tempo è nel mirino del centrodestra come “regione da conquistare”.
Il Partito Democratico sembra intenzionato a blindare la candidatura di Giani, spingendo per una coalizione larga che includa anche Italia Viva, Azione e possibilmente il Movimento 5 Stelle. Proprio il M5S resta, a oggi, un’incognita: la sua presenza in coalizione potrebbe blindare il successo, ma se dovesse correre da solo, i giochi potrebbero complicarsi.
I sondaggi danno comunque Giani in netto vantaggio, con una forchetta che si aggira tra il 54% e il 55% delle intenzioni di voto. Numeri che potrebbero garantire al centrosinistra la vittoria.

Dall’altra parte, il centrodestra si affida ad Alessandro Tomasi, attuale sindaco di Pistoia, figura moderata ma capace di tenere insieme Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Una candidatura frutto di mediazioni interne, che cerca di replicare il modello toscano di Prato e Pisa, città strappate al centrosinistra negli ultimi anni. Tomasi però parte da una posizione più debole, con sondaggi che lo collocano attorno al 36-38%.
Troppo poco per ribaltare una regione che, nonostante i colpi inferti negli ultimi anni dal centrodestra alle amministrazioni locali, continua a restare fortemente orientata a sinistra quando si tratta di Regione. Nelle prossime settimane il centrodestra tenterà di compattare il proprio elettorato attorno a Tomasi, ma non sarà semplice. All’orizzonte resta infatti l’ombra di un possibile disturbo interno: il generale Roberto Vannacci, già candidato alle europee con la Lega, potrebbe decidere di correre in proprio, e alcuni sondaggi lo accreditano di un potenziale 4%. Una cifra non sufficiente per incidere davvero, ma abbastanza per rendere Tomasi ancora più distante da Giani.
Tra i possibili outsider, si parla anche del sindaco di Viareggio Giorgio Del Ghingaro, figura trasversale e apprezzata che potrebbe guidare una lista civica autonoma, alternativa sia al centrosinistra che al centrodestra. Una candidatura del genere, se davvero si concretizzerà, rischia di pescare voti a sinistra e complicare la corsa di Giani, soprattutto nelle zone costiere dove Del Ghingaro gode di ampia popolarità. Ma anche in questo caso, l’eventuale effetto destabilizzante appare contenuto: l’ampiezza della coalizione che sostiene Giani e il vantaggio nei sondaggi sembrano al momento sufficienti a garantirgli un margine di sicurezza.
Il centrodestra però non molla. Lo sa bene Giorgia Meloni, che punta a fare della Toscana il nuovo laboratorio del centrodestra post-elezioni europee. L’investitura di Tomasi è il segnale di un tentativo di equilibrio tra il peso di Fratelli d’Italia e la necessità di tenere unite Lega e Forza Italia. Resta da capire se le tensioni interne verranno superate o se emergeranno nel momento decisivo della campagna elettorale. Una partita che si gioca anche sulle alleanze e sui territori, in una Toscana sempre meno granitica, ma dove la sinistra — almeno per ora — tiene il passo.
Se il centrosinistra riuscirà a tenere unito il fronte, con Giani confermato come candidato ufficiale e con l’eventuale sostegno del M5S, la partita potrebbe chiudersi già la sera del 12 ottobre. Se invece il quadro si frantumerà, con più candidature autonome e il rischio di dispersione del voto, allora il centrodestra potrà sperare in una rimonta e in un secondo turno. Per ora però, i numeri parlano chiaro: Giani è il favorito, Tomasi l’unico vero sfidante, gli altri solo comparse in un confronto che sembra segnato ma che, in politica, potrebbe ancora riservare sorprese.