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lunedì, Aprile 7, 2025

Vino toscano sfida i dazi al Vinitaly

Tra orgoglio e strategie globali, la Regione rilancia la qualità. Giani: “Sostegni concreti per difendere un’eccellenza”

Alla 56ª edizione di Vinitaly, la Toscana si presenta con numeri importanti e un carico di orgoglio identitario che trova voce nelle parole del presidente Eugenio Giani. Con 450 espositori, 12.500 produttori attivi e oltre 61.000 ettari vitati – di cui il 38% coltivato in biologico e gran parte sotto denominazioni di origine controllata – la regione si conferma un pilastro del vino italiano. Ma il contesto internazionale, segnato dalla nuova offensiva tariffaria degli Stati Uniti verso i prodotti enologici europei, impone una riflessione più ampia che va oltre il tappeto rosso della fiera.

I dazi imposti dall’amministrazione Trump, che minaccia un aumento fino al 200% sulle importazioni di vini e champagne europei in risposta alle possibili misure UE sul bourbon americano, non sono solo un’arma commerciale: sono una vera e propria strategia industriale. Dietro la retorica del “Make America Great Again”, si cela l’obiettivo di riportare la produzione all’interno dei confini nazionali, creando le condizioni per una nuova politica del “made in USA” anche nel vino. In questo contesto, l’idea – già ventilata da alcuni imprenditori – di produrre direttamente negli Stati Uniti per aggirare i dazi potrebbe trasformarsi da espediente in scelta strutturale.

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Eppure, come ricorda Giani, la forza del vino toscano sta nella qualità, nel legame con il territorio, nella storia che ogni bottiglia racconta. È su questo che la Regione scommette, nella convinzione che la qualità possa resistere anche all’assedio protezionista. È una posizione di orgoglio, ma anche di resistenza culturale ed economica. Perché se è vero che i dazi possono spostare gli equilibri di mercato nel breve periodo, è altrettanto vero che nessun terroir californiano potrà replicare l’unicità di un Brunello di Montalcino o di un Chianti Classico.

Tuttavia, questa resistenza ha bisogno di sostegno. Non solo morale, ma concreto. Giani invoca un’azione del Governo italiano simile a quella già avviata dalla Spagna: investimenti in promozione internazionale, apertura di nuovi mercati e rinnovo dei vigneti. Perché se la qualità è la risposta, va messa in condizione di viaggiare, di comunicarsi, di evolvere.

La strategia americana non è priva di rischi per chi la adotta: può portare a costi più alti, tensioni diplomatiche, instabilità per gli investimenti. E soprattutto – nel caso del vino – rischia di ridurre un prodotto culturale a una merce da assemblare dove conviene. Per l’Italia, e per la Toscana in particolare, la sfida è mantenere il vino come racconto di un territorio, senza piegarsi alla logica del puro vantaggio doganale.

Vinitaly 2025 ci dice allora che il vino toscano è pronto a resistere, ma anche che serve una visione strategica condivisa, per trasformare questa sfida in occasione di crescita. Non basta la qualità: ci vogliono politiche intelligenti, alleanze internazionali e investimenti mirati. Perché, da sola, la bellezza non basterà a vincere la guerra dei dazi.

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